Il ruolo dell'esercito nella Cina dopo Mao

Il ruolo dell'esercito nella Cina dopo Mao Intervento nella ridefinizione dei vertici del potere? Il ruolo dell'esercito nella Cina dopo Mao L'imminente ridefinizione del vertice del potere in Cina interessa molto da vicino i militari. Circa il 30 per cento dei membri dell'attuale Comitato centrale del partito comunista cinese è infatti composto da rappresentanti delle forze armate. Nel '73, queste hanno ancora ottenuto, al X Congresso del pcc, un terzo dei posti nel Politburo ed anche la segreteria di diversi comitati del partito, che governano le vaste province della Cina, è retta da militari. L'esercito, inoltre, è ora decapitato del suo comandante supremo che, secondo la Costituzione cinese, era Mao, cioè il presidente del partito, e del capo di stato maggiore, carica che è rimasta scoperta da quando Teng Hsiao-ping è stato destituito, mentre anche il quasi ottantenne ministro della Difesa, Yeh Chien-ying, pone problemi di successione a breve scadenza. E' quindi comprensibile che l'Esercito di liberazione popolare (Elp) sia chiamato a svolgere un ruolo non secondario nelle complesse trattative tra fazioni rivali e nei giochi di potere del dopo-Mao. Quale posto occuperanno le forze armate nella vita politica del paese? A favore di chi interverranno? Sino a dieci anni or sono si poteva ancora affermare che l'esercito non nutriva alcuna ambizione di impadronirsi del potere politico. Dopo avere aiutato il partito a governare il paese nei primi difficili anni di vita della Repubblica popolare, nel '54 l'esercito aveva trasferito senza scosse i suoi poteri civili al pc e allo Stato. Le tradizioni rivoluzionarie dell'Armata Rossa, l'accettazione indiscussa del principio secondo cui «il partito comanda il fucile», l'inevitabile tendenza a specializzarsi nei compiti di difesa dall'esterno sembravano garantire la Cina da un ritorno all'epoca dei «signori della guerra». Oggi, dopo la rivoluzione culturale e il presunto tentativo di colpo di Stato di Lin Piao, non si può più dire che i militari cinesi siano strutturalmente, ostili o inclini ad intervenire nel campo della politica. L'esperienza ha dimostrato che l'esercito accetta il controllo del partito, a condizione che tale controllo sia effettivo. Nel caso contrario, la politicizzazione stessa delle forze armate (l'organizzazione del partito raggiunge tutte le compagnie, la formazione politica è intensa quasi quanto quella militare, da un terzo a metà degli ufficiali sono iscritti al pc) può indurre i militari ad accentuare di più il loro intervento nella politica. E' quanto è accaduto durante la rivoluzione culturale, quando i generali cinesi, senza che da parte loro esistesse un piano al riguardo, sono stati invitati prima ad appoggiare la sinistra nella lotta contro il partito e poi, quando il pc si è disintegrato e la Cina ha conosciuto momenti di caos, ad amministrare il paese. Le eccessive ambizioni di Lin Piao sul ruolo dell'esercito, l'accentuarsi delle rivalità tra i militari in seguito al pesante coinvolgimento nella politica, hanno permesso in seguito ad una coalizione di forze nel Pcc di ridimensionare le funzioni dell'esercito di liberazione popolare. A partire dalla fine del 71, i soldati hanno abbandonato fabbriche e scuole, le milizie popolari (circa 30 milioni di persone) sono state rafforzate come strumento di controllo popolare (e naturalmente del partito) dell'Elp (circa tre milioni di uomini), il numero di alti ufficiali al vertice del partito è sceso al Congresso del partito e, all'inizio del 74, ben sette degli undici comandanti delle regioni militari della Cina hanno perso i loro incarichi di segretari provinciali del Pc, il che ha rafforzato considerevolmente il potere dei civili, e del centro rispetto alla periferia. Concentratesi in misura maggiore sui compiti strettamente militari, le forze armate occupano ora nel sistema politico cinese una posizione intermedia (e anche un po' ambigua) fra quella di prima della rivoluzione culturale e quella degli anni '67-71. Diverse occasioni potrebbero tuttavia indurre l'esercito a rialzare la voce sul piano politico: nel caso, ad esempio, in cui Pechino decidesse di rivedere la sua politica estera e quindi anche la sua posizione strategicomilitare, oppure nel caso in cui lo scontro fra la destra e la sinistra del partito diminuisse gra¬ vemente le capacità di governa-,re del Pcc. A questo riguardo, è probabile che la maggior parte delle forze armate appoggi il tentativo delle forze che, in va- rio modo, si collocano in mezzo ai due poli del Pcc, e che intendono rafforzare l'unità nel partito in uno schema maoista «moderato». Ma anche i militari non costituiscono un blocco omogeneo e negli ultimi tempi hanno mostrato nuovi segni di tensione al loro interno. I radicali detengo no, con il vice premier Chang Chun-chiao, la direzione del Di partimenlo politico dell'esercito e negli ultimi mesi hanno cerca l0 di estendete nelle forze arma- te il movimento di critica a Teng Hsiao-ping: la stampa segnala infatti frequentemente «unità modello» che studiano il fenomeno della «borghesia nel 1 moderati partito comunista», sembrano essere riusciti però a spostare qualche pedina a loro favore, facendo nominare al posto di commissari politici in alcune regioni e distretti militari dei quadri ch'erano stati epurali durante la rivoluzione culturale. Fra i radicali e una parte dell'Elp inoltre esistono motivi di frizione sul ruolo della milizia urbana, che i primi intendono potenziare al massimo e a cui i I milita" invece sono restii a con I segnare gli armamenti pesanti richiesti dalla sinistra. Giovanni Bressi

Persone citate: Giovanni Bressi, Mao, Teng Hsiao-ping

Luoghi citati: Cina, Pechino