Un torneo che si è rivalutato

Un torneo che si è rivalutato Un torneo che si è rivalutato zo, le spalle un po' curve, lo sguardo imbronciato sotto la lascia fermacapelli, rigido e impacciato come un qualunque • terza categoria »: chi avrebbe scommesso cinquanta svalutatisslme lire su Barazzutti contro Newcombe. una specie di monumento all'atleta, giudicato uno dei dieci uomini più belli del mondo e dotato, come non bastasse, d'uno stile tennistico da film didattico? Invece, dalle ceneri dell'1-4 nel- , la prima partita, il brutto ana- j troccolo è rinato, trasformato in splendido cigno, mentre il bel I Newcombe si scioglieva come un gelato al sole di Roma, annaspa- J va sempre più sulle palle impietose dell'avversario. Alla fine, il qualunque » terza categoria » era proprio lui, l'australiano tre volte vincitore a Wimbledon, che nel gioco finale della terza partita eseguiva un colpo al volo da commendator - Brambilla - in - vacanza - al ■ mare: la palla, beffarda, affondava nella racchetta, tenuta senza nerbo, e cadeva tra i piedi del grande campione, a qualche metro dalla rete. Intendiamoci, chi sa di tennis — e soprattutto di tennis agonistico — comprende fin troppo bene che l'incontro, per Barazzutti, non è stato facile come I freddi numeri del punteggio farebbero pensare. Dietro il 7-5, 6-7, 6-4 del tabellone luminoso c'è tutto lo stress psicofisico di un giocatore che — entrato in campo da sfavorito e avendo cominciato malissimo — si ritrova di un colpo a guidare gioco e punteggio di un incontro terribilmente importante e contro un avversario celebre ed astuto. In tanti abbiamo temuto, a quel punto, che insorgesse nel brutto anatroccolo quella paura di vincere che è ben peggiore della paura di perdere: che, insomma, la favola fosse troppo bella per essere vera. Nevjcombe, vecchia volpe, è parso capire il momento: sul 4-3 per Barazzutti, l'australiano ha Inarcato i bellissimi baffi, ha cominciato a sparare bombe devastanti dì servizio (meno male che qualcuno aveva messo troppa terra sul campo, che su una superficie veloce quelle botte sarebbero state Imprendibili), ha impresso alla palla tutte le più perfide rotazioni che figurano nei manuali del tennis. Ed è qui che l'anatroccolo ha dimostrato un temperamente da leone. C'è stato uno scambio, sul 4 pari al terzo set, che per me è la perfetta radiografia dell'incontro: Barazzutti è andato a riprendere, vendendo l'anima al diavolo, una palla Impossibile, ha risposto con un pallonetto da oralo all'attacco di Newcombe e ha vinto il punto con una schiacciata difficilissima, sul contro-pallonetto dell'australiano: azzardare la schiacciata vincente, in un momento così, per un giocatore di rimessa qual è Barazzutti. è segno dì grande carattere e dì coraggio. Peccato, peccato davvero, che tanto ardore e ardire, e un cosi prezioso punto siano stati vanificati dallo scempio commesso da Adriano Panatta contro quel John Alexander che qualche anno fa era un enfant prodige del tennis, ma è poi rimasto solo enfant, senza prodige. Peccato anche perché I disperati e vani tentativi dì Panatta di non perdere hanno risvegliato gli istinti peggiori del pubblico romano: gli applausi agli errori dell'ospite, i fischi ai suoi colpi fortunati, le intemperanze verbali durante il gioco, i commenti che vorrebbero essere spiritosi e sono soltanto penosi per chi ama il tennis. Ma questi sprazzi di inciviltà al Unire del pomeriggio non sono bastati — grazie a Dio — a svilire una giornata che ha ridato lo smalto del vero argento ad una Coppa che pareva diventata di latta. Paolo Garimberti ! lutata, infine, dal pathos di una (Dal nostro inviato speciale) Roma, 24 settembre. La Coppa Davis rivalutata, do- ; po essere stata svilita per troppi '■ anni, da intrighi politico-sportivi, dal disinteresse di giocatori ca-1 lamitati nell'orbita dì tanti, troppi dollari, e sempre meno ai- I tratti da quel brutto trofeo, a forma di insalatiera. Inventato quasi un secolo fa da un signore americano fanatico di palle e racchette. Rivalutata da un pubblico stupendo, multicolore e multisonoro, ancorché a tratti eccessivo nel suo tifo di marca calcistica, ne! cori un po' sgangherati. In quella tromba d'automobile ritmata che rompeva i timpani e la coiicentrazione dei giocatori. Rivalutata anche dai colori di questo dolcissimo pomeriggio romano, dalla volta azzurro-lattea del cielo al fondo rosso del campo centrale, caricato di terra all'ultimo momento, malignamente, per attutire l'impatto delle palle di attacco degli australiani. E riva- giornata piena di sorprese — co me si conviene ad una vera gara di Coppa Davis —, nella quale i forti hanno perso e i deboli hanno vinto. Oggi, al Foro Italico, abbiamo rivissuto una di quelle giornate da leggenda del tennis che credevamo di dover raccontare come una fiaba ai nostri figli, nati troppo tardi per ricordare nomi come Pietrangeli, Cardini e Sirola. E in questa cornice da bel tempo antico è maturata lentamente, prima tra l'incredulità e poi tra l'entusiasmo della lolla, la favola di quel brutto anatroccolo che è, tennisticamente parlando, Corrado Barazzutti. Smil-

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