Ora sono gli " autonomi" a condurre la contestazione più dura negli Atenei di Fabrizio Carbone

Ora sono gli " autonomi" a condurre la contestazione più dura negli Atenei Nelle Università di Roma e Milano una nuova sigla: Cna Ora sono gli " autonomi" a condurre la contestazione più dura negli Atenei Roma, 24 settembre. Questa e una storia parallela fra Roma e Milano, che ha come protagonisti universitari ribelli inquadrati politicamente in gruppi, comitati e colleitivi «autonomi», sganciati dai partiti della sinistra tradizionale e dalle stesse formazioni minoritarie (pàup, «Avanguardia operaia» ecc.). Da una parte gli ultras, come vengono chiamati, dall'altra alcuni professori: il rettore del Politecnico di Milano, prof. Dadda; un gruppo di docenti della facoltà di Matematica a Roma. Sullo sfondo i due maggiori atenei italiani, in crisi come istituzioni culturali, in crisi come situazione economica. Per due volte in cinque giorni il Consiglio di amministrazione del Politecnico milanese non è riuscito a riunirsi: doveva decidere di aumentare le tasse agli studenti ed è stato costretto con la forza a interrompere la seduta per opera del «Comitato di lotta» di Architettura. Si dice che la prossima riunione si terrà in prefettura. Le formazioni giovanili del pei, del psi, «Avanguardia operaia» e pdup condannano l'episodio e prendono le distanze. La storia di Roma invece, precedente come cronologia, ha in prospettiva un finale con processo. Per fatti diversi nel tempo e nello spazio, collocabili tra la fine del '75 e i primi mesi di quest'anno, due studenti, Anna Maria Borioni e Teodoro Capobianco, sono stati arrestati e hanno scontato due mesi di carcere preventivo, mentre quattro studenti sono tuttora latitanti per sfuggire a mandati e ordini di cattura firmati dal sostituto procuratore Paolino Dell'Anno e dal giudice istruttore, Vittorio Bucarelli. I reati contestati sono interruzione di pubblico ufficio (lezione), oltraggio a pubblico ufficiale (professore) e violenza privata (picchetto). Anche in questo caso il gruppo fa parte del Cua («Collettivo universitario autonomo»), sganciato da tutte le formazioni della sinistra: sono giovani che nelle facoltà compiono azioni di rottura totale, che non vogliono il dialogo, che si battono per una università ipotetica senza far conto alla realtà presente. Quindi interruzione delle lezioni dì alcuni professori identificati come « baroni », come «reazionari»; assemblee continue e riunioni su problemi pratici, logistici e tecnici. Ma le due storie parallele non hanno più punti di contatto. A Roma il caso degli studenti del Cua è diventato un «giallo» giudiziario. Da sette mesi gli avvocati difensori, che chiedono il processo, hanno rivolto tre istanze per la revoca degli ordini e dei mandati di cattura, finora senza successo. Dalla loro latitanza gli studenti hanno scritto al ministro di Grazia e Giustizia, Bonifacio, mentre alle massime autorità del tribunale e della procura di Roma si sono rivolti uomini politici come i socialisti Balsamo, Landolfi, Viviani, Zagari e Lombardi, il comunista Terracini, gli indipendenti di sinistra Parti, Basso, Branca, Galante Garrone e Leonetti, Natoli e Foa del pdup. L'episodio di Roma varca i confini universitari dove il disordine è grande e dove piccoli gruppi di studenti mostrano impazienza e voglia di distruggere più che costruire. E' un episodio emblematico di come, per risolvere i problemi, si vada a colpire l'effetto e non la causa. Certo fa sensazione pensare a mandati e ordini di cattura (l'arresto in poche parole) per chi ha interrotto una lezione universitaria quando l'università non funziona. A Milano il Politecnico e la « Statale » rischiano di chiudere per mancanza di fondi. Si devono aumentare le tasse ed è comprensibile che le debbano pagare gli studenti. Ma c'è una parte che non accetta più nulla e quindi con la forza si impone e impedisce al rettore e al Consiglio d'amministrazione di riunirsi per decidere. C'è una rottura, uno scontro. A Roma esistono 180 mila giovani universitari stretti in spazi impossibili: solo lo 0,5 per cento del totale riesce a finire gli studi nei tempi previsti; solo quattro studenti su dieci arrivano alla laurea; solo l'8 per cento del totale sono figli di contadini e operai; ci sono 6000 lavoratori non docenti in servizio senza stato giuridico, 4 mila docenti «precari» (con assegni e borse di studio che non superano le 150 mila lire al mese). Le tensioni e le lotte politiche sono all'ordine del giorno. Ed è in questo clima che nascono episodi di «violenza a pubblico ufficiale» E' in situazioni come quella degli studenti romani che i gruppi più intransigenti (si tratta sempre di giovani che vanno recuperati al dialogo e al confronto) si estremizzano ancora di più e vedono nella «rivoluzione» nella «lotta di classe» l'unica alternativa. Fabrizio Carbone