Un'autocritica al vertice

Un'autocritica al vertice Un'autocritica al vertice Il dibattito aperto da La Stampa ed iniziato con il valido intervento di Raniero La Valle costituisce un'occasione, importante e tempestiva, per fare il punto sui problemi della riforma della Rai, alla luce degli avvenimenti più recenti, tra cui, in primo luogo, la sentenza della Corte Costituzionale. In argomento, deve essere considerato l'autorevole contributo dato su un giornale romano, proprio negli scorsi giorni, dall'ex Presidente della Corte, sen. Branca, che pone stimolanti interrogativi e suggerisce proposte intelligenti, anche se discutibili sotto alcuni aspetti. Personalmente sono tra coloro che non ritengono la sentenza della Corte un colpo di maglio irrimediabile al monopolio statale delle trasmissioni radiotelevisive né sono d'accordo con Raniero La Valle quando sostiene che tale sentenza ha « semi-distrutto la legge di riforma della Rai »; tuttavia, si tratta di una sentenza assai discutibile e in taluni punti contraddittoria, evidente compromesso tra tesi diverse ohe si sono certamente scontrate nel dibattito al palazzo della Consulta. Una sentenza pericolosa, non tanto per ciò che essa afferma esplicitamente quanto per ciò che vi si può leggere tra le righe; una sentenza che non incrina il monopolio se veramente lo si vuole difendere e garantire, ma che indubbiamente può aprire varchi pericolosi. Per quanto mi riguarda, concordo con Branca — e l'ho dichiarato subito dopo aver conosciuto la sentenza — che il punto più pericoloso nelle argomentazioni della Corte è la limitazione della difesa del monopolio soltanto in base a ragioni tecniche, contraddicendo i principi contenuti in precedenti sentenze con le quali il monopolio era sostenuto in nome di preminenti ragioni sociali e politiche. L'altro aspetto assai preoccupante della sentenza, che si collega al primo — e qui ha perfettamente ragione La Valle — è costituito dallo « smantellamento della riserva allo Stato delle trasmissioni radiotelevisive in etere » attraverso la negazione dell'impegno per lo Stato di occupare tutte le bande disponibili. Dovere politico A questo punto, il problema centrale è di volontà politica: si deve approvare urgentemente una legge per tradurre in impegni operativi i principi contenuti nella sentenza della Corte e, dunque, se si parte dalla validità dei monopolio e dalla difesa del carattere prioritario del servizio pubblico, riaffermato dalla Corte, occorre che la legge, già opportunamente preannunciata nelle dichiarazioni programmatiche dell'on. Andreotti, non ceda un metro alle emittenti locali, al di là di quanto è loro riconosciuto dalla sentenza stessa, e definisca entro limiti rigorosi l'ambito locale nel quale può e deve essere garantito il diritto alla libera manifestazione del pensiero attraverso lo strumento radiotelevisivo. Ecco perché il problema è di volontà politica, come sempre alla volontà politica è necessario riferirsi quando osserviamo che opportunamente viene sollevato da più parti il problema dei ripetitori stranieri che diffondono specifici programmi per l'Italia, senza reciprocità, senza autorizzazioni, utilizzando pubblicità raccolta in Italia, pagata all'estero e trasmessa in Italia attraverso le emittenti straniere: ciò vale per Montecarlo, Capodistria, Malta. Per risolvere questi attentati al monopolio pubblico della radiotelevisione, non occorrono leggi nuove, basta applicare quella vigente: la legge di riforma della Rai agli articoli 38 e seguenti, prevede, infatti, chiaramente ciò che deve essere realizzato in tema di ripetitori di programmi stranieri e ciò che deve e può essere evitato, dall'oscuramento della pubblicità alla revoca delle autorizzazioni. Se è vero che tema prioritario è la difesa e la garanzia del servizio pubblico nazionale radiotelevisivo attraverso strumenti e soluzioni adeguate, in primo luogo attraverso il rafforzamento della presenza della mano pubblica nell'Azienda Rai, è anche vero che un approfondimento sui temi della riforma della Rai e della sua realizzazione passa per soluzioni urgenti, costruttive, che saldino insieme gli indirizzi della Commissione Parlamentare e l'attività di gestione del Consiglio di Amministrazione: vi sono, infatti, alcuni nodi di carattere politico e gestionale che vanno sciolti subito, per il superamento dell'attuale momento di crisi che ha investito la Rai, per difende re il servizio pubblico, per potenziare l'azienda, la produzione e i programmi, per affrontare concretamente la competitività anche mediante l'introduzione delle trasmissioni a colori. Vi è una offensiva concentrica contro la Rai, in quanto servizio pubblico, i cui connotati si sono andati ben delineando in tempi recentissimi: la crisi del Consiglio di Amministrazione della Rai aperta nelle circostanze che sono note, al di là delle intenzioni, rischia di favorire oggettivamente un tale disegno anche se l'amico Mauro Bubbico continua a difendere con convinzione la tesi del monopolio pubblico. A me pare inconfutabile che ohi sostiene l'inopportunità dell'introduzione delle trasmissioni a colori, come anche di recente ha dichiarato qualche esponente repubblicano, al di là delle motivazioni addotte, lo voglia o meno, diviene alleato dei privatizzatori, perché la dequalificazione dei programmi e la mancata disponibilità dello strumento usato dalle emittenti estere, mette queste ultime in evidenti condizioni di superiorità nel rapporto di competitività con la Rai che si è andato ormai realizzando. Un Far West? E, del resto, Angelo Rizzoli, teorizza, ormai senza mezzi termini, che il servizio pubblico si deve occupare soltanto dell'informazione, della cultura, delle inchieste sociali, ma deve rinunciare alla produzione di spettacoli, perciò nemmeno accontentandosi di quella quarta rete televisiva, messa a disposizione del Par West dei privati (per dirla con le parole di Zanone) dalle intenzioni, forse troppo liberalizzatrici, dell'attuale ministro delle Poste, se sono esatte le dichiarazioni che gli sono state attribuite e che appaiono abbastanza preoccupanti. Occorre, dunque, porre il problema di una accentuazione della presenza della mano pubblica nel settore della radiotelevisione a garanzia e a sostegno del servizio pubblico nazionale: non vi è contraddizione tra tale esigenza e la liberalizzazione indicata dalla Corte; infatti, accanto alle emittenti private, operanti in regime di libertà a livello locale, deve rimanere, come monopolio dello Stato, il servizio pubblico radiotelevisivo nazionale, certamente meglio garantito e realizzato. D'altra parte, l'esigenza posta dalla sentenza della Corte si salda con le linee d'attuazione della riforma della Rai, nella misura in cui si vada pienamente realizzando il processo di decentramento, che, appunto, costituisce uno dei momenti essenziali e qualificanti della riforma e che il Consiglio di Amministrazione della Rai ha giustamente posto al centro della propria attività, dopo aver garantito la riforma dei servizi informativi, l'attuazione delle reti e il nuovo assetto organizzativo, centrale e periferico, della Rai. Pino ad ora le emittenti private — occorre riconoscerlo — hanno svolto, in taluni casi, anche un'attività di supplenza, che potrà essere pienamente assorbita attraverso il decentramento e il diritto di accesso In effetti, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane occorrerà osservare con attenzione comportamenti, orientamenti, decisioni politiche perché dalle soluzioni che emergeranno sui molti problemi attualmente aperti si avrà una idea più chiara del disegno dei privatizzatori e dei loro alleati, palesi ed occulti, e si comprenderà appieno l'obiettivo di quanti da un anno a questa parte con un crescendo di polemiche faziose e strumentali hanno tentato di paralizzare la Rai e di sabotarne la riforma. Gian Piero Orsello Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione delln Rai

Persone citate: Andreotti, Angelo Rizzoli, Branca, Gian Piero Orsello, La Valle, Mauro Bubbico, Raniero La Valle, Zanone

Luoghi citati: Italia, Malta, Montecarlo