Tutti criticano il Piano Barre di Alberto Cavallari

Tutti criticano il Piano Barre Tutti criticano il Piano Barre (Dal nostro corrispondente) Parigi, 23 settembre. Il piano Barre contro l'inflazione ha provocato oggi una prima scia di provvedimenti esecutivi. Il tasso di sconto è stato portato dal 9,5 al 10,5 per cento, il controllo sui cambi è stato rafforzato nel settore del rimpatrio di divise e dei pagamenti delle importazioni, il credito è stato sottoposto a nuove misure restrittive con l'aumento del tasso delle riserve obbligatorie e non rimunerate che le banche devono versare alla banca di Francia. Molto più grande è però la scia dei dissensi e delle critiche che il piano ha sollevato, malgrado la commissione europea di cui Barre fu presidente l'abbia definito « un contributo decisivo per ristabilire in Francia gli equilibri principali ». Persino l'ex primo ministro Pinay (che pure è stato a fianco di Barre nei giorni della preparazione) ha rilasciato dichiarazioni deluse: « Se questo è tutto, parliamo pure di scarsa immaginazione. M'attendevo injatti più vigore perché il piano non risulta orientato abbastanza contro l'inflazione. E' più fiscale che antinflazionistico. E' poi una massa di cose che si sono sempre jatle, che si fanno dovunque, con scarsa efficienza. Comunque, se l'opinione pubblica segue gl'indirizzi indicati qualcosa di buono può anche nascere ». Le reazioni sindacali sono state negative (come abbiamo riferito ieri) e le centrali Cgt, Cfdt e Fen, hanno fissato uno sciopero nazionale di protesta per il 7 ottobre. Il padronato ha confermato l'accoglienza poco entusiasta a un piano « che sacrifica la produzione » e persino le piccole e medie industrie (malgrado gl'incentivi governativi) lamentano di « dover portare il peso di tutta l'operazione ». Salvo le approvazioni dei partiti di maggioranza. Barre si trova circondato dai duri attacchi delk forze economiche e dei partiti d'opposizione. Pinay deluso Bisogna poi rilevare che Barre non è solo disapprovato da uno schieramento socio-economico interessato direttamente a combattere il primo ministro e a discutere il suo debutto. La sua stessa fama di economista viene messa in dubbio con severità, sulla base della delusione tecnica che il piano solleva. Un esempio nazionale è dato da « Le Monde » che parla di « un piano vasto ma modesto»: vasto, perché basato sullo scetticismo di un professore post-keynesiano cosciente dell'inesistenza di un rimedio miracoloso agli squilibri che provocano l'inflazione, e quindi tocca confusamente un po' tutti i tasti; modesto perché « nemmeno dotato di quelle audacie conservatrici che caratterizzarono il piano Pinay del '58 ». Un esempio di critica internazionale è dato dal «Times» che ha scritto: « Questo piano sarà deludente per Barre come lo è per gli osservato¬ ri stranieri; la sola cosa precisa che contiene è un blocco dei prezzi che sarà vano come tutti i blocchi, e che rappresenta un inutile sforzo per illudersi di conquistare la moderazione sindacale » Tecnicamente infatti il piano rivela un « classicismo eletlorale » (come scrive Mathieu) che non ci si aspettava da un economista di classe come Barre, moderno, spregiudicato, e come lui stesso si è definito « al di sopra delle forze partigiane ». Inoltre, esso pare elaborato sulle scontate linee degli interventi giscardiani del '72 e del '73 che hanno dato scarsi risultati terapeutici. Le incertezze Paragonando i provvedimenti a quelli presi nelle altre nazioni, pare infatti a Le Monde che i modelli tedeschi, svizzeri, o americani, non sono stati seguiti, e che la Francia non ha messo in moto quel drastico meccanismo di pressioni recessive e di draconiane misure sui prezzi che hanno consentito una rivalutazione del marco, del dollaro, e del franco svizzero. Si giudica così che la Francia si sia collocata tra l'Inghilterra e l'Italia (nazioni che hanno atteso una situazione profondamente logora prima d'intervenire) cercando di mescolare un po' di politica dei redditi inglese all'arsenale classico delle misure fiscali e monetarie di tipo italiano. La figura di Barre, messa in discussione tanto rapidamente, appare quindi come quella di un tecnico di chiara fama che inizia una difficile carriera politica, notevolmente imbrigliato nei suoi movimenti da una situazione difficile. Il fatto che abbia puntato tutto sopra un blocco dei prezzi temporaneo, ricorrendo a una formula che scarsamente ha dato risultati, e che abbia lanciato una ipotesi di politica dei redditi che i sindacati rifiutano, pare il sintomo dei limiti di una gestione tecnocratica più basata sulla manovra psicologica che sulle scelte sostanziali di una nuova politica economica. Osservatori come Pierre Drouin notano che la sua presentazione televisiva del piano ha cercato di « fare effetto » con una « esercitazione di magnetismo » piuttosto che con la concretezza dei rimedi. La sua rinuncia a una coraggiosa imposta sul capitale, il suo cedimento alle vecchie linee giscardiane già fallite, portano a dire che il suo avvenire di Primo ministro già si alimenta di molte incertezze. Non si devono però ipotecare cose ancora lontane. In materia d'economia congiunturale possono sovente aversi delle modificazioni più favorevoli. Comunque, e limitando il giudizio ai fatti d'oggi, il cambio di governo non pare suscitare alcuna svolta di clima politico intorno al giscardismo. Il mercato dei cambi, dopo avere accolto favorevolmente il blocco dei prezzi, ha reagito negativamente oggi all'aumento del tasso di sconto e il franco è scivolato nuovamente in basso. Alberto Cavallari

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Italia, Parigi