Monica Vitti, regina del tabarin

Monica Vitti, regina del tabarin PRIME VISIONI SULLO SCHERMO Monica Vitti, regina del tabarin "Mimi Bluette fiore del mio giardino" di Carlo Di Palma dal romanzo di Guido da Verona "La ragazza del riformatorio" con Linda Blair, l'indemoniata protagonista dell'"Esorcista" Mimi Bluette fiore del mio giardino di Carlo Di Palma, con Monica Vitti, Shelley Winters, Gianrico Tedeschi, Gilles Millinaire, Jackie Basehart. Italiano, colore. Cinema Astor. Nella letteratura consumistica postdannunziana la fortuna del romanziere Guido da Verona toccò l'apice della fortuna, per conoscere poi, dalla sera alla mattina, un tonfo clamoroso. Del manto| vano Guido, che sapeva ma¬ neggiare la penna con quella brillantezza e quegli allettamenti che gli valsero l'appellativo di « cocotte maschile », il nostro cinema, invaghito della moda « retro », ha recuperato uno dei bestseller più famosi, il bilingue (italiano-francese) Mimi Bluette fiore del mio giardino (1916), che per la vivacità dell'ambientazione e la azzeccata copia delle figurine minori, Borgese ebbe parzialmente a difendere contro i detrattori. Mimi, regina del tabarin parigino, venerata da ministri e banchieri ammessi al bacio della pantofola, ancora sentimentalmente legata ai bar equivoci che la fecero conoscere, trionfa con discrezione del suo successo, semi-imbozzolata com'è nel ricordo d'uno Sconosciuto colà incontrato, nei cui fugaci abbracci ha conosciuto per la prima volta l'amore grande, l'amore vero. Inutilmente la cerchia dei suoi consiglieri, tra cui maman, col suo ardore provinciale e un po' grossolano, cercano di distornarla dalla fisima di voler assolutamente ritrovare colui che seppe incendiarle il cuore per tre giorni e tre notti. Dato un addio a quel mondo posticcio, l'ardente donna parte per l'Africa, bazzica la Casbah algerina, affronta lunghi viaggi nel deserto africano, sopporta la tracotanza dei militari della Legione straniera, sperando di ritrovare l'incognito. Soltanto quando ha la certezza che non rivedrà più l'amato, torna a quella Parigi che non l'ha dimenticata, per eseguirvi, aiutata da un pizzicotto di droga, una danza straziantemente emblematica sulle pene d'amor perdute. Ma intanto la grande guerra è alle porte e la Francia volta carta. Alle prese con un soggetto che non vive di vita necessaria e manca d'un centro di gravità, il regista Di Palma ne ha vittoriosamente occupato i vani con ispirata cura esornativa, ricostruendo, in uno stile incrociato di liberty e di dada (la bella fotografia è di Contini rincalzata dalle suggestive musiche di Ortolani e dai lussuosi costumi di Colabucci) la temperie in cui visse, folleggiò e patì la nostra curiosa Mimi, così inerme davanti all'ideale assoluto. Senza che l'eroina riesca a prenderci, ci prende il luccicante e variegato arazzo, contesto di mille fili, da cui ella si stacca in compagnia di tante figure minori, tra cui, per onor di firma, va citata Shelley Winters (maman). E' fama che il soggetto di Mimi Bluette desse nell'occhio a Greta Garbo. Monica Vitti si è investita di tanta responsabilità e recita con fervore e appassionatezza la lunga parte intuendo al tasto tanti particolari e sfumature sociopsicologiche che per forza di cose non poteva conoscere direttamente. Una prova intelligente, ben secondata, da parte maschile da Tommy Tune (Boy friend), Gianrico Tedeschi, Gilles Millinaire, e dall'esordiente Jackie Basehart, figlio dell'attore Richard e di Valentina Cortese. 1. p. ★ ★ La ragazza del riformatorio di Donald Wrye, con Linda Blair, Kim Hunter, Joanna Miles, Mary Murphy, Allyn McLerie. Americano a colori. Cinema Torino. (a. v.) In un riformatorio femminile dove le corrigende non sono tutte irrecuperabili, viene inviata dal giudice una quattordicenne che, da un perpetuo dissidio con la famiglia, è stata costretta per due volte ad abbandonarla. Denunciata e arrestata, la ragaz- za finisce nella suddetta casa di rieducazione i cui metodi, per quanto abbastanza tolleranti, non sono tali da incidere positivamente sulla ipersensibile minorenne. Compagne di camera e aride assistenti finiscono, avvilendola o mortificandola, di peggiorarne il carattere facendo di lei una rabbiosa contestatrice incattivita da trattamenti ingiusti. Siamo di fronte a un film pessimista, dove l'epilogo non lascia sperare nella redenzione della protagonista, molto migliore prima d'essere «rieducata» che dopo. In questo senso Bora innocent, ossia Nata innocente, ha una sua carica polemica contro i modi e le circostanze che caratterizzano la funzione dei riformatori, dove ipocrisie e sopraffazioni sono alla base delle ribellioni inevitabili di chi è condannato a restarvi. Va sottolineato che, nonostante il film abbia un cast quasi esclusivamente femminile, esso non fa leva su ambigui rapporti fra donne, sebbene non manchi una scena crudele nella quale la quattordicenne è la vittima indifesa. Schematico in alcune parti, il racconto attenua questo difetto con l'efficacia delle interpreti, tra le quali spicca Linda Blair che, dopo le aberrazioni cui l'aveva costretta la parte di assatanata nell'Esorcista, è molto convincente e umana nel ruolo della minorenne. Monica Vitti negli abiti di Mimi Bluette

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