Schiavi dell'eredità?

Schiavi dell'eredità? DENTRO LA SCIENZA USA; I SOCIOBIOLOGI Schiavi dell'eredità? Cambridge, Massachusetts, settembre. Raccontavo nel precedente articolo come qui negli Stati Uniti si mediti e discuta dell'atroce problematica delle implicazioni umane del divenire scientifico e tecnologico in toni pacati, senza troppo lasciarsi deviare da ideologie personali, nel tentativo di trovare una via di uscita. Ma anche qui, quando vengano sfiorati temi più vivamente sentiti da certe minoranze, la polemica può farsi accesa. Se ne sono avuti due recenti esempi: l'uragano, con epicentro nel « campus » di Berkeley in California, a proposito della capacità intellettuale dei neri rispetto ai bianchi; e l'altra tempesta non ancora spentasi, intorno all'Università di Harvard, sul tema della « sociobiologia ». Nel 1969 lo psicologo Arthur Jensen di Berkeley diede spunto a quella che i suoi critici descrissero come «l'eresia jensenismo»; sulla base d'un esteso esame dell'insuccesso avuto dal sistema educativo americano nell'elevare il quoziente di intelligenza (Iq) di giovani neri educati in scuole che cercavano di rimpiazzare le manchevolezze dell'istruzione ricevuta in casa, Jensen giungeva alla conclusione che i neri americani posseggono geneticamente una intelligenza, misurata con lo Iq, di circa 10 punti inferiore alla media dei bianchi. Tali affermazioni scatenarono violente critiche sia nei confronti dei procedimenti analitici utilizzati, sia nei riguardi delle conseguenze sociali che l'atteggiamento di Jensen comportava. Da ultimo, venne riconosciuto che, con i metodi oggi disponibili, non è possibile stabilire se differenze fra gruppi sociali così diversi come neri e bianchi nella società americana siano riconducibili a fattori genetici piuttosto che ambientali. La tesi di Jensen rimaneva così indebolita ma non falsificata. Con la comparsa del grosso trattato di Edward O. Wilson, notissimo studioso di società di insetti, dal titolo « Sociobiologia: la nuova sintesi » si apriva un altro vastissimo dibattito a proposito dell'evoluzione delle società umane e dei fattori che ne hanno determinato il corso. Colleghi della stessa Università di Harvard — fra i quali un notissimo studioso di evoluzione, Richard Lewontin — e di altre università della zona di Boston accusarono il « determinismo biologico » di Wilson e lo stesso autore di sostenere le istituzioni della società (americana) non ritenendole responsabili degli odierni problemi sociali. ★ * L'ideologia reazionaria di Wilson gli avrebbe preso la mano interpretando ingiustificatamente il comportamento sociale della nostra specie come dovuto prevalentemente alle caratteristiche ereditarie che ciascuno di noi ha ricevuto dai nostri genitori: se così fosse, le possibilità di trasformazione sociale diverrebbero minime, in quanto determinate in buona misura dalle nostre caratteristiche biologiche, solo scarsamente modificabili dall'ambiente, l'educazione, o la propaganda politica. Il volume in questione, di 697 pagine e con 2500 riferimenti bibliografici, è stato riconosciuto da tutti i competenti come un'opera della massima serietà e che potrà segnare una svolta nello studio delle società biologiche. Soltanto le ultime 30 pagine sono dedicate a considerazioni sulle società umane, poggianti sulle conclusioni precedentemente tirate dall'esame delle manifestazioni della socialità, in certi funghi, in insetti, e nelle scimmie. Contro quelle considerazioni si sono scagliati giovani scienziati radicali, con articoli rabbiosi pubblicati anche su quotidiani. Hanno fatto eco alcuni studiosi inglesi parimenti arrabbiati. «La sociobiologia — dice Ed¬ ward Wilson — è lo studio sistematico di tutte le forme di comportamento sociale. Per giustificati motivi, noi possiamo interessarci particolarmente allo studio del comportamento umano. Per raggiungere questa meta dobbiamo prestare attenzione alla nostra storia evolutiva, sia nel recente periodo come ominidi (durante gli ultimi 10 milioni di anni) sia come parte del regno animale nel suo complesso. Attualmente lo studio del comportamento umano è il dominio riservato dei sociologi. Essi cercano di spiegare il nostro comportamento prevalentemente attraverso la descrizione empirica dei nostri modi di agire e senza alcun riferimento a spiegazioni evoluzionistiche in senso genetico. « La funzione della sociobiologia nei confronti degli esseri umani, prosegue Wilson, è dunque quella di porre le scienze sociali entro un quadro biologico, un quadro costruito in base alla sintesi di studi evoluzionistici, genetica, biologia delle popolazioni, ecologia, comportamento animale, psicologia e antropologia. Pur consapevoli dei possibili rischi di analogie, la sociobiologia insiste sul confronto fra società di diversi tipi di animali e dell'uomo. Lo scopo è quello di proporre e verificare teorie sulla sottostante base ereditaria del comportamento sociale». Il sapere se le nostre doti, fisiche e soprattutto psichiche, derivino maggiormente dai geni che abbiamo ricevuto dal padre e dalla madre al momento del concepimento, che non dall'ambiente in cui siamo cresciuti, è di ovvio interesse per ciascun essere pensante. Se le nostre capacità determinano la nostra posizione nella società ed esse sono prevalentemente determinate da fattori biologi ereditari, le strutture della società — indipendentemente dal fatto che uno le giudichi soddisfacenti o ingiuste — sarebbero quanto di meglio la condizione umana può dare. Se invece prevalessero fattori ambientali, attraverso l'educazione e riforme sociali si dovrebbe poter cambiare le caratteristiche della società. Naturalmente coloro che una volta si chiamavano progressisti e oggi amici della sinistra rifiutano la prima possibilità. Ma, come spesso accade, la verità sta probabilmente in mezzo: sia l'ereditarietà sia l'ambiente sono significativi, ma non sappiamo precisare le influenze relative dei due fattori, anche se i tentativi di meglio comprendere la situazione continuano. Pur non potendo addentrarmi in ulteriori particolari, questa recente storia mi sembra assai istruttiva quale esempio del clima intellettuale degli Stati Uniti oggi, un clima nel quale la componente scientifica diviene sempre più cittadina di diritto della repubblica dell'intelletto. ★ * Da noi le cose sono diverse. Se pur esistono centri di studio sulla natura biologica dell'uomo, visto sotto la prospettiva dell'evolversi delle società — primo fra questi il « Centre de Roiaumont pour une Science de l'Homme » — in Europa la discussione rimane circoscritta all'ambito degli iniziati. Qualcuno si accorge di quanto accade al di là dell'oceano, ma viviamo di luce riflessa. Mi sembra che fra noi europei il dibattito culturale in chiave moderna si vada affievolendo, sia perché — pur non volendolo ammettere — riconosciamo la superiorità degli altri, sia perché ci sentiamo ogni giorno più oppressi dalle cosiddette istanze sociali e politiche. Questa una delle ragioni che mi ha fatto scrivere nel primo di questi articoli che è facile prevedere una prossima ondata di emigrazione di uomini d'intelletto dall'Europa verso il Nord America. A. Buzzati-Traverso

Persone citate: Arthur Jensen, Buzzati, Edward O. Wilson, Jensen, Richard Lewontin