In ritardo sui tempi
In ritardo sui tempi In ritardo sui tempi Dopo la condanna di Salò, l'azione promossa contro Novecento e ora il sequestro, per oscenità, del fdm di Miklos fancsó Vizi privati pubbliche virtù, come non credere, nonostante il tanto fiato e inchiostro sciupato a cercare di modificarne la mentalità, a un rincrudimento della censura, a un suo nuovo giro di vite? In un mondo che si va facendo vertiginosamente adulto, wlo la censura italiana vuol serbare la sua suscettibilità di fanciulla, facendosi tro¬ vare in ritardo sui propri tempi. Comprodotto dall'Italia e dalla Iugoslavia, vedemmo Vizi privati pubbliche virtù all'ultimo festival di Cannes. Si deve ammirare il regista ungherese per i grandi ritmi, i grandi film ch'egli ha donato al cinema di questi anni, senza per questo manifestare entusiasmo per questo suo ultimo lavoro che tiene del pastiche e abbandona le vie dell'usalo rigore stilistico. Ma da questo a disconoscerlo come opera d'autore degna d'essere rispettata nella sua integrità e a rinvenirvi gli estremi dell'oscenità, ci corre; ci corre tutta la grossolanità di tratto di chi esamina i film disgregatamenle per condannarne, moralisticamente, questo o quel particolare. Come si ricorderà dalle cronache, innestando il complesso edipico in una beffarda allegoria del potere paternalistico, quel film ribalta, in chiave operettistica mitteleuropea, la famosa « tragedia di Mayerling », dove trovò la morte, secondo la traduzi" ;e vulgata, suicida per amore di Maria Vetzera, il principe Rodolfo d'Asburgo. In iutt'altro modo andarono le cose secondo fancsó: nel modo cioè di una feroce, allegra e coerente dissacrazione dell'autorità costituita, condotta in chiave orgiasticamente erotica, da parte del Delfino (erede al trono) che vive in un grande castello sepolto nel verde in compagnia della sua ex nutrice, dell'amico Paolo e dell'amante Sofia (che si son lasciati alle spalle una congiura contro l'imperatore padre) e d'un gruppo d'acrobati e danzatori di circo fra cui è la bella Mary, ermafrodita. L'erotismo non è nel film qualcosa di appiccicato, ma di consustanziale; e che cosa farci se fancsó ha voluto « vedere » le cose cos'i e se nel tessere il suo ordito ha calcato qua e là mano in tripudi goliardici che possono riuscire un po' fastidiosi? La visione del film è cocciutamente unitaria, e sebbene sbrigliata (diremmo in taluni punii fellinianamente sbrigliata) rivela però sempre la mano d'un maestro; la rivela ad esempio, per eccesso, nel punto in cui la morte, in persona di cinque emissari, cinque corvi, mandati dall'imperatore per addomesticare la ribellione, si stringe intorno ai giovani ribelli, e le loro sempre più complicate esibizioni erotiche prendono un timbro tristanesco, struggente e sacro, di bellissimo effetto. Non si può trattare un film come questo, discutibile quanto si vuole, irritante anche, ma acceso da una precisa ideologia elevante l'erotismo a strumento di eversione, alla stregua d'un dozzinale prodotto commerciale, cieco nelle sue finalità pruriginose. Libello inebriato d'irriverenza, rovescio blasfemo d'operetta danubiana ricco d'implicazioni freudiane, Vizi privati pubbliche virtù è espressamente calcolato sugli effetti a oltranza d'una scoppiante carnalità, e il colpirlo lì vuol dire colpirlo nella sua ragion d'essere. Leo Pestelli
Persone citate: Leo Pestelli, Rodolfo D'asburgo
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