Il Messico visto a Pesaro

Il Messico visto a Pesaro Cinema sociale e politico in rassegna Il Messico visto a Pesaro (Nostro servizio particolare) Pesaro, 22 settembre. La Mostra del Nuovo Cinema ha sempre posto in primo piano gli autori e I problemi dell'America Latina. A Pesaro abbiamo conosciuto il « Cinema novo > del Brasile, l'esperienza rivoluzionarla di Cuba, gli ultimi fermenti democratici di Argentina e Cile. Dal Messico giungevano di tanto in tanto produzioni isolate, insufficienti a cancellare lontani ricordi che si fissano nel sorriso di Pedro Armendariz e Maria Felix, nell'attività degli esuli Eisensteln e Bunuel, nella fotografia di Figuerosa. Ora anche da questo Paese il cinema leva forte una voce di protesta e di cultura, « proprio dove fino a ieri II sottosviluppo rideva sguaiatamente di se stesso con la maschera di Cantinflas », il popolare e banale attore comico che qualcuno ricorderà ne // giro del mondo in 80 giorni. I cineasti messicani ammettono di vivere in un mondo dove la repressione non è eretta a forma di governo. Tuttavia ne hanno denunciato l'insorgere In varie forme dell'apparato sociale. Nell'America Latina, affermano i giovani cineasti, si gioca una partita vitale anche negli spettacoli pubblici, anche nelle trasmissioni tv. Perciò il manifesto del «brente Naclonal de Cinematograflstasche una decina di mesi fa proponeva di elaborare una politica ci¬ nematografica coerente alle necessità del popolo, è stato accolto con freddezza dall'alta burocrazia. Sugli schermi di Pesaro sono apparsi alcuni dei film impegnati « a trasformare la società ». In La passione secondo Berenice di Jaime H. Hermosillo per esempio la vicenda sentimentale non si discosta molto dalle formule della Hollywood aggiornata: bisogna però riflettere sul forte risvolto finale. Per un'ora e mezzo infatti vediamo una vedova e un dongiovanni — due interpreti attraenti, Martha Navarro e Pedro Armendariz Jr. — prendersi e lasciarsi con foga e calore sullo sfondo d'una società malata simboleggiata dalla vecchissima madrina della donna, che lucra incessantemente Interessi e prende medicine, inchiodata senza tremori al suo letto d'invalida. Invece, quando Armendariz lascia la vedova (sia pure per il proprio lavoro nella capitale) ecco che la Navarro afferra il pericolo di cadere con la solitudine in quel limbo dei sentimenti. Incendia la casa dove la madrina sonnecchia e se ne va senza neppure volgersi. Un'imprecazione alla Bunuel conclude una storia borghese. Non basta. Anche il decrepito melodramma alla messicana [Cln Cln l'ubriacone) si dimostra consunto e facile da ribaltare. Gabriel Retes descrive, senza la pretesa di commuovere, quattro casi di cultura della miseria. Un Identico destino luttuoso accomuna quattro giovani amici: l'allontanamento dalla famiglia, il fallimento in amore, la morte in una rissa, la fine per ubriachezza. Lo stile, sovente grossolano, è talora volutamente primitivo come per imprimere negli occhi dello spettatore i corpi sudati che si allacciano, i vizi nascosti che esplodono, l'alcolismo che si fa inarrestabile. Retes insiste sulla crisi, per lui « la parola socialismo non deve spaventare ». Più diretta e meno efficace la polemica di Canoa. Felice Cazales rievoca la morte assurda di cinque studenti, linciati per Ignoranza in un villaggio dove il parroco anticomunista fa di tutto, dall'esattore delle imposte al conferenziere reazionario. La tecnica mista — documentario e cinema verità — favorisce la riflessione ma si ripiega In se stessa perché priva di presa. L'America Latina ha poi diret tenente colpito, con l'urgere del suoi problemi, la sensibilità di quanti seguono le proiezioni. Nelle sale è affissato un appello per la liberazione dei cineasti argentini, vittime, come altri imprigionati e torturati, dell'involuzione fascista del governo di Buenos Aires. • Oggi In Argentina — vi si legge — ogni famiglia ha il suo morto, Il suo detenuto, Il suo scomparso ». Piero Perona