Otto anni dopo. Rudi il Rosso di Gaetano Scardocchia

Otto anni dopo. Rudi il Rosso Otto anni dopo. Rudi il Rosso (Segue dalla |* pagina) armata e il secondo, che era l'avvocato di Dutschke, perché coinvolto nelle scorribande del gruppo anarchico Baader-Meinhof. Chiedo a Dutschke: C'erano dunque nel movimento degli studenti berlinesi anche radici maligne, vocazioni al terrorismo? Rudi non accetta la domanda: « Eh, no! Bisogna distinguere le varie fasi. La lega degli studenti socialisti si sciolse per esaurimento: eravamo studenti e la nostra lotta fini con la nostra generazione di studenti. Non avevamo un partito in cui inserirci. Certo, da quelle ceneri, qualcuno si rialzò per dirigersi verso altre mete. Ma non vedo continuità tra le due esperienze. Noi eravamo impotenti e lo sapevamo. Ma non eravamo disperati. Il concetto di disperazione ci era estraneo». Poiché frequenta ancora le ; aule universitarie, come conferenziere o come ex assistente, Dutschke è rimasto legato al mondo giovanile, che però — in Germania più che altrove — non sembra ripercorre| re le strade della generazione del '68. Anche se non lo confessa in modo esplicito, Dutschke sembra deluso dei suoi posteri: «Dal punto di vista della quantità è indubbio che la fascia dei giovani che si impegna politicamente è oggi assai più larga di quella di otto anni fa. Ma è diversa la qualità dell'impegno: direi che oggi è meno profondo, passa attraverso altre vie. Per esempio: c'è una tendenza dei giovani a interiorizzare i problemi, a cercare cioè soluzioni soggettive. Devo dire che la sinistra ha sbagliato. Ai nostri tempi si parlava solo di rapporti oggettivi, come puro fatto formale. E invece le masse sono composte da tanti uomini. Fino a quando la sinistra non riconoscerà questa soggettività come fondamento dell'emancipazione non riuscirà mai a recuperare pienamente la sua forza liberatrice». E qui crediamo stia il nocciolo dell'interesse che Dutschke palesa oggi per i partiti della sinistra italiana. Dopo aver letto Engels, Marx, la Luxembourg, Lenin, ammette di aver scoperto con ritardo anche Gramsci: «Mi ha colpito il suo discorso sulle peculiarità nazionali, la sua concezione del "popolo" come un'entità che non coincide con le astratte classi del marxismo tradizionale». E arriviamo subito all'eurocomunismo, nuova cometa cui guardano gli sbandati della sinistra tedesca: «Credo che abbiano ragione Berlinguer e Carrillo quando dicono che oggi è l'Europa occidentale il terreno su cui può nascere una nuova spinta socialista. Capisco Berlinguer quando sostiene che è più facile realizzare il socialismo in Europa occidentale che nell'Euro¬ pa dell'Est: e non solo per ragioni di politica internazionale (lontananza dall'orbita sovietica), ma perché i rapporti di produzione rendono qui i più agevole un'evoluzione so- ! cialista della società». Nel momento in cui Berlinguer rivendica il carattere «comunista» (e «non socialdemooratico») del suo partito, ecco Dutschke che gli viene a dare una mano. Vista da lontano, l'Italia gli sembra un Paese in cui la lotta di classe e la protesta sociale hanno raggiunto «un livello troppo alto perché un qualsiasi partito di sinistra possa diventare o sembrare socialdemocratico». Insomma, anche se il pei volesse, non potrebbe staccarsi dal vortice delle rivendicazioni che la sua politica ha messo in moto. C'è in Italia una tensione che invoca una transizione al socialismo. «Certo — dice Dutschke — (2 pei si muove su due linee: da una parte la lotta parlamentare e dall'altra la lotta sociale. Esiste il pericolo di un forte dislivello tra la prima e la seconda. Ma allora le contraddizioni salterebbero fuori con forza incoercibile». Al giovane ideologo tedesco chiediamo un'opinione sulla compatibilità tra la tradizione marxista e l'accettazione del pluralismo. Dutschke dice che il problema non esiste: «Non riesco a concepire il concetto di pluralismo. Io sono un luxemburghiano puro e dico che non può esservi so¬ cialismo senza democrazia o democrazia senza socialismo. Certo, in una fase di transizione, ci sarà una tensione tra ricerca del socialismo e rispetto della democrazia, ma guai se il primo dovesse ridurre lo spazio della seconda. Se il socialismo non fosse capace di raccogliere l'eredità della rivoluzione borghese, sarebbe destinato alla bancarotta». Anche per questo, a Dutschke il socialismo sovietico («La via semi-asiatica al socialismo», egli dice, parafrasando un concetto di Marx) non può promettere ormai nulla di buono: le sue speranze si giocano in Europa Occidentale, anzi nell'angolo latino di questa Europa. Tutte previsioni molto belle, se non ci fosse il ricordo del 1968 a farle vacillare. Rudi voleva trasformare la Germania Ovest in una «repubblica dei soviet» e diceva che «il sogno biblico dell'Eden non era mai stato così vicino alla realizzazione». Sono parole di otto anni fa. Sbagliava di grosso. E oggi è diventato assai più cauto: gli va bene un socialismo all'italiana, ma interpretato secondo moduli ideologici che forse sono più vicini al Manifesto e al pdup che alla strategia del pei. Ha accettato però con entusiasmo l'invito dei giovani comunisti romani: «Loro vogliono discutere con me e io con loro. E questo mi basta». Gaetano Scardocchia

Luoghi citati: Europa, Europa Occidentale, Germania, Germania Ovest, Italia