Per il difensore dell'anonima sequestri il solo vero colpevole sarebbe Taormina di Vincenzo Tessandori

Per il difensore dell'anonima sequestri il solo vero colpevole sarebbe Taormina Per il difensore dell'anonima sequestri il solo vero colpevole sarebbe Taormina Francesco è l'unico che abbia confessato • "Gli altri — ha sostenuto il legale — sono poveri personaggi sui quali la sorte ingrata sembra volersi accanire con brutalità" - Inoltre ha aggiunto che Giuseppe, fratello dell' "unico" responsabile, non può essere considerato mafioso (Dal nostro inviato speciale/ Milano, 21 settembre. Le imprese della «anonima sequestri», i tre rapimenti che con certezza le vengono attribuiti, cioè Tornelli, Rossi di Montelera e Baroni, per il momento almeno sembrano il risultato della attività incredibilmente frenetica di Francesco Taormina, carceriere di Montelera e reo confesso. Gli altri, tutti, sono innocenti, coinvolti e avviluppati da sfortunate circostanze in una situazione intollerabile, poveri personaggi sui quali la sorte ingrata sembra volersi accanire con brutalità. Così per il «padrino» della nuova mafia, Nello Pernice definito dalla difesa «intelligente, laborioso, pulito»; così per don Giacomo Taormina, capofamiglia del clan di Treviglio e così per Giuseppe, suo fratello, arrestato nella stalla della cascina di Calvenzano al momento della liberazione di Rossi di Montelera. L'accusa, e senza margine di dubbi ragionevoli, lo indica come il «secondo carceriere» dell'industriale torinese. Innocente o comunque in via del tutto subordinata la sua minima partecipazione al sequestro, ha sostenuto il difensore Giuliano Spazzali, con una arringa suggestiva e non priva di efficacia. Il giovane Giuseppe, indicato come un lavoratore instancabile, «non può essere considerato un mafioso» ha sostenuto l'avvocato. «Non è questa la vera mafia. Sia il pubblico ministero che la parte civile hanno dato una definizione della mafia che è la dichiarazione stessa della sua inesistenza. Sono stati letti in aula paragrafi del documento della commissione antimafia: oso affermare che quello sia un documento mafioso, così reticente com'è». e i l l i i , a a r n e a La mafia, quella vera, ha sostenuto l'avvocato, è legata al potere politico, «dimostra vari gradi di penetrazione con enti locali, speculazioni urbanistiche, acquisti di terreni. Col passare del tempo ha perso la connotazione primitiva. Mafia, se esiste, è sinonimo di classe, e non dì una classe qualsiasi, ma di classe al potere. E' intenzione della pubblica accusa portare in giudizio un'intera classe? La vera, l'altra mafia, è intangibile. Eppure mai nella storia della Sicilia un brigante non è finito sulla forca o sotto le pallottole. Il p.m. ha staccato dal | suo contesto, dall'ambiente, il fatto singolo che proprio perché isolato può essere ora punito». L'abile corsa dell'avvocato difensore ha poi toccato i punti specifici dell'accusa che per il «rampollo» di casa Taormina oltre ad una serie di reati minori, sono associazione per delinquere e sequestri a scopo di estorsione Tòrrielli e Montelera. Non è mafioso il giovane, dunque cade l'associazione per delinquere. Estraneo, poi al rapimento dell'industriale di Vigevano. Ha sostenuto Spazzali: «Tornelli, a Treviglio, non c'è mai stato. Lo confermano le troppe differenze fra il suo racconto e quello di Rossi di Montelera, fra le descrizioni èèfatte sulla cella, sui tratta-j menti subiti, sul numero stes¬ so dei carcerieri che per Tornelli erano da "quattro a sei" e per Montelera "due, talvolta tre". Sui rumori percepiti dalla segreta, per Montelera "numerosi", per Tornelli "assenti salvo che in una octiasione"». Ha aggiunto Spazzali: «Quando venne trovato Montelera, a Treviglio, era lui che si cercava e non Tornelli: però, quel giorno, l'industria- le di Vigevano ha capito che se qulla era la sua cella, lui passava dei guai». Se la deposizione ultima di Tornelli mostra il fianco per gli attacchi, quella di Montelera appare assai più compatta, solida. Ma Spazzali non si è arreso. «Rossi dice che i carcerieri erano due: il primo è Francesco, ce lo dice lui stesso. Ma su chi sia il secondo non abbiamo una sola prova provata. Il prigioniero dice j ai averli riconosciuti perché uno rispondeva alle sue richieste battendogli sulla spalle mentre l'altro non rispondeva affatto. Ma quali prove abbiamo che non si tratti di comportamenti diversi di una sola persona? Temo che le richieste formulate dall'accusa si sorreggano in realtà sulla stessa logica che in passato ha provocato sentenze assolu- dnptopPztetrrazcogpzspgcstaspnnBscpqzione mafiosa, giudici, vi è stata servita già confezionata ». Coincidenze sfortunate sono state fatali anche a don Giacomo Taormina, colui che Montelera indica come l'uomo che, pistola alla mano, lo bloccò all'alba del 14 novembre 1973, in corso Polonia, a Torino. Il difensore, avv. Ramaioli, ha sottolineato la ! scarsa consistenza degli acquisti di terreni compiuti da don Giacomo. Una ovvia misura precauzionale era stata poi la sua fuga dopo l'arresot dei fratelli quando il giudice Giuliano Turone scoprì Rossi di Montelera nella cascina di Calvenzano. Assoluzione chiesta anche per don Giacomo, quindi, estraneo agli sporchi traffici del fratello Francesco. Vincenzo Tessandori torie per insufficienza di prò-, . ve. Soltanto che quella logica \ mviene interpretata in modo I leopposto. Stavolta l'organizza- j fnqrrMnstifptagsledctevmtestsSe

Persone citate: Giacomo Taormina, Giuliano Spazzali, Giuliano Turone, Rossi, Spazzali, Taormina Francesco