/ familiari di Francesco Fornari

/ familiari / familiari (Segue dalla 1" pagina) po. Dice Reznik: « Forse nessuno scopo pratico, ma bisogna comprendere l'angoscia di queste persone, il loro desiderio di essere il più vicino possibile ai loro cari ». Madri, fratelli, cugini, amici: ognuno ha una storia da raccontare, ognuno si porta dentro un dramma e un dolore senza fine. Come Giovanni Rugattini, un muratore di 58 anni di Ponte Tresa. « In quell'aereo erano mio fratello Paolo, sua moglie Tiziana e la figlia Tatiana, di 17 anni. Sono morti tutti ». Tace, sopraffatto dall'emozione, ma si riprende. Vuole parlare, forse trova uno sfogo al dolore raccontando agli altri di suo fratello, che faceva il commerciante di frutta e verdura a Ponte Tresa: « Un lavoratore instancabile, pensi che questa era la sua prima vacanza in trent'annì di lavoro ». L'aveva promessa alla figlia Tatiana, studentessa in un liceo linguistico: « Un regalo per la promozione: avevano deciso di partire in settembre perché la tariffe erano più convenienti ». I ricordi riaffiorano, sconvolgenti: « Mio fratello durante la guerra era riuscito a imboscarsi in Svizzera. Io invece ho fatto tutta la campagna di Russia, 1300 chilometri a piedi nella steppa. Me la sono cavata in mezzo alle bombe, lui invece è morto sull'aereo che lo portava in vacanza ». Una donna piange. E' la madre di Roberto Bonini, 25 anni. Figlio unico, era partito in vacanza con l'amico e coetaneo Antonio Albano. « Sognava questa vacanza da tanto tempo... ». Ha voluto venire lei « a riprendere il suo povero corpo », il marito l'ha accompagnata fino all'aeroporto ma non ha avuto l'animo di partire. Nella carlinga del « Caravelle » regna un silenzio impressionante Qualcuno tira fuori delle fetografie, le guarda a lungo. « Vede, questo è mio figlio », dice Maria Cappa, di Roma. La foto è stata scattata sabato davanti alla chiesa in cui si era sposato con Cecilia De Santis. Accanto alla giovane coppia felice altri due giovani, Roberto Morelli con la moglie Cara. « Erano partiti tutti e quattro insieme », racconta la sorella di Cecilia, Lucilla. Il loro viaggio di nozze è terminato tragicamente nello schianto contro la montagna. Alle 15,20 atterriamo a Istanbul: una sosta di un'ora per sbrigare alcune formalità, le autorità turche all'ultimo momento hanno concesso l'autorizzazione per proseguire il viaggio sino a Antalya. Sale sull'aereo il console generale d'Italia, Federico Barberio. « Quando arriverete, vi troverete di fronte a una realtà ancora più triste di quella che immaginate ». Vorrebbe aggiungere altro, ma l'emozione ha il sopravvento: « Coraggio, abbiate coraggio ». Poco dopo ai giornalisti confida che « la tragedia è spaventosa, tutti i corpi sono a pezzi, bruciati, irriconoscibili. Se n'è trovato intatto soltanto uno (quello della piccola Roberta Martini, nove anni, nipote della Medaglia d'oro della Resistenza Enrico Martini Mauri, morto anche lui col figlio, la nuora e un'altra nipote dodicenne), altri sei o sette sono stati ricostruiti in qualche modo. Non sta a me dirlo, ma a questo dramma s'è aggiunto il dopo-dramma per i parenti, che non potranno avere i corpi dei loro cari per dargli sepoltura». Alle 16,15 si riparte per Antalya, sulla stessa rotta percorsa l'altra notte dal Boeing. Tra i parenti e gli amici dei morti c'è anche un pilota, Luciano D'Ambrogio. Cerco di ricostruire con lui quello che può essere accaduto durante quel tragico volo senza ritorno. Caduta l'ipotesi del sabotaggio — il nostro console l'ha smentita, si tratta d'una voce diffusasi ieri pomeriggio, quando si era scoperto che fra le vittime c'era l'ex presidente del consiglio dei ministri turco — restano due sole ipotesi: un guasto, un errore del pilota. « Escluderei la prima — dice D'Ambrogio — dato che il pilota pochi minuti prima aveva parlato con la torre di controllo dell'aeroporto di Antalya e non aveva segnalato nulla di anormale. A meno che l'aereo sia esploso: se vi fosse stato un guasto, se si fosse verificata una situazione di emergenza, lo avrebbe subito comunicato ». Un errore, allora. Colleghi turchi incontrati durante la sosta ad Instanbul mi hanno detto che forse il pilota '< era fuori rotta, tratto in ingenuo dalle luci della città di Isparta, che aveva scambiato per quelle di Antalya ». Perciò avrebbe iniziato la manovra di atterraggio, scendendo di quota quando era ancora sulle montagne. Può essere possibile? Sì, secondo D'Ambrogio, e quell'errore lo avrebbe portato fuori rotta. Tenendo presente che sulla zena in quel momento si era scatenato un furioso temporale (uno di quegli improvvisi temporali estivi, con tuoni e saette), il comandante del Boeing « potrebbe non essersi accorto dell'errore, impossibilitato anche a vedere fuori dai finestrini ». Una ipotesi, per ora non suffragata da validi elementi. Quando siamo sulle montagne, tutti si affacciano ai finestrini per cercare di vedere. Laggiù, da qualche parte, su quelle rocce, s'è schiantato il Boeing con i loro parenti. Arriviamo ad Antalya alle 17,30: la Valtur ha prenotato camere negli alberghi per i parenti. Molti protestano, vorrebbero partire subito, andare lassù, sulla montagna. In turco, il monte Karakaya significa « montagna triste ». Il primo villaggio sulle sue pendici, quello dove hanno portato i miseri resti prima di trasferirli a Isparta, si chiama Aglasun, che vuol dire « villaggio delle lacrime ». Francesco Fornari

Luoghi citati: Instanbul, Istanbul, Italia, Ponte Tresa, Roma, Russia, Svizzera