Campanini povero angelo in scena al Carignano

Campanini povero angelo in scena al Carignano Campanini povero angelo in scena al Carignano Applausi e risate per una fragile commedia Dello spettacolo che ha inaugurato la stagione di prosa del Carignano forse basterà dire che c'era molta gente, che in platea sedevano anche Rita Pavone e Teddy Reno, che è stato accolto con molte risate, a parte qualche momento di imbarazzo generale in sala e sul palcoscenico, e calorosamente applaudito. Insomma, « Anche gli angeli bevono barbera » di Amendola e Corbucci, sempre loro, presentato dalla Compagnia del teatro comico con la regìa (o, più esattamente, senza) degli stessi autori, è piaciuto come da anni piacciono questi pasticcioni italo-piemontesi con i quali si usa riaprire i teatri a Torino e dai quali è bandita rigorosamente ogni satira politica e di costume tranne quando si tratta di assecondare gli umori degli spettatori più reazionari. E ancora basterà ricordare gli interpreti: Carlo Campanini, che ormai non finge neppure più di impappinarsi e fa ridere gli spettatori con battute da oratorio, Margherita Fumerò, che continua ad allargare smisuratamente le vocali del suo torinese da caricatura, Franco Barbero, che è il primo a ghignare, e talvolta il solo, delle sue baggianate, Carla Maria Puccini, che simula brio e un improbabile accento veneto, Armando Rossi, Luigi Palchetti e qualche altro. Le musiche, c'è anche una canzone cantata da Gipo Farassino, sono del maestro Farinatti, le scene sono di Aulo Bresaola. Detto questo non si saprebbe che altro aggiungere su un testo che non esiste, la cui vicenda, vaga e misteriosa, è costruita (si fa per dire) su un'ideuzza che non è nemmeno originale: un angelo di seconda classe, per ottenere la promozione al grado superiore, scende in un borgo del Monferrato travestito da uomo delle erbe, raddrizza torti, ripara magagne, combina matrimoni. Dicono gli autori di aver scritto questa commedia già due anni fa, ma di averla tenuta a maturare perché allora sembrava « audace e sconcertante ». Forse il loro sbaglio è di non averla fatta maturare di più, diciamo ancora per una ventina d'anni, come si fa con il vino di cui si parla spesso sulla scena e che costituisce l'unico vizio dell'angelo erborista Campanini. a. bl.

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