René Clair, Joyce con Renato Rascel

René Clair, Joyce con Renato Rascel CRONACA TELEVISIVA René Clair, Joyce con Renato Rascel Aprite qualsiasi libro dì cinema, cupitulo René Clair, e vi accorgete subito che, dopo i grandi elogi del periodo d'oro francese in cui svetta « Il milione », quando si arriva al periodo americano, die più o meno corrisponde alla durata della seconda guerra mondiale, gli elogi cedono il passo non diciamo alle stroncature, ma ai giudizi cautelosi, alle riserve, al rammarico. Povero Clair, si dice in sostanza, costretto a lavorare in un ambiente non suo, con soggetti imposti, con sceneggiatori invadenti, con produttori arroganti ecc. ecc., povero Clair, in America non è più lui... Sì, d'accordo, sarà un Clair minore, sarà un Clair che non può fare il film che vuole, sarà un Clair che per forza di cose deve assoggettarsi (in parte) al clima mercantile di Hollywood, che non ha i suoi abituali collaboratori, i suoi attori, i suoi musicisti, che non ha sotto le mani, fine e stuzzicante, l'aria di Parigi. D'accordo. Però sta di fatto che anche le pellicole americane sono tutte, confermiamo tutte, divertenti, e molte portano la zampala del maestro, e comunque tutte sono realizzate all'insegna di un mestiere superlativo. Avvenne... domani (1944), che costituiva il pezzo forte della serata di ieri, è una deliziosa favola bilanciata tra la fantasia più maliziosa e surreale, il sorriso, la tenerezza e vivificata da uno straordinario rispetto cinematografico. Non è un capolavoro, è chiaro, ma a distanza di oltre trent'anni — e sul teleschermo — resiste ancora in modo egregio. Del resto la stessa intelligente piacevolezza non contrassegnava « Ho sposato una strega » della settimana scorsa? Ed egualmente da ricordare sono le altre due opere hollywoodiane, « L'ammaliatrice » con una Marlene Dietrich d'eccezione e « Dieci piccoli indiani », raffinata rilettura in chiave ironica del giallo di Agatha Chris!ie (a proposito: non è possibile che questi « Dieci piccoli indiani » arrivino una volta o l'altra sul video?). Chiusura per Rascel. Una chiusura flebile, in sordina. Metronotte di notte ha avuto indubbiamente almeno un paio di puntate migliori di questo congedo smorto, in certi momenti persino un po' melanconico. Torniamo a venerdì e diciamo che la commedia Esuli di fames foyce è stata una lietissima sorpresa. Il testo, tanto rifiutato e bistrattato, è di una modernità sorprendente, anche se la forma esteriore è gravata dai moduli ottocenteschi: ma il tormento dei tre personaggi — lei, lui e l'altro, legati da vincoli che paiono torbidi e sono invece dettati da un disperato bisogno di libertà e sincerità contro le convenzioni morali — è dolorosamente, drammaticamente attuale. Penetrante ed essenziale la regia di Daniele D'Anza; e molto calibrati, dopo qualche incertezza iniziale, i tre protagonisti, Lucilla Morlacchi, Duilio Del Prete e Alberto Lupo. Si è scritto ripetutamente che foyce si rifaceva a Ibsen: ma giustamente regista e interpreti più che ai nobili travagli di Ibsen lo hanno ricondotto ai roventi inferni di Strindberg. u. bz.

Luoghi citati: America, Hollywood, Parigi