La Svezia non cambia più? di Mario Ciriello

La Svezia non cambia più? Domani si vota, ma forse non importa chi vincerà La Svezia non cambia più? (Dal nostro inviato speciale) Stoccolma, 17 settembre. Tre anni giusti sono passati dalle ultime elezioni generali in Svezia e, come allora, è una vigilia senza previsioni. Che pronostici si possono fare quando mille temi diversi s'incrociano e si scontrano come le correnti di un fiume e insondabili attese e perplessità, muovono la pubblica opinione? Non si odono pertanto che interrogativi. Resteranno al potere i socialdemocratici, che da 44 anni governano, ininterrottamente, questa nazione? Riusciranno i tre partiti dell'opposizione, se vittoriosi, a dirigere insieme la Svezia o dovrà il Paese tornare presto alle urne? Ecco perché la votazione di domenica è veramente storica: potrebbe essere, politicamente, la fine di un'epoca, se non di un sistema, di una stabilità. Le incertezze di tre anni fa si conclusero con un risultato che, se era sorprendente dal punto di vista matematico, non faceva però che confer- mare il lungo declino social- ] democratico: 175 seggi al par- ' tito di Olof Palme e ai suoi alleati parlamentari, i comunisti, e 175 seggi ai tre partiti cosiddetti «borghesi», cioè ai centristi, ai moderati e ai liberali. Centosettantacinque più centosettantacinque fanno trecentocinquanta, per cui il Riksdag di Stoccolma è riuscito ad approvare o a respingere certe leggi soltanto ricorrendo a sorteggi, a lotterie. E' un'impasse che non si ripeterà, perché il nuovo Riksdag avrà un numero dispari di seggi, 349, uno di meno. Ci sarà dunque una maggioranza e una minoranza, ma non necessariamente sarà la prima a governare. La storia svedese ha già conosciuto altre amministrazioni minoritarie socialdemocratiche. Ciò premesso, cerchiamo di valutare la posizione dei diversi schieramenti a 48 ore dal voto. Per centristi, moderati e liberali, questa è la grande chance, mai si sono avvicinati tanto al potere. Quarantaquattro anni sono molti, e non c'è dubbio che numerosi svedesi, anche tra coloro che hanno sempre votato socialista, si chiedono se non sia giunto il momento di cambiare uomini. Comincia a rafforzarsi l'impressione che vi sia qualcosa di «malsano», di «non democratico», in quasi mezzo secolo d'incessante presenza al vertice del medesimo partito, per quanto amato e rispettato. Vari elementi hanno contribuito negli ultimi due mesi alla discesa socialdemocratica nel favore popolare, ma è stata questa preoccupazione a incanarli, a dar loro espressione politica. E' quanto è avvenuto con i casi Bergman e Lindgren (mentre Bergman sceglieva l'esilio, la scrittrice Astrid Lindgren rivelava che il fisco esigeva da lei il 102 per cento del reddito guadagnato nel '75), casi che hanno richiamato l'attenzione più che sulle pesantissime tasse sulla crescente invadenza e arroganza della burocrazia. Nasceva il timore di una società sempre più regolata dall'alto, si vedeva nei computers di Stato una minaccia ad ogni privacy. Allo stesso tempo, fiorivano gli «scandali». Il ministro delle Finanze, Strang, tentava di alleggerire i suoi obblighi fiscali con riparazioni al suo appartamento. Il tesoriere del partito era rinviato a giudizio per aver «contrabbandato» fondi dai socialisti tedeschi a quelli finlandesi. E il presi- dente di un sindacato veniva fotografato alle Canarie, mentre i socialdemocratici svedesi imponevano un «embargo» sul turismo spagnolo per protesta contro l'esecuzione di prigionieri politici. E cosi le azioni del celebre Socialdemokratiska Arbetarepartiet calavano, e i sondaggi di agosto davano al partito di Olof Palme poco più del 40 per cento. Poi, la curva è risalita e, adesso, secondo l'ultima di queste indagini, il gruppo socialista (che comprende i comunisti) avrebbe il 48,9 dei consensi e i tre partiti «borghesi» avrebbero il 48,5. Dinanzi a queste cifre, a tanta suspense, bisogna allora ricordare che neppure le apprensioni e le critiche dianzi descritte hanno scalfito il prestigio di questo grande socialismo riformista. La Svezia deve quasi tutto, la sua immensa ricchezza, il suo benes¬ sere, la sua civiltà, al partito socialdemocratico, è stato il fecondo, straordinario connubio di un carattere nazionale e di una filosofia politica. E' un vero e proprio cordone ombelicale che non è facile recidere. Non basta. Il governo di Palme ha al suo credito una battaglia antirecessionistica che ha lasciato stupefatto il mondo. Negli ultimi tre anni, mentre quasi tutte le economie occidentali subivano ferite dolorose, la Svezia ha accresciuto i redditi personali, ha imbrigliato l'inflazione, ha tenuto la disoccupazione a poco più dell'uno per cento. Giustamente, l'Ocse ha parlato di «miracolo», di «splendido insegnamento». E tutto questo con un'industria e un sistema bancario che sono ancora al 92 per cento in mani private e senza rigide o ambiziose programmazioni. Socia¬ lismo significa, qui, controllo delle funzioni economiche mediante tassazione, misure sugli investimenti e legislazione sociale. Un'opposizione compatta e costituita da un solo partito avrebbe forse già spezzato il monopolio socialista del potere. Quei tre gruppi «borghesi» trovano invece difficile formare un fronte unico. Il partito più grosso è il Centerpartiet, capeggiato da Thorbjorn Falldin, un agricoltore di 50 anni, il probabile successore di Palme alla direzione del Paese, in caso di sconfitta socialdemocratica. Alla sua sinistra ha il Folkpartiet, i liberali, decimati alle elezioni del '73, ma che continuano a spelare in una gioiosa rinascita. Alla sua destra ha i conservatori, chiamati con eufemismo ufficiale moderati (Moderata Samlingspartiet), il cui slittamento, nelle ultime due settimane, avrebbe determinato il cedimento della superiorità «borghese» nei sondaggi, dal 51 al 48. Nessuno offre uno smantellamento della Svezia socialista, soltanto una migliore amministrazione. Se il quadro preelettorale finisse qui, qualche pronostico sarebbe anche azzardabile. Invece, la scena è tutta in movimento. Falldin si è schierato ferocemente contro il programma nucleare governativo che prevede la presenza di tredici reattori entro l'85. Vuole impedire la costruzione dei nuovi e distruggere i cinque già esistenti. La sua campagna sembra aver successo, la gente applaude quando Falldin parla del pericolo «di cancro e di danni genetici per migliaia di anni»: ma le sue idee non sono condivise né dai liberali né dai moderati. Altra incognita: come voteranno i diciottenni, per la prima volta ammessi alle urne? E quali effetti avrà il controverso progetto sindacale (neppure Palme sembra amarlo molto) che permetterebbe alle maestranze di partecipare alla proprietà delle aziende mediante «fondi dei salariati», cui gl'imprenditori dovrebbero contribuire con parte dei profitti? Una sola previsione si può fare. Chiunque vada al potere, la Svezia non cambierà molto. Non è facile tracciare una precisa frontiera tra quanto ha creato il socialismo e quanto hanno creato gli svedesi. Mario Ciriello Stoccolma. Il primo ministro svedese Olof Palme (Tel.)

Persone citate: Astrid Lindgren, Bergman, Lindgren, Olof Palme, Palme

Luoghi citati: Stoccolma, Svezia