Le fabbriche di malattie di Franco Giliberto

Le fabbriche di malattie Le fabbriche di malattie (Dal nostro inviato speciale) Cremona, 17 settembre. Manca una mappa del rischio, anche approssimativa. Non ci sono uomini, strutture, volontà politica che in Italia permettano di disegnarla. Mancano le determinazioni chimiche e biologiche nell'ambiente di lavoro e mancano i rilevamenti epidemiologici fra le popolazioni più esposte ai rischi di malattie provocate da vari tipi di inquinamento. Le fabbriche del cancro pullulano. I laboratori sono disorientati dal susseguirsi delle denunce (la favola del lupo troppe volte segnalato li rende spesso scettici, finché non sono morsi di persona da un cancro alla vescica o da una cirrosi epatica o da un tumore polmonare). La comunità scientifica è snobbata dal pubblico potere, dagli organi di stampa. Il ricatto occupazionale ha quasi sempre effetto: «Voi dite che la mia fabbrica inquina, che fa danno alla salute? Attenzione — minaccia il padrone - - se mi rendete la vita difficile, chiudo bottega. Al congresso su «cancro, uomo e ambiente» di Cremona, ci sono studiosi e ricercatori che — dicendo queste cose — si infervorano. La riunione internazionale scientifica assume risvolti politici, il rigore del linguaggio tecnico si stempera nella polemica sociale. Cesare Maltoni, direttore dell'Istituto di oncologia di Bologna, afferma: «Non è l'allarmismo che dobbiamo coltivare, ma la sensibilizzazione dell'opinione pubblica su problemi che interessano la salute di tutti. E' vero, il guaio più grosso in Italia è che manca una mappa del rischio. Primo, non ci sono rilievi chimici e biologici dove si lavora e fra la popolazione esposta ai maggiori rischi; secondo, se capita un incidente non esiste alcun comitato di emergenza; terzo, non c'è uno schedario di esperti ai quali poter ricorrere con la certezza di avere a che fare con tecnici indiscutibili per la loro esperienza di studiosi e ricercatori. In quest'ultimo caso, nel Paese emerge sempre una certa frangia scientifica, quella di gente che staziona perennemente nei corridoi. E quando qualcuno apre una porta per chiedere lumi, dice: "Toh, chiediamo a lui che tanto è già qui nel corridoio». Maltoni ha all'attivo una denuncia scientifica fatta alcuni anni or sono sulla pericolosità del cloruro di vinile (usato per la fabbricazione di materiale plastico), potente cancerogeno. Il suo lavoro ha avuto echi internazionali e si deve in buona misura a lui se oggi in tutto il mondo il cloruro di vinile è ritenuto unanimemente tossico e intollerabile nell'ambiente di lavoro oltre una piccolissima percentuale (zero parti per milione, vorrebbero i sindacati finalmente «sensibilizzati»; cinquanta parti per milione dicono le tabelle di massima concentrazione ammessa). Tuttavia Maltoni è scettico sul valore delle denunce che creerebbero preoccupazione e titoli giornalistici sensazionali. Crede nel lavoro documentato, inoppugnabile dei ricercatori e nella loro funzione di suggeritori di rimedi al pubblico potere Fra le tante, importanti relazioni (assieme a quelle che sintetizziamo qui sotto) è apparsa clamorosa stamane quella del gruppo di studio di cancerogenesi ambientale dell'Istituto tumori di Napoli, che ha svolto un'indagine in collaborazione con la Filcea (sindacato chimici). Una équipe guidata dal prof. Giordano e composta dai ricercatori Pagano, Stendardo, Cirillo, ha presentato uno studio sulla nocività dell'industria chimica nella provincia di Napoli: in questa zona l'incidenza delle forme tumorali risulta nettamente aumentata rispetto a quella rilevata nell'arcata appenninica campana, dove non esistono insediamenti industriali. La maggiore incidenza di neoplasie si è verificata nel Napoletano con particolare gravità tra gli operai di alcune industrie chimiche (Pirelli, Mobiloil, Montefibre, Agip), dove secondo i dati disponibili finora l'incidenza delle forme tumorali raggiunge il quaranta per cento (su sessanta decessi per varie malattie dal 1970 al 1975, ventiquattro sono stati causati da un cancro). I dati epidemiologici trovano evidente riscontro nella presenza in quasi tutte le aziende chimiche del Napoletano di sostanze cancerogene, sia fra le materie prime che fra i prodotti finiti. Mancano completamente controlli da parte delle istituzioni preposte alla salvaguardia delle condizioni igieniche all'interno e all'esterno delle fabbriche. Un episodio emblematico riguarda l'inchiesta avviata dal pretore di Casoria, il quale ha ordinato sequestri di materiali e opportuni accertamenti in quattro fabbriche (Montefibre, Montedison, Perlite e Cutolo Metallorganica). Inoltre la stessa magistratura di Napoli ha deciso nei giorni scorsi di attribuire a causa di servizio l'insorgenza in un lavoratore d'un linfogranuloma maligno, avvenuta dopo vari anni di attività svolta come operatore d'una apparecchiatura radioattiva che controllava la qualità delle fibre sintetiche presso la Montefibre di Casoria. Un compagno di lavoro del sopravvissuto, che era addetto allo stesso apparecchio, fu ugualmente colpito nel '73 da linfogranuloma maligno che ne provocò la morte. Franco Giliberto

Persone citate: Cesare Maltoni, Cutolo Metallorganica, Maltoni, Stendardo

Luoghi citati: Bologna, Casoria, Cremona, Italia, Napoli