Due romanzi per conoscersi di Lorenzo Mondo
Due romanzi per conoscersi Due romanzi per conoscersi Raffaele La Capri?.: «Un giorno d'impazienza», Bompiani, pag. 110, lire 2000. Raffaele La Capria, scrittore di cauti exploit, ha ripreso un suo romanzo breve del 1952, quello dell'esordio, e lo ha riscritto. Per me come per molti, soverchiati appena dal più importante e successivo Ferito a morte, è cosa tutta nuova, e merita comunque d'essere visto, e non soltanto per collocarlo entro certe coordinate storico-culturali, che so, tra Pavese da un lato e la riscoperta di Gadda, Le novelle dal Ducato in fiamme, dall'altro, tra La pelle di Malaparte e II conformista di Moravia. Una narrativa in movimento, che diffidava ormai dei superstiti calligrafismi e delle infatuazioni neorealiste. La Capria, per prendere la rincorsa, sembra fare un passo indietro, stabilire certe distanze. Un giorno d'impazienza nasce dentro una memoria moraviana come suggerisce lo stesso titolo grigiamente referenziale; sembra voler misurare in qualche modo la durata degli Indifferenti in una stagione mutata. S'intende che è cosa diversa, a partire da quel tenue lirismo che smuove, come una piena del cuore, l'impassibilità del vedere e dell'interrogare. Così: «... la pace era finita, la festa consumata, il boogie-woogie interrotto. S'erano imbarcati cantando "Gonna talee a sentimental journey", i bravi ragazzi dagli occhi azzurri, lasciandosi dietro la città stravolta a disputarsi gli avanzi loro in traffici meschini... ». Questo e, sul finire del racconto, l'accenno a una guerra scoppiata sul 38° parallelo valgono a stabilire l'arco cronologico in cui si situa la giornata del protagonista adolescente. La bava, la spos- satezza di una guerra che si allontana nel ricordo e un'altra che s'annuncia nell'indifferenza, nell'apatia. Due sono i poli d'attrazione del giovane « io ». Da una parte Enrico, l'amico politicamente impegnato che si sforza di fargli capire come si può cambiare se stessi solo cambiando il mondo, dare un senso alla propria vita trasformandosi da « personaggio » in uomo, da essere artificiale in essere naturale. « Quei libri allineati nello scaffale — ammette lui a un certo punto — m'erano serviti finora a confondere la vita col travestimento di sé, a conformare la mia supposta diversità a quella di Malte Tonio Zeno Kappa o dell'ultimo Straniero di turno, ma poco potevano servirmi nella presente circostanza ». Enrico, per fortuna, è come la citazione da un romanzo engagé: quello che in un autore meno scaltrito poteva diventare un pretesto banalmente dimostrativo, sfuma e si stempera nell'evidenza e nel generoso vitalismo di Mira. Mira continua e redime Enrico sul piano strutturale, ma non salva il protagonista sul piano esistenziale. Uscita prodigiosamente vera dai troppi sprechi di una giovinezza sventata e avida, s'attacca a lui per una giornata: la resa carnale, la fuga e la prova d'appello, prima di allontanarsi da chi non riesce a spezzare il cerchio delle sue cerebrali ruminazioni, di una frigida e ossessiva servitù alle facoltà analitiche. Mi manca la possibilità di riscontro tra le due redazioni: certo in quella di oggi appare flagrante l'inganno del titolo e del giovane « eroe », forse a suo tempo non ne fu immune lo stesso autore. Lo scacco non è dovuto all'impazienza, al volontaristico tentativo di affrettare il termine dell'adolescenza, ma ad una più sottile, costituzionale debolezza. Storia di una contrastata educazione sentimentale e, più in generale, di una educazione alla vita, Un giorno d'impazienza, negli effusi soliloqui in cui si celebra l'io e nei dialoghi restii, è un racconto svelto e agro, monocromo: sullo sfondo di una Napoli dalla voce sommessa, tanto più amata, si direbbe, quanto più coloristicamente castigata. Lorenzo Mondo RafTaele La Capria
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