Margherita racconta episodi di "malessere" nella polizia di Giuliano Marchesini

Margherita racconta episodi di "malessere" nella polizia Di fronte ai giudici Pufficiale sindacalista Margherita racconta episodi di "malessere" nella polizia (Dal nostro inviato speciale) Padova, 16 settembre. Il capitano di polizia Salvatore Margherito ha introdotto la parola «sindacato» nel verbale di un'udienza nell'aula del Tribunale militare. L'ufficiale ventiseienne ha trascorso la sua prima mattinata di libertà provvisoria davanti ai giudici, sostenendo un interrogatorio attraverso il quale ha ricostruito la sua attività per il rinnovamento del corpo di pubblica sicurezza, ha raccontato le sue giornate di malessere nella caserma del Secondo raggruppamento Celere di Padova. Anche oggi la gente si assiepa dietro la transenna, per seguire le fasi più significative di questo processo. Salvatore Margherito appare abbastanza disteso, mentre si accosta alla pedana per affrontare la lunga serie di domande. Il presidente, generale Alessandro Maggiora, gli ricorda che ha anche la facoltà di non rispondere. «Se invece intende parlare, si sieda e cominci pure». Naturalmente, il capitano vuole parlare. Comincia con calma, poi a tratti accende il fuoco della polemica nello scambio di battute, soprattutto con il procuratore militare Stefano Attardi. Altre volte, nell'impegno gravoso di scrollarsi di dosso le accuse, procede con estrema cautela, in particolare per quanto riguarda certe sue dichiarazioni riportate da un paio di giornali. Ma quello che Salvatore Margherito porta avanti con molta decisione è il discorso sull'avvento del sindacalismo tra le forze di polizia. Il presidente domanda al giovane ufficiale quali siano gli argomenti a sua discolpa. E Margherito respinge prima di tutto l'addebito di attività sediziosa, quello che gli fa carico di avere svolto opera diretta «a suscitare malcontento per la prestazione del servizio alle armi». E a questo punto l'interrogatorio si fa più fitto. Presidente — Nel capo d'imputazione si precisa che lei ha tenuto contatti con singoli e con gruppi di militari inferiori. Allora, non ci sono stati questi approcci, queste riunioni, questi capannelli, come li si voglia chiamare? Margherito — Io non ho mai svolto un'attività di questo genere nell'interno, della caserma. Però là dentro il malcontento c'era: io non ho fatto che percepirlo, non si trattava certo di proteste provocate da me. — Senta, ma è vero che lei ha sostenuto l'opportunità che il Secondo raggruppamento Celere non venisse im¬ piegato in servizi fuori della sua sede? — Questo no, non ricordo di averlo mai detto. — Ed è vero che lei disse, parlando con alcuni dei suoi uomini, che «le poltrone bisogna tenerle calde, in attesa di arrivare al sindacato»'? — Ma com'è possibile? do-1 mando io. Queste sono addi-1 rittura fantasie: io sanno tutti j che semmai io facevo discorsi | contrari a quello che lei mi ri- \ ferisce. Non è nel mìo stile parlare così, glielo assicuro. — Si sostiene anche che durante certi colloqui il capitare Margherito abbia invitato agenti a partecipare ad alcune riunioni a livello naziona'p, in cui si sarebbero discussi «problemi della categoria». — Questo lo nego decisamente. — Ha stabilito, comunque, rapporti con rappresentanti di fabbrica o movimenti studenteschi, per assicurare loro la vostra solidarietà? — Ma no: l'unico incontro che ho avuto è stato quello con l'onorevole Fracanzani. Ma Salvatore Margherito, oltre che dei suoi contatti per propiziare il sindacalismo nella polizia, intende parlare di qualcos'altro. Vuol raccontare di certe vicende inquie- tanti: racconti dai quali esce malconcia l'immagine del Secondo raggruppamento Celere di Padova. Il capitano, insomma, passa senza esitazioni dalla difesa all'attacco, e dà fuoco alle polveri: dichiarazioni di cui aveva già dato un saggio durante uno degli di interrogatori nel carcere Peschiera del Garda. «Vuole sentire una storia? — dice Margherito rivolto al presidente —. Ascolti: a Trie- ste, mentre si faceva un servizio per un comizio di Almirante sugli accordi per la zona B, un brigadiere rifilò una manganellata a un fotografo, con tale violenza da spaccargli la testa da qui fin qui. Poi si scoprì che quel tale era stato mandato sul posto dal ministero dell'Interno. Così, si decise di riparare in fretta e furia: si venne ad un accordo per un risarcimento di circa due milioni di lire». Mentre il pubblico mormora Salvatore Margherito intensifica la sua offensiva. «Un altro esempio, signor presidente. A Ferrara, non so dir bene in quale occasione, c'era un corteo. Ricordo che rimasi meravigliato, perché vidi schierati insieme giovani di Lotta continua, esponenti di Potere operaio e dimostranti democristiani con le bandiere bianche. Qui, dissi, il compromesso storico è già cominciato». Ma non è per questo che l'ufficiale di polizia riferisce della vicenda. Dalle dichiarazioni di Margherito si apprende che un certo brigadiere di polizia fronteggiò l'avanzare della colonna di manifestanti fischiettando «Faccetta nera». «Loro — racconta il capitano — risposero intonando l'Internazionale. Allora, io mi feci incontro a quei ragazzi e chiesi loro scusa per l'incredibile comportamento del sot- J tufficiale». Non è finita. Salvatore Margherito ha qualcosa da diri anche a proposito dell'impiego del contingente del Secondo reparto Celere tra i terremotati del Friuli. «Nel partire ci si dimenticò delle ruspe, delle fiamme ossidriche, ma nessuno trascurò i manganelli». Presidente — Che significa? Mi spieghi un po' meglio questa faccenda. Margherito — Ma mi sembra già abbastanza chiara. — Per me, invece, è davvero incomprensibile. — Insomma, noi dovevamo soltanto occuparci di dar la caccia agli sciacalli, mentre c'era ben altro da fare. Si torna al punto di partenza, che per Margherito è «sindacalismo» e per il procuratore militare «attività sediziosa». Nel descrivere qualche suo contatto con giornalisti, l'ufficiale riprende un tono strettamente difensivo, a volte opponendo il silenzio alle domande del presidente. Il capitano nega di aver usato il termine «ammutinamento» durante uno di quei colloqui. Salvatore Margherito respinge seccamente anche l'accusa di diffamazione, a proposito delle lettere di protesta apparse su Lotta Continua. Resta l'imputazione di «violata consegna», per quelle sette fionde metalliche che andarono a far parte del «materiale antiguerriglia» in occasione delle manifestazioni a Milano per il sesto anniversario della strage di piazza Fontana. Il capitano ammette di aver portato con sé quegli arnesi. «Ma non li acquistai di mia iniziativa: mi era stato ordinato, come espediente, da un superiore del quale mi rifiuto di fare il nome ». Giuliano Marchesini J I Milano. Il capitano di ps Salvatore Marghcrito si consulta con il difensore, avv. Melimi

Luoghi citati: Ferrara, Friuli, Milano, Padova, Peschiera Del Garda