L'ultimo film di Stanley Kubrick, in prima assoluta

L'ultimo film di Stanley Kubrick, in prima assoluta L'ultimo film di Stanley Kubrick, in prima assoluta Barry, avventuriero simpatico Ispirato al romanzo in parte autobiografico di William Makepeace Thackeray, su uno sfondo settecentesco Barry Lyndon di Stanley Kubrick, con Ryan O'Neal, Marisa Berenson, Patrick Magee, Hardy Kruger. Americano, colore. Cinema Olimpia. Al suo decimo film Stanley Kubrick (// dottor Stranamore, Odissea nello spazio, Arancia meccanica) si è come riposato in un alto saggio di cinema figurativo. Barry Lyndon si ispira alle Memorie di Barry Lyndon, romanzo minore di William Thackeray (1811-1863), pubblicato in volume nel 1856, ancora pervaso di umore settecentesco e posto sulla scia del grande Ficlding e del suo classico Tom Jones. 11 romanzo è l'autobiografia, il film la biografia di un avventuriero irlandese di nome Redmond Barry che in lungo volgere di anni e di casi conosce la buona e la cattiva sorte. Innamorato di una sua cugina, ne sfida a duello un rivale più fortunato e lo uccide o almeno crede. Spaventato si arruola nell'esercito inglese dove serve nella guerra dei Sette Anni, senza però intenzione di durarci un pezzo. Rubata l'uniforme e le credenziali di un ufficiale che deve compiere una missione presso l'alleata Prussia, si trasferisce colà, ma e smascherato e aspramente punito come disertore. Ma la fortuna, che gli vuol bene, fa si che compiendo un atto di coraggio egli torni a galla con incarichi diplomatici antispionistici, in grazia dei quali si trova finalmente fuori dell'esercito in un mondo dorato di gaudenti e giocatori. Questo è il momento per Barry di soddisfare alla sua massima ambizione: diventare un gentiluomo. Ma l'osso è duro. Messi gli occhi sulla bella Lady Lyndon, quand'cl- la rimane vedova la sposa, aggiungendo al suo nome quello di lei, e avendone poi un bambino che adorerà. Ma circa l'essere nominato lord, niente da fare: il re non ci sente da quell'orecchio e poi Barry ha contro di sé l'odio del figliastro, il vero lord Lyndon, che da piccolo aveva assaggiato il suo staffile. Comincia di qui la parabola discendente dell'eroe: spesa inutilmente una fortuna per acciuffare il titolo, la famiglia va in dissesto. L'adorato figliuolo muore per un incidente equestre dopo due giorni d'agonia; il figliastro sfida il patrigno, e ingenerosamente, drefmsdpdtpipsmsc dopo esserne stato graziato. Io ferisce a una gamba che gli dovrà essere amputata. Non l'arresto per falso e debiti, come nel libro, ma il suo allontanamento dal castello dei Lyndon con l'elemosina di 500 ghinee l'anno, conclude le peripezie di questo avventuriero dal tratto cinico e soddisfatto, ma tutto sommato umanamente simpatico. Noi siamo andati di trotto; ma il film è invece tutto quanto al passo: al passo d'un regista che si scopre appassionatamente innamorato della forma. Kubrick ha saputo vedere nel paesaggio e nel costume settecentesco inglese co- mfipcurdsrtlgtanKn me pochi hanno fatto; e il suo film è una galleria di quadri uno più incantevole dell'altro, dove anche le punte ideologiche contro un secolo ferocemente classista, risultano smussate. Se non ci si dispone a seguire Barry Lyndon, sceneggiato e prodotto dallo stesso regista, col medesimo spirito contemplativo con cui l'ha condotto l'autore, si rischia di trovarlo lungo (e lungo 6) e qua e là irritantemente prolisso, con un ritmo appena segnato dal battere delle nostre ciglia. Come dire che per l'occasione, Kubrick si è completamente rinnovato (altri dirà svuotato), annullando gli effetti particolari (e sa il cielo di quali effetti egli è di solito capace) nell'effetto superiore della composizione; una composizione squisitamente perfetta in tutti i particolari, di immagine, suono, scenografia, costumi, ecc. E tutto questo senza bellurie, senza neppur sognarsi di contribuire al luogo comune d'un secolo grazioso e lezioso, che anzi in fondo a Barry Lyndon stagna, come forse sarà nel Casanova di Fellini, il tedio dell'età vitalistiche, e i toni prevalenti, in tanta serenità di pittura, sono l'acre e il marcescente (si vedano quelle maschere imbellettate di giocatori e di lord). Elogiati, dopo l'artefice principale, i secondari (il fotografo Alcott, lo scenografo Ken Adam, i costumisti Ulla-Britt Soderlund e Milena Canonero, il musicista Rosenman), resta da dire dell'interpretazione che trova in Ryan O' Neal (l'interprete di Paper Moon di Bogdanovich) un protagonista d'incisiva sobrietà e una sua degna compagna nella scultoria Marisa Berenson (Morte a Venezia, Cabaret) pronipote del grande critico d'arte di quel nome. Vivido poi il coro dei moltissimi che popolano il vasto affresco, donde risuona, come « voce » del narratore quella di Romolo Valli. Chi dunque al cinema vuole prevalentemente « vedere », si faccia sotto. Leo Pestelli I due protagonisti del film: Barry Lyndon (Ryan O'Neal) e la moglie Lady Lyndon (Maria Berenson) Marisa Berenson nelle vesti di Lady Lyndon

Luoghi citati: Prussia, Venezia