La Cina ai partiti comunisti di Alberto Cavallari

La Cina ai partiti comunisti La Cina ai partiti comunisti (Segue dalla 1* pagina) possono dedurre un'informazione. I cinesi sanno benissimo che, dopo la rottura con lTJrss, Roma non volle la loro condanna. Ma sanno anche che Roma non li difese, che criticò lo scisma come una colpa di Pechino, e pertanto non accettano Y«irenismo» italiano e francese. Ciò che vogliono è una riapertura del dibattito ideologico, una verifica che l'autonomia «eurocomunista» dallTJrss sia davvero accompagnata da diverse valutazioni del problema cinese. Non esiste solo una questione di rancore per l'isolamento in cui la Cina fu lasciata dopo la rottura con lTJrss da tutti i partiti d'Occidente e d'Oriente. Anche successivamente, mentre Pechino supeiò le immense difficoltà della crisi, l'atteggiamento dei comunisti europei è stato abbastanza «bianco» da impedire una facile distensione. Ancora recentemente, un dirigente italiano diceva che solo la morte dei «vecchi», come Mao, avrebbe consentito un cambiamento politico cinese. Né bisogna dimenticare l'enorme quantità di problemi accumulati sulla linea del divorzio tra occidentali e cinesi. A parte lTJrss, sono aumentate le ragioni di conflitto «oggettivo» perché due modi di vedere si contrastano circa la distensione, la dittatura del proletariato, la costruzione del socialismo, il modello economico di sviluppo. Staccandosi dallTTrss, gli «eurocomunisti» non vanno certo verso Fechino. Vanno verso una j-crta di socialdemocrazia di sinistra. Esiste infatti (come negli Anni Venti) una nuova questione Oriente-Occidente. Am¬ messo che la Cina, col suo scisma, abbia aperto la strada dell'autonomia agli eurocomunisti, questo è il solo pun-1 to di contatto che vi può essere tra Roma e Pechino. Quanto al resto tutto divide, invece di avvicinare. Né si può certo trovare nessuna assimilazione tra il rapporto Berlinguer e il X Congresso cinese. Via via che divergono da Mosca, cinesi ed eurocomunisti s'allontanano anzi sempre di più, in una evoluzione che rispecchia due mondi diversi, due storie diverse, due partiti diversi, e destinati ad essere più diversi, dato che Roma predica «il riformismo approfondito» e Pechino la «rivoluzione ininterrotta». Dopotutto, il rifiuto cinese dei messaggi è un gesto di radicalismo maoista molto coerente. Per quanto irritante, ricorda che i problemi del nazionalismo comunista non si risolvono a colpi di telegrammi, e che la crisi dell'Internazionale comunista non si arrangia con un funerale. Maturata all'inizio del secolo, la questione Oriente-Occidente si è allargata infatti con la Ci- j na in una triplice dimensione. La riscoperta del nazionalismo da parte dei comunisti ha rimescolato tutte le carte. Pertanto è superficiale attendersi una ricomposizione rapida dei conflitti mentre la lotta per la successione impone ai dirigenti manifestazioni più zelanti di prima. Ma è altrettanto superficiale attenderla subito dopo la succes- ! sione, quando si scoprirà che i i Mao muoiono ma le «vie na- j zionali» restano. Gli stessi marxisti, come Hosbawm, hanno già avvertito che il co-1 munismo dovrà fare i conti còl nazionalismo «come e for- i se di più delle società borghe- j si». Alberto Cavallari '

Persone citate: Berlinguer, Fechino, Hosbawm, Mao