Perché l'ira in Corsica di Francesco Fornari

Perché l'ira in Corsica Le richieste dell'isola non accolte da Parigi Perché l'ira in Corsica (Dal ncstro inviato speciale) Ajaccio, 13 settembre. Una pioggia uggiosa rende ancora più esasperante l'attesa per quei turisti (oltre 1700 ad Ajaccio, 1500 a Bastia, circa 1000 a Propriano) bloccati sull'isola dallo sciopero dei narittimi francesi. I traghetti sono rimasti all'ancora nei porti del continente (Marsiglia e Tolone), i sindacati hanno dichiarato che l'agitazione si protrarrà a tempo indeterminato, i marittimi corsi hanno dato la loro solidarietà ai colleghi continentali, turisti hanno preso d'assalto gli aerei (già tutti prenotati fino al 15 settembre), chi non è riuscito a partire, vale a dire la maggioranza, ha occupato le stazioni marittime in segno di protesta. Altri sono andati in delegazione dai prefetti di Ajaccio e Bastia per chiedere che vengano presi provvedimenti. L'esplosione che ha distrutto martedì sera il «Boeing 707» dell'tiAir France» sulla pista dell'aeroporto di Campo dell'Oro è ormai un ricordo lontano, i giornali locali non ne parlano più, le autorità si preoccupano di fronteggiare in gualche modo la situazione che si è creata con la paralisi del traffico marittimo. Mi diceva un collega di Corse Matin: «Questo è un tipico fatto mediterraneo: la collera è esplosa all'improvviso, rapida e violenta, poi tutto si placa e in un paio di giorni si dimentica». Ora, dell'attentato non parla più nessuno, i paiiiiiiiiimiiiiiiiiiiimmniiiiiiiiiiiiiimimiiiiii : rentì dei diciannove autono misti arrestati e trasferiti a Marsiglia aspettano tranquilli il loro ritorno (qualcuno è già stato rimesso il libertà dopo l'interrogatorio del magistrato), gli autotrasportatori corsi, la cui manifestazione di protesta per l'arresto di un loro rappresentante è stata all'origine della drammatica vicenda conclusasi con la distruzione del velivolo da parte di un «commando» del Fine, hanno ripreso il lavoro, la carcassa del «Boeing» è stata portata via, gli agenti del Crs inviati da Parigi non si fanno vedere in giro. Il Fine, dopo aver rivendicato la paternità dell'attentalo, tace. Chi si aspettava un proclama di Max Simeoni, il rapo del movimento clandestino fuggito sui monti due settimane fa dopo aver fatto saltare la cantina di un «pied noir» ad Agghioni, è rimasto deluso. Eppure, sull'isola sono in molti a credere che l'assalto all'aeroporto sia stato voluto, se non addirittura guidato, da Simeoni, quasi come un tragico monito per tutti coloro che sembrano aver dimenticato le drammatiche giornate dell'agosto e del settembre dell'anno scorso, quando il sangue è stato versato in Corsica, tre agenti sono stati uccisi, parecchi sono rimasti feriti, gli autonomisti avevano ingaggiato battaglia per le strade con le forze dell'ordine. Dopo quei fatti, Max Simeoni aveva detto che ormai era impossibile riportare la lotta sul piano politico, i suoi giovani seguaci, esaltati dalla «vittoria» (se può chiamarsi vittoria l'aver ucciso dei compatrioti), affermavano che la parola spettava ormai «soltanto alle armi». Poi la bufera si era placata: qualche isolato atto di violenza, qualche attentato, episodi che rientrano ormai nella normale «routine» di quest'isola travagliata e ai quali più nessuno sembra prestare troppa attenzione. E nessuna speranza. Ingiustizie economiche e promesse governative mai trasformate in realtà sono alla base del malcontento corso. In origine, il problema è soltanto economico: la Corsica importa dal continente quattro volte di più di quanto vi esporti; per far venire un pezzo di ricambio per una macchina da Nizza o da Marsiglia bisogna aspettare quasi un mese; per mancanza di attrezzature negli ospedali dell'isola, i feriti negli incidenti stradali in molti casi devono essere trasferiti a Nizza o Tolone; il tasso di disoccupazione è del 4,8 per cento, il più alto di tutti i dipartimenti francesi: il 95 per cento dei giovani è costretto ad andare a cercar lavoro altrove, ad «emigrare» sul continente. Non esiste neppure un'università, promessa da un secolo e mai costruita; la Corsica è la regione più cara della Francia, il costo della vita «è superiore del 20-30 per cento rispetto al continente» «perché siamo costretti ad importare tutto e i trasporti costano cari», spiegano alla Camera di commercio di Ajaccio. Per anni i corsi sono stati costretti ad emigrare: fin che c'erano le colonie le cose andavano bene, ma adesso non sanno più dove andare e, d'altra parte, i giovani non vogliono più lasciare l'isola, vogliono trovare il lavoro qui, a casa loro. Ma questo è praticamente impossibile: il turismo, la principale risorsa della Corsica, è in mano agli «stranieri». I grandi alberghi, i migliori ristoranti, i villaggi delle vacanze del «Club Mediterranée» sono gestiti da società parigine e da agenzie tedesche, che importano quasi tutto dal continente e impiegano poca manodopera locale. Anche il commercio è controllato dal di fuori e le compagnie francesi «Air France» e «Transat» detengono il monopolio dei trasporti tra l'isola e la madrepatria. Francesco Fornari

Persone citate: Bastia, Max Simeoni, Simeoni