Roma storica e sacra

Roma storica e sacraRoma storica e sacra Roma storica e sacra Ernesto Nathan che all'inizio del secolo fu il primo sindaco laico di Roma, nel suo discorso di insediamento in Campidoglio disse fra l'altro una bella sciocchezza, e cioè che la cupola di San Pietro non era che «il frammento di un sole spento caduto dal cielo della storia». Fu un eccellente sindaco, peraltro, ma ciò dimostra che non sempre le capacità e l'onestà di un pubblico amministratore sono pari alla sua apertura culturale. Il secondo sindaco laico di Roma, professor Giulio Carlo Argan, è molto più avveduto: quando a sua volta si insediò in Campidoglio il mese scorso disse infatti che Roma è città internazionale «non solo perché è la sede del papato, ma perché, dal Cinquecento almeno, è uno dei grandi centri della cultura mondiale». E' un punto fermo del pensiero di Argan questo richiamo all'esistenza di una duplice tradizione romana — la civile e la religiosa — ed egli è da approvare perché il «carattere sacro» della città — imprudentemente sancito nel Concordato e inopportunamente recepito dalla Costituzione — è un concetto che può imbarazzare. A prenderlo sul serio, avremmo una capitale da noverarsi nel rango dei santuari; e a non tenerne conto (come di norma accade) si fa torto ad un tempo allo Stato e alla Chiesa. Così, lo scorso mercoledì 8 settembre, essendosi trovato nella basilica dell'Ara Coeli con il cardinale vicario Ugo Poletii per la messa in memoria dei caduti nella difesa di Roma, Argan ha definito l'incontro come «la convergenza degli esponenti di due tradizioni di Roma, quella civica e quella religiosa, su un evento storico, sacro per ambedue, che si commemora oggi con eguale sentimento da una parte e dall'altra». Nathan, sicuramente, non avrebbe saputo esprimersi così bene. Era un massone, quindi partecipe di concezioni anticlericali intransigenti, le quali mancano affatto nel bagaglio programmatico dei comunisti dai quali Argan è stato eletto. Allo stile di Nathan si ispiravano piuttosto quei radicali che hanno contestato la celebrazione nell'Ara Coeli, «strumentalizzata dal pei ai fini della sua politica neoconcordataria», laddove Argan è stato di un candore, direi di un'innocenza che neppure Paletti, cardinale vicario e campione di prima fila nella battaglia contro il comunismo, potrebbe misconoscere. E così, abbandonale da una parte e dall'altra le aggressioni polemiche, la cerimonia nella basilica capitolina si è svolta in un'atmosfera proprio esemplare per dignità e tolleranza reciproca. L'Ara Coeli, del resto, è un ideale luogo d'incontro fra le due tradizioni di Roma. Ha ricordato su La Repubblica Luigi Accattoli, che in quella Chiesa, che apparteneva al Senato e al popolo romano, nel Medioevo si riuniva a legiferare il parlamento degli anziani. Qui tenne i suoi comizi Cola Di Rienzo, qui celebrò il suo trionfo Marcantonio Colonna che aveva guidato la flotta pontificia nella battaglia di Lepanto. Ancor oggi patrono della Chiesa è il Comune di Roma, il cui stemma figura sul portale accanto a quello pontificio. «Come sindaco di Roma — ha detto Argan cosciente dei suoi doveri di semipadrone di casa — non ho mai pensato neppure per un momento di abolire questa cerimonia religiosa che da trentatré anni qui si celebra». Nonostante la giunta rossa, si può dunque continuare a pregare sul colle capitolino in memoria dei caduti nella battaglia dell'8 settembre contro i tedeschi a Porta San Paolo; d'altro genere è il rito che probabilmente non vi si ripeterebbe alla presenza di un sindaco comunista. Alludo a quello che fu celebrato nell'Ara Coeli per la conclusione del mese mariano del 1948, a quaranta giorni dalla vittoria democristiana del 18 aprile. Era anche il sesto centenario della liberazione dalla peste (quella narrata dal Boccaccio nel Decamerone) e tutto il popolo romano nuovamente salvato da un flagello fu per riconoscenza solennemente consacrato alla Madonna. Niente di male, si dirà, poiché ciascuno è libero di consacrarsi a chi vuole: ma il guasto lo fece allora l'irruente predicatore gesuita padre Riccardo Lombardi, alias microfono di Dio, che si gettò ad argomentazioni politiche degne di un moderno crociato che abbia fatto proprie le arti dell'inquisizione. Non è nemmeno il caso di citare passaggi del suo truce discorso di allora, per non turbare la serenità che oggi sembra felicemente regnare nei rapporti fra gli esponenti delle due tradizioni di cui parla Argan. Ostenta serenità anche l'Osservatore Romano scrivendo: «La sacralità di Roma vive in una sfera di sentimenti e di comportamenti che l'odierna civiltà secolarizzata sempre più è portata ufficialmente ad ignorare. Tali valori non per questo non esistono e non esprimono il volto immutabile di Roma cristiana e cattolica: essi restano al di là delle alternative della storia». E' come dire che non è il caso di preoccuparsi in maniera eccessiva per la presenza di una giunta rossa in Campidoglio: passerà anche questa, sembra volere far intendere il quotidiano della Santa Sede. Nel frattempo, a buon conto, si pongono problemi di cortese coabitazione, ed il sindaco Argan ha preso l'iniziativa di affrontarli per risolverli. Ha già avuto uno scambio di lettere con il Vaticano, e le sue missive «hanno ricevuto un'accoglienza molto garbata che apre la via a contatti ulteriori». Lo scopo da raggiungere è un'udienza che il Papa dovrebbe concedere al sindaco: Argan ha detto di ritenere «necessario» l'incontro, ma ha aggiunto subito che «ci si sbaglierebbe gravemente considerandolo come un gesto di simpatia della Chiesa verso la sinistra o come una conversione della sinistra nei riguardi della Chiesa. Noi chiediamo semplicemente relazioni fra due istituzioni che hanno numerosi problemi in comune». Questo si legge in un'intervista che il sindaco rosso ha concesso a Le Monde, ed è un nuovo richiamo alle due insigni tradizioni che Roma esprime. Sarebbe quindi giusto conciliarle componendole in maniera elevata: ma se il Papa fa tanto di ricevere il sindaco comunista di Roma, si sentiranno strilli anche più acuti di quelli che si alzarono quando Papa Giovanni ricevette Agiubei. Ed oggi, per di più, già batte la campagna il terribile vescovo scismatico Lefebvre.