L' incubo del gelo sui sinistrati

L' incubo del gelo sui sinistrati Si vive ancora nelle tende mentre l'inverno si avvicina L' incubo del gelo sui sinistrati " Entro settembre — si diceva — saranno in funzione le prime casette di legno ": una speranza vana - Grave la situazione dei vecchi che non vogliono muoversi dalla loro terra (Dal nostro inviato speciale) Udine, 11 settembre. Il peggio — è timore diffuso in Friuli — deve ancora arrivare. Mentre la brutta stagione si avvicina a rapidi passi, ogni temporale impedisce agli operai di lavorare, di fare gli scavi per gli acquedotti e gli allacciamenti per l'energia elettrica, di preparare 1 basamenti in cemento su cui erigere i prefabbricati. Così si diluiscono i tempi della ricostruzione, si allontanano i traguardi che un mese fa sembravano a portata di mano. Entro settembre — si diceva — saranno in funzione i primi villaggi, le prime casette di legno. Una speranza. Adesso si ha la certezza de; contrario: le attese sono state ancora una volta deluse. Ritardi burocratici, manchevolezze organizzative e imprevidenze politico-amministrative hanno compromesso una situazione che l'inverno minaccia di rendere irreparabile. A più di quattro mesi dal terremoto, oltre trentamila persone sono costrette a vivere nelle tende in condizioni inumane. « Mi vlen voglia di piangere ma non c'è tempo nemmeno per questo », scuote la testa Antonio Sacchetto, sindaco di Venzone. Davanti al municipio (una baracca spoglia, eretta all'esterno delle mura medievali), c'è la coda dei postulanti. La gente cliiede aiuto e sicurezza per il futuro, stanze asciutte, un tetto che non lasci filtrare l'acqua. « E' pura illusione sperare nelle case prefabbricate — continua Sacchetto —. Dovevano essere pronte per questo mese; funzioneranno, forse, a fine ottobre se non In novembre. Per quella data dovremo aver risolto i nostri problemi. Come? Con roulottes o altri mezzi, più pratici e più sicuri delle tende. Li stiamo cercando disperatamente ovunque, speriamo che qualcuno ci dia una mano: non possiamo restare ancora nelle attuali condizioni ». Altri comuni hanno gli stessi problemi. Citiamo Gemona, Montenars, Taipana, Lusevera, Resiutta, Resia, Ragogna, Forgaria; ma si potrebbero fare decine di nomi. « E' soprattutto grave la situazione dei vecchi — spiega Salvatore Caffo, segretario comunale di Taipana — che non vogliono muoversi dalla loro terra ». Li ho visti. Aggrappati ai resti delle misere case, quattro muri di pietra, crollati sotto il terre¬ moto. « Qui sono nato e qui voglio morire », dice Giuseppe Macorig, 71 anni, che pure ha girato il mondo, è stato in Germania, ha fatto 11 minatore in Belgio. Come lui cento altri, soggiogati da un amore morboso per una terra pur avara di soddisfazioni. C'è il rischio che il freddo, la pioggia e l'umidità nel precari attendamenti sorti all'Indomani del 6 maggio provochino più vittime del terremoto. Lo temono i medici e gli amministratori locali, impotenti di fronte alle dimensioni del dramma. Gli ospedali traboccano. Finora le iniziative concrete sono state molto scarse, frutto soprattutto del contributo privato, della generosità dei singoli, dell'abnegazione degli alpini (hanno risanato tremila case), della collaborazione garantita da Comuni e Regioni (preziosa quella di Torino e del Piemonte), dell'intervento di varie organizzazioni mondiali e di governi stranieri. Tra le tante iniziative si inserisce l'aiuto generoso e spontaneo dei lettori de La Stampa. La sottoscrizione popolare ha raggiunto un vertice mai prima toccato nelle raccolte promosse da Specchio dei tempi. Molti sindaci hanno già utilizzato per vestiti, coperte, viveri, medicinali, le somme che i nostri Inviati hanno messo a loro disposizione. Ma altri non hanno ancora impiegato il denaro, perché « ci saranno tempi più duri di quelli che abbiamo finora sopportato ». In qualche modo hanno potuto alleviare le sofferenze dei cittadini utilizzando ciò che In certi paesi è giunto in maniera più abbondante che in altri, cioè generi di conforto, roulottes, vestiario. Adesso però temono che l'ondata di partecipazione popolare possa esaurirsi e che il problema del Friuli venga accantonato e si premuniscono. Se il Friuli vie. ne lasciato in balla di se stesso è la fine, le conseguenze sarebbero fatali per una regione prostrata. Oggi il Friuli ha ancora bisogno della massima solidarietà, della collaborazione di ogni italiano, dell'intervento del governo, ma anche di quello che ogni singolo cittadino può dare. II Friuli non può e non deve essere abbandonato. Qui la terra trema ancora. Renato Romanelli

Persone citate: Antonio Sacchetto, Giuseppe Macorig, Renato Romanelli, Sacchetto, Salvatore Caffo