Tre leaders autonomisti còrsi arrestati e portati in Francia di Francesco Fornari

Tre leaders autonomisti còrsi arrestati e portati in Francia Le autorità di Parigi decìse a stroncare il terrorismo Tre leaders autonomisti còrsi arrestati e portati in Francia (Dal nostro inviato speciale) Ajaccio, 9 settembre. Un anno dopo la tragedia di Alèria — due gendarmi uccisi durante uno scontro a fuoco con Edmond Simeoni, uno dei capi del disciolto movimento dell'Are (Azione per il riconoscimento della Corsica), ed una trentina di suoi seguaci — e dopo la notte sanguinosa di Bastia, durante la quale poliziotti e dimostranti si erano dati battaglia per le strade (un gendarme ucciso, parecchi feriti), gli autonomisti corsi hanno ripreso le armi. Due settimane fa Max Simeoni, fratello di Edmond, in carcere per il duplice omicidio degli agenti, ha assaltato con alcuni compagni la cantina di un «pied noir» ad Agghione e l'ha fatta saltare con la dinamite. Era la notte del 22 agosto: esattamente un anno prima Edmond Simeoni aveva assalito la cantina di un altro «pied noir» per protestare contro il trattamento di favore che il governo francese riserva ai profughi d'Algeria insediati d'imperio nelle campagne còrse, mentre rifiuta qualunque provvidenza agli agricoltori dell'isola. Dopo l'attentato, Max Simeoni è fuggito sui monti accompagnato da molti dei suoi, ma non è restato di certo con le mani in mano: l'attacco al «Boeing 707» dell'Air Prance, fatto saltare in aria martedì sulla pista dell'aeroporto di Ajaccio da un gruppo di uomini armati e rivendicato poi dal Fine (Pronte di liberazione nazionale corso), se non è stato eseguito materialmente da lui stesso, porta la sua firma ed è stato indubbiamente voluto e progettato dal capo della fazione più turbolenta degli autonomisti, deciso a vendicare la condanna del fratello ed a riaffermare, nel più pericoloso dei modi, il desiderio d'indipendenza dei corsi. Questo, almeno, è il pensiero ricorrente delle autorità, le quali sospettano anche che sia stato proprio Simeoni ad architettare la clamorosa protesta del camionista Jacques Fieschi, presidente del sindacato autotrasportr tori, il quale otto giorni fa si è presentato armato di fucile al pontile d'imbarco di un traghetto ordinando che il suo camion venisse imbarcato e reagendo con due fucilate al diniego del comandante. Arrestato e condannato a 15 giorni di prigione, Fieschi (amico intimo dei fratelli Simeoni, si trovava accanto ad Edmond durante i fatti di Alèria) è diventato un simbolo per tutti gli autotrasportatori dell'isola (affermano di essere boicottati durante le operazioni d'imbarco, perché viene sempre data la precedenza ai trasportatori del continente), che martedì hanno organizzato una dimostrazione contro il suo arresto, culminata con l'occupazione dell'aeroporto di Campo dell'Oro e la fulminea azione del «commando» che ha distrutto il Boeing con la dinamite. Oggi Ajaccio sonnecchia tranquilla sotto il sole: la vita hr ripreso il ritmo normale, corso Napoleone è affollato di gente, le vetrine sono piene di merci, i gendarmi che per tutta la notte avevano pattugliato la città con le armi imbracciate, sono rientrati nelle caserme superaffollate per l'arrivo di oltre 1500 agenti del Csr (Corpo di sicurezza repubblicana) mandati in gran fretta da Parigi. Ma il fuoco cova sotto la cenere, la calma è soltanto apparente, da un momento all'altro la quiete può essere scossa dal rumore di qualche esplosione. La dinamite è l'arma preferita dal Pine: anche stanotte un ordigno è esploso davanti alla stazione marittima, nel centro della città. Ormai ogni possibilità di dialogo fra il governo e gli autonomisti sembra essere definitivamente tramontata. Si ragiona in termini di attentati e di repressione. Oggi il prefetto della regione, vJean-Etienne Riolacci, parlando con i giornalisti, ha detto di aver ricevuto «istruzioni categoriche» perché simili manifestazioni «che degenerano sempre nella violenza» non si ripetano; ha aggiunto che «non tollererò più questo piccolo gioco, che consiste nel recitare la parte dei buoni apostoli mentre si attizza il fuoco con l'altra mano». Ed ha concluso: «La legge della Repubblica sarà applicata senza debolezza». I risultati seguiti alle (•istruzioni categoriche» di Parigi non si sono fatti attendere: diciannove persone sono state arrestate e trasferite a Marsiglia con un aereo militare e sono guardate a vista negli uffici della polizia giudiziaria. Tra gli altri ci sonc tre importanti dirigenti dei movimenti autonomisti: Dominique Alfonsi, del Ppac, Toussaint Armani, di «Strada corsa» (sindacato degli autotrasportatori) e Jean-Marie Renucci, membro influente dell'Ape (Associazione di patrioti corsi) che ha preso il posto dell'Are (Azione per il riconoscimento della Corsica) sciolto dal governo il 28 agosto dell'anno scorso. Se si tiene conto che i «capi storici» dell'autonomia corsa, i fratelli Edmond e Max Simeoni, si tiovano l'uno in carcere, l'altro alla macchia, si potrebbe pensare che con questi ultimi arresti il Movimento non ha più alcun rappresentante ufficiale. Privo di capi, starebbe dunque per soccombere, imbottigliato in quello che il prefetto Riolacci ha definito «un cul-de-sac ideologico»1? Ho parlato per telefono a Bastia con Lucien Alfonsi, portavoce dell'Ape, il quale ha af- j fermato che «il Movimento i possiede una sua dinamica che va oltre le questioni della I personalità». Come dire che, i con o senza capi, può proseS guire la lotta. : Rifiutandosi di commentaI re l'attentato dell'aeroporto . di Ajaccio, Alfonsi ha precisai to che l'Ape «non è un movi| mento clandestino, non rap presenta una minoranza. Al ' Congresso del 22 agosto scor- i so sono infatti intervenute più I di S mila persone». Se l'Ape ! agisce a viso scoperto, esistono però altri gruppi clandestini che lavorano nell'ombra e, rifiutando l'alternativa politica, hanno scelto la via del ter'. rorismo. Il Fine è il più agI guerrito: si serve di « comì mando» ben armati (possie' dono anche lancia-bombe, di | provenienza misteriosa ed in l certa: secondo alcuni sareb- I bero stati forniti dalla Cia, altri sostengono che arrivano dalla Libia) che compiono attentati dinamitardi, rapimenti, imboscate. Nei loro quadri ! militerebbero molti membri j dell'Oas, ben addestrati alla guerriglia. Qualcuno li ha già battezzati i «palestinesi corsi». Su un muro ho letto una scritta minacciosa e terribile nella sua drammatica realtà: «Corsica come Beirut». Le autorità continuano a minimizzare gli incidenti, sostenendo che il Fine rappresenta soltanto una minoranza estremi sta e rivoluzionaria che non ha seguito. Ma intanto i turisti stranieri si affrettano a partire, i commercianti non nascondono la loro paura. Qualcuno tenta addirittura di sdrammatizzare la situazione ricorrendo a puerili menzogne. Come l'autista del taxi che mi ha portato in albergo dall'aeroporto. Quando gli ho fatto qualche domanda sul; l'attentato al Boeing, mi ha risposto serio ed irritato: «At tentato? Ma lei è matto. E' ' stato un incidente: un corto circuito nei motori che ha provocato un incendio. Qui, in Corsica, non si fanno attentati, tutto è tranquillo». Francesco Fornari