Il controllo è reso difficile dalla scarsa organizzazione

Il controllo è reso difficile dalla scarsa organizzazione Aziende pericolose e tutela della salute Il controllo è reso difficile dalla scarsa organizzazione Mentre la Regione fa il censimento, altri enti, tra cui la Provincia, lo hanno pronto da tempo - Formare personale qualificato - Due commissioni per i diserbanti Se soltanto 10 Comuni del Piemonte hanno compilato l'elenco delle industrie pericolose come si può pretendere che gli enti locali esercitino quel controllo che dovrebbe evitare il verificarsi, in territorio piemontese, di fenomeni simili a quello di Seveso? E anche ammesso che una ditta denunciasse chiaramente al Comune nel quale agisce il proprio processo produttivo, chi dovrebbe controllarlo? E chi deve controllare i recipienti nei quali avviene la lavorazione? Queste ed altre domande sono emerse ieri all'assessorato Sanità della Regione, nell'incontro che l'assessore Enrietti ha avuto con tecnici, medici, ufficiali sanitari e, In genere, enti preposti alla salute pubblica. La risposta è, per ora, unica: il Comune è responsabile. Ma anche qui ci sono difficoltà. Il Comune rilascia la licenza edilizia e di abitabilità, ma non quella di esercizio. La legge regionale impone una speciale licenza per gli scarichi liquidi, ma per gli altri 11 controllo è labile. Il direttore dell'Istituto di medicina del lavoro, prol. Rubino, l'ufficiale sanitario di Torino prof. Turletti, il rettore del Politecnico prof. Rlgamonti, il direttore dell'Istituto d'igiene prof. Vanini, il direttore dell'istituto di fisica tecnica del Politecnico prof. Ferro, 11 vicedirettore dell'Ente per 11 controllo della combustione, il dott. Bonente del Comitato regionale per la tutela della salute sui luoghi di lavoro e altri specialisti sono intervenuti nel dibattito, anche talvolta con toni polemici, ma la conclusione e unica: bisogna conoscere la situazione, bisogna fare l'elenco, bisogna fare 1 controlli. Un primo tentativo di censimento è già stato fatto e ne abbiamo dato i risultati mercoledì; ma Ieri si è scoperto (lo ha detto l'assessore provinciale all'agricoltura, Fenoglio) che la Provincia ha l'anagrafe industriale del proprio territorio, e comprende ben 2800 industrie. E' uno dei tanti casi in cui veramente gli enti pubblici sembrano ignorarsi a vicenda; ma 11 prof. Rubino ne ha indicati altri: dagli enti antinfortunistici alle Camere di commercio, assessorato all'ecologia, ministero della sanità, eccetera. Basta coordinare il loro lavoro e le loro informazioni, e allora 11 problema Informativo sarebbe risolto, almeno in parte. Ma rimane l'altro, ed è grave: che cosa producono realmente le aziende classificate come pericolose? Quali materiali usano? Non esiste un'etichettatura dei prodotti che vi si manipolano anche se il codice la prescrive; il segreto sul brevetto di lavorazione fa rischiare la denuncia per spionaggio industriale a chi parla. Il prof. Rigamonti ha ricordato che qualche anno fa nemmeno la Con- findustria, che aveva Interessato 11 suo istituto per un programma contro l'inquinamento da cromo, riuscì a farsi dare dalle proprie associate i documenti relativi al loro ciclo produttivo. Questo per dimostrare le difficoltà che attendono l'iniziativa appena avviata dalla Regione. Che sono infinite: anche la scala delle priorità dei rischi è tutta da fare; perché se è vero — ha detto ancora Rubino — che il rumore è un problema sociale, sordi si vive, sia pure male, mentre di veleni si muore. E dove intervenire? Dentro c Cuori la fabbrica? Per il prof. Ferro, il primo intervento va fatto all'Interno e anche questo comporta problemi non indifferenti, anche ui carattere economico. Ha ricordato che 11 progetto americano di ridurre di 5 decibel la rumorosità (da 90 a 85 db) è stato rinviato di due anni proprio per motivi finanziari. Comunque, censimento completo o no, la Regione ha già un elenco di 50 aziende nelle quali « sarebbe opportuno un sopralluogo ». Sono 19 in provincia di Torino (a Torino, Venaria, Borgaro, Caselle, Robassomero, Settimo, Leinì, Volpiano, Poirino, Orbassano, Beinasco, Meana, Susa Chivasso, Settimo Vittone, Perosa, Luserna); tre in provincia di Vercelli (a Ghislarengo, Cavaglià, Saluggia); 19 In provincia di Novara (Orta, Gravellona, Villadossola, Pieve Vergonte, Domodossola, Crevoladossola, Verbania, Baveno, Invorlo, Agrate, Marano Ticino, Cerano Terdobbiate); una in provincia di Asti a Cantarana; 9 in provincia di Alessandria (a Ozzano, Spigno, Pozzolo Formigaro, Arquata, Viguzzolo, Valenza, Quattordio). « Vogliamo intervenire posticamente — dice Enrietti — per controllare e dare suggerimenti, in base al nostro impegno politico per il potenziamento dell'igiene pubblica ». Su questo punto è stato piuttosto polemico il prof. Vanini lamentando che a queste « dichiarazioni di principio » non corrisponda poi un'effettiva preparazione degli operatori. Come si fa a convincere un giovane laureato In medicina a dedicarsi all'igiene pubblica quando un concorso per ufficiale sanitario promette 300 mila lire al mese mentre due ore di lavoro alla mutua ne assicurano almeno 800? Anche questo è uno dei tanti problemi che vanno risolti. Le dichiarazioni di buona volontà ci sono; ora bisogna però dare una dimostrazione sul plano operativo. + Altro problema scottante per la salute, quello degli erbicidi. E' stato esaminato in un incontro tra gli assessori alla sanità (Enrietti) all'ecologia (Fonio) all'agricoltura (Ferraris); hanno deciso di costituire due commissioni che devono fornire una serie di studi sulla cui base Intervenire presso il ministero. d. garb. prof. Rubino prof. Ferro