Il pensiero di Mao ancora da scoprire?

Il pensiero di Mao ancora da scoprire? Il pensiero di Mao ancora da scoprire? Come Lenin, Ho Chi Minh,' Castro ed altri dirigenti rivoluzionari, Mao Tse-tung è stato uno dei grandi interpreti delle profonde trasformazioni che hanno scosso il mondo nell'ultimo secolo: la ricerca di una maggiore giustizia sociale, il risveglio dei popoli oppressi, la decolonizzazione, gli sforzi per industrializzare i paesi economicamente arretrati, la nascita, l'ampliamento, e la differenziazione dell'area del socialismo. Al socialismo Mao ha fornito dei contributi che per alcuni sono stati determinanti, per altri (i sovietici, gli oppositori di Mao in Cina) costituiscono delle « aberrazioni » e che per altri ancora sono soprattutto un adattamento — attraverso il filtro del confucianesimo — dell'opera di Marx, ma che, in ogni caso, si sono rivelati di una importanza enorme per la storia della Cina e del mondo. Come Lenin, Mao ha svolto un ruolo essenziale nella fase della presa del potere del partito comunista. E' dagli scritti contemporanei di Lenin, in particolare, e dalle profonde ripercussioni che la rivoluzione bolscevica del '17 ha esercitato sugli ambienti intellettuali modernisti cinesi, oltre che dalle tradizionali rivolte contadine, che Mao ha imparato a fare la rivoluzione, ad analizzare i rapporti di forza in campo internazionale fra i diversi gruppi di potere in Cina, a vedere nella lotta di classe la spinta motrice della storia. Ma, a differenza di molti suoi compagni del partito, i quali, sotto l'influsso del marxismo e del bolscevismo, tendevano ad attribuire un'eccessiva importanza strategica al proletariato delle grandi città della costa, alle lotte sindacali, Mao capì ben presto che le masse rurali, oppresse dai grandi proprietari e dai « signori della guerra », prive di terra, avrebbero fornito la principale spinta rivoluzionaria. Per Mao, infatti, le città erano troppo presidiate dalle potenze straniere, troppo importanti per la nascente borghesia cinese e troppo dipendenti dagli assetti sociali nelle campagne per costituire il baricentro della rivoluzione. E fu l'analisi di Mao, la sua decisione di ritirarsi in una zona rurale difficilmente accessibile, che salvò il partito comunista cinese dalla completa disfatta, fra il '27 ed il '35, quando cioè Chiang Kai-shek scatenò contro i comunisti una repressione sempre più pesante. La Lunga Marcia, la resistenza ai giapponesi dalle regioni del Nord-Ovest, la guerra civile vittoriosa contro i nazionalisti, fra il '45 e il '49, condotte nelle campagne, non furono, però, delle guerre come tutte le altre; privi di cannoni, di aerei, situati in zone povere, i comunisti non avrebbero potuto combattere in maniera tradizionale. Mao perciò fu indotto ad elaborare una concezione profondamente diversa della guerra: una guerra di popolo, protratta nel tempo, vista non solo in termini militari, ma sostanzialmente nei suoi risvolti politici. Nella strategia militare di Mao era contenuta, infatti, una terza caratteristica della sua filosofia politica: Io sforzo di stabilire un diverso rapporto fra governanti e governati, fra i professioniti della politica, della rivoluzione e le masse dei contadini e degli operai. Lenin aveva insegnato che soltanto l'avanguardia del proletariato, cioè il partito comunista, poteva individuare la giusta strategia. Le masse erano incapaci di comprendere la complessità delle situazioni storiche. Perciò dovevano essere dirette dall'alto. Mao, che negli Anni 20 aveva camminato a lungo nelle campagne cinesi, aveva condotto lunghe inchieste e parlato ai contadini, modifica l'impostazione dei so- vietici: secondo lui le masse hanno molto da dire, da insegnare, in ogni campo; hanno l'esperienza, che costituisce un lato indispensabile e fondamentale, come i libri, nel processo della conoscenza della realtà. Solo dopo avere condotto approfondite indagini — ha scritto più volte Mao — è possibile adottare una decisione corretta, più facilmente eseguibile dalla gente. Questo « stile di lavoro » Mao lo sostenne anche dopo il '49, e fu uno dei contributi più originali che egli diede alla costruzione del socialismo nel suo paese. Più volte egli intervenne negli Anni 50, e soprattutto negli Anni 60 ed ancora ultimamente, per impedire che il potere si «burocratizzasse», che le gerarchie diventassero troppo rigide nel partito e nei rapporti fra il pc e la popolazione, come era intanto avvenuto in Urss. Ciò avrebbe comportato la fine di ogni discussione, la morte delle idee, l'incapacità del sistema di adeguarsi all'evoluzione della realtà, una diminuzione delle sue capacità di gestione. Duemila anni di impero, di mandarinato, l'« esempio negativo » dell'Urss avevano insegnato molto a Mao: nel '65 egli lanciò una offensiva contro il partito che nel '66 si trasformò, per tre anni, nella rivoluzione culturale. Il partito ero diventato ingiusto, corrotto e bisognava quindi purificarlo. Da allora, questa idea del partito che può trasformarsi in un organismo di sopraffazione non è stata modificata, nonostante vari tentativi compiuti per ridare all'organizzazione una « sacralità » indiscussa in Unione Sovietica. Per Mao, questa pretesa di perfezione non ha senso, in termini marxiani. Il partito unico riflette le contraddizioni della società socialista, che non è una società in cui sono scomparse le lotte di classe, nonostante la nazionalizzazione dei mezzi di produzione. Ma, fra quali classi? Fra il proletariato e la borghesia, non solo quella fuori del partito, ma anche quella «dentro» al pc, una borghesia che rinasce continuamente perché vi sono numerosi fattori che la rigenerano: la cultura vecchia, le differenziazioni salariali, la diversità stessa del lavoro svolto. Qui emerge, in stretta correlazione, una altra «novità» accennata da Marx e da Engels, dimenticata da Stalin e riproposta da Mao. L'importanza che ha il progresso della rivoluzione sociale, della sovrastruttura della spinta a superare i fossati esistenti fra ricchi e poveri, fra ignoranti e istruiti, fra lavoro manuale e lavoro intellettuale, nel promuovere Io sviluppo dell'economia. I suoi oppositori, invece, dicono il contrario: e la rivoluzione culturale, la crisi Lin Piao, la crisi Teng Hsiao-ping sono delle tappe fondamentali di questa lotta fra «borghesia» e «proletariato» e sono dei periodi in cui Mao esprime in forma più compiuta le sue interpretazioni del socialismo e del comunismo, in cui lancia una serie di «novità» rivoluzionarie: i meJici scalzi nelle campagne, le università operaie, l'istruzione superiore aperta anche ai figli di contadini ed operai, la tecnica di massa, i comitati rivoluzionari, il diritto di contestare nel partito, sancito dal X Congresso del pcc. Di Mao esistono ora quattro libri che raccolgono le sue esperienze nel periodo pre-1949. Gli altri, quelli che avrebbero dovuto presentare le sue concezioni riguardanti la società nelle fasi del socialismo e del comunismo, non sono ancora apparsi in Cina. Questo periodo essenziale di Mao e della Cina, è conosciuto soltanto all'estero attraverso «edizioni inedite»: senza dubbio perché Mao è stato un personaggio «scomodo» per troppi. Ed è sulla interpretazione del maoismo, su di una prevalente lettura degli aspetti radicali o anche accomodanti di Mao che si svolgerà nei prossimi anni la lotta politica in Cina. Giovanni Bressi

Luoghi citati: Cina, Unione Sovietica, Urss