La Cina appare percossa dal dolore di Alain Jacob

La Cina appare percossa dal dolore La Cina appare percossa dal dolore (Nostro servizio particolare) Pechino, 9 settembre. La morte del presidente Mao è stata annunciala simultaneamente dalla radio e dall'agenzia «Nuova Cina» alle Iti, ora di Pechino. Si era propagata la voce, all'inizio del pomeriggio, che era imminente una comuni¬ cazione importante e all'ora prevista gruppi di cinesi, il volto serio, si sono raccolti intorno alle radio e agli altoparlanti. Molti non hanno trattenuto le lacrime quando hanno compreso il lutto che aveva colpito la Cina. Poco dopo si sono formati gruppi ! nelle strade, lungo i marcia¬ piedi, per commentare la notizia. Nessun servizio d'ordine particolare è stato predisposto. Davanti alla residenza del Presidente, due sentinelle fanno la guardia, nel I primo pomeriggio, come al ! solito. La relativa rapidità con la ! quale la notizia è stata an¬ nunciata — molto più in fretta in rapporto all'ora della morte, che nel caso di Ciu En-Lai, l'8 gennaio — lascia supporre da un lato che l'aggravamento delle condizioni di Mao facevano prevedere la fine imminente, e dall'altro che tutte le disposizioni per far fronte al¬ l'avvenimento erano già state predisposte. Lo choc è stato comunque inevitabile nella popolazione pur se la gente era stata preparata alla scomparsa di Mao dalle immagini che ritraevano il Presidente sempre più debole e dall'annuncio, lo scorso giugno, che le sue condizioni di salute non gli consentivano più di ricevere dei visitatori stranieri. Il posto occupato nel pensiero cinese dal fondatore della rivoluzione, costante riferimento nella morale oltreché in politica, è troppo grande perché il passaggio a un'epoca successiva non sia considerato come una rottura fondamentale. E' impossibile inoltre non tener conto degli oscuri presentimenti germogliati in questi ultimi tempi nella popolazione cinese. Dopo la morte di quattro dei più anziani dirigenti del regime (Tong Pi-wu, Kang Cheng, Ciu En-lai, Chu-Teh) una se rie di cataclismi naturali, fra cui tre gravissimi terremoti, hanno suffragato la convinzione popolare che quest'anno era marcato dai segni più nefasti nella storia della Cina Popolare. Le autorità hanno tenuto conto di questi sentimenti generalizzati quando hanno moltiplicato negli ultimi tempi gli appelli alla fiducia nell'avvenire, affermando in ogni circostanza che il popolo cinese avrebbe saputo superare qualsiasi difficoltà. Non si trattava soltanto di una allusione alle calamità naturali. Ma era soprattutto da una quindicina di giorni che si capiva che una svolta era stata impressa nella vita politica. Era stata messa la sordina alla «lotta contro la borghesia all'interno del partito» ed era stata data la priorità, in maniera sempre più chiara, alle consegne di ordine e di unità. Il primo settembre era stata rilevata la presenza della quasi totalità degli esponenti dell'ufficio politico del partito alla cerimonia organizzata a Pechino in onore degli «eroi del terremoto» di Tang-Chan. Ma anche in provincia, personalità dalle tendenze più disparate, specialmente militari, che si erano mantenute in posizione molto riservata negli ultimi mesi, avevano preso parte recentemente a diverse manifestazioni. Il problema della successione, tuttavia, non è affatto risolto. Dopo la morte di Ciu En-lai e la caduta in disgrazia di Teng Hsiao-ping, l'uomo che appariva il suo successore più verosimile, la scomparsa del presidente Mao cade in un momento in cui il potere non è chiaramente nelle mani di nessuna personalità di levatura sufficiente a rappresentare, senza contestazioni, la legittimità del regime. Hua Kuo-feng, diventato primo vice presidente del Comitato centrale del partito e nello stesso tempo capo del governo, è designato per questo ruolo ed è sotto la sua direzione che da qualche settimana opera il movimento unitario. Tuttavia Hua è ancora relativamente un «nuovo venuto» negli organismi direttivi della Repubblica popolare e del Partito comunista. E Hua non può pensare di rivestire il ruolo di arbitro tra le personalità «storiche» come il maresciallo Yeh Chien-ying, 0 rappresentativo di fazioni politiche determinanti, come il «gruppo di Shangai», dove si trovano i dirigenti più a sinistra nel partito, oppure con 1 personaggi appoggiati dai diversi gruppi sociologici. Se nessuno osa, in questa situazione, prevedere l'av venire, la maggior parte degli osservatori ritiene che, almeno per un certo tempo, la direzione cinese assumerà una forma più o meno collegiale. Il problema è sapere per quanto tempo si manterrà l'equilibrio nella direzione collegiale. In ogni caso, nessuna soluzione può assicurare una vera continuità in rapporto a un personaggio come Mao che aveva dominato a tal punto la sua epoca, impregnato un popolo con il suo pensiero, determinato così profondamente il comportamento sia nella vita quotidiana dei cinesi che nella vita politica del Paese. Gli uomini che governeranno la Cina potranno richiamarsi all'eredità del presidente Mao, e affermare la loro fedeltà al fondatore del regime, ma nessuno di essi può pretendere di succedergli. Il loro primo scopo sarà quello di mantenere nel Paese la coesione che Mao era riuscito a realizzare, il secondo sarà di continuare ad avanzare sulla via dello sviluppo economico e contemporaneamente della rivoluzione. Questo avverrà, inevitabilmente, in uno stile differente. Alain Jacob Copyright di « Le Monde » e per l'Italia de « La Stampa » Pechino. Una caratteristica espressione del presidente delia Cina Popolare, Mao Tse-tung (Telefoto a « La Stampa »)