Sulla montagna di Hemingway di Gigi Mattana

Sulla montagna di Hemingway Italiani e francesi alla "conquista,, dei 6000 metri del Kilimanjaro Sulla montagna di Hemingway La favolosa cima svetta sulla savana e soltanto se si raggiungono i ghiacciai si può ammirare tutta la sua bellezza (Dal nostro inviato speciale) Nairobi, 4 settembre. Siamo in dodici, fra italiani e francesi, non abbiamo guide con noi: arrivati a Nairobi in sette ore di volo con un «jumbo» Lufthansa, domani partiremo per tentare la scalata al Kilimanjaro. Anche in un'epoca in cui le più impegnative vette himalayane sono state conquistate, la salita ai quasi seimila metri della montagna più alta dell'Africa mantiene pur sempre un certo fascino. Hemingway aveva ragione: il Kilimanjaro, quando riusciamo a scorgerlo dopo un viaggio di 400 chilometri in pulmino e dopo aver passato il confine con la Tanzania, è veramente una vetta quadrata «vasta come il mondo intero, grande, alta, incredibilmente bianca nel sole» che ha ben pochi aspetti in comune con le nostre Alpi. Svetta sullo squallido grigio della savana e ha un significato soltanto se si riesce a raggiungerne la sommità: chi tenta la scalata del Bianco e non vi riesce, potrà sempre essere soddisfatto per ciò che ha ammirato. Qui no perché il paesag¬ gio lavico di questo vulcano non ha nulla di godibile e soltanto quando si giunge al grande ghiacciaio pensile che orla la vetta e alle cattedrali di ghiaccio che riempiono il cratere, l'occhio può spaziare sulla-lontana pianura avvolta dalla bruma. Non esistono più le difficoltà logistiche che incontrò Meyer nel 1889 quando scalò per la prima volta il Kibo, ma ancora oggi questo viaggio, ideato da Beppe Tenti di Alpinismus International, è il primo passo per le più impegnative spedizioni andine o himalayane. Siamo a Marangu e in un albergo a villini immerso nel verde organizziamo il campo base. Per salire il Kilimanjaro è obbligatorio rivolgersi ai portatori locali per la garanzia di arrivare in vetta: infatti procedere a quelle quote con l'equipaggiamento e i viveri di alcuni giorni sulle spalle darebbe ben poche probabilità di successo. Di buon mattino si organizza la carovana: ognuno di noi tiene nel proprio zaino alcuni indumenti di riserva, il materiale fotografico, l'ombrello. indispensabile per gli improvvisi piovaschi che incontreremo nella prima parte della salita: ì grandi sacchi che contengono tutti i nostri indumenti e l'attrezzatura vengono presi in consegna dai portatori che se li pongono in equilibrio sulla testa e, a piedi nudi o calzati di sandali da spiaggia, partono subito a un'andatura infernale. In totale la nostra spedizione è composta da dodici portatori per i bagagli, otto per i viveri, due aspiranti guide e Fataeli, la nostra guida che a 33 anni ha scalato il Kilimanjaro circa mille volte. La compagnia di questi uomini è una nota dominante del viaggio: sempre allegri, sempre cortesi, sempre pronti a porgere un frutto o una tazza di tè quando ci vedono stravolti dalla fatica. A vederli con gli abiti laceri si pensa che la fatica bestiale di salire carichi come muli ad alta quota abbia una ben misera ricompensa, eppure la loro è indubbiamente una situazione privilegiata: in un Paese in cui il guadagno medio mensile è di trentamila lire e il tenore di vita spesso al limite della so¬ pravvivenza, un portatore ar- \ rìva a guadagnare oltre cento mila lire il mese (lo stipendio di un medico in ospedale) e Fataeli, tra paga e mance, supera le trecento: nessuno però ha saputo spiegarmi quali effetti abbia su cuore e polmoni questo salire e scendere ogni settimana a seimila metri e quanti anni viva questa gente. Marangu, così come Nairobi e buona parte dell'altopiano tanzaniano e keniota, è a un'altezza di 1500 metri: il clima in questa stagione è molto simile a quello di una nostra stazione montana e il paesaggio è tutto uria serie di dolci colline verdissime cosparse di coltivazioni di banane e caffè. Saliamo in fretta e in circa due ore percorriamo sette chilometri di strada asfaltata (purtroppo è previsto che Iti rotabile continui ancora) assediati dai bambini che escono dalle capanne a offrirci un fiore e a salutarci con un «jambon finché giungiamo alla sbarra dì confine del Parco Nazionale del Kilimanjaro: siamo a duemila metri, l'asfalto finalmente finisce e il paesaggio muta di colpo. Infiliamo un sentierino e subito siamo nella foresta equatoriale, quella che abbiamo letto nei libri di avventure, quella che abbiamo visto nei documentari: gli alberi si intrecciano fino a formare un tunnel che impedisce la visiti del cielo, le liane si avvolgono ai tronchi marci e fuori dal sentiero sarebbe impossibile avanzare; è un mondo di un verde smagliante e umidissimo in cui fortunatamente non esistono serpenti o altri animali pericolosi, ma soltanto scimmie e miriadi di uccelli che sentiamo stridere senza vederli. Il sentiero sale con una pendenza accettabile, attraversa più volte un ruscello dall'acqua limpida e dopo altre tre ore giungiamo alla prima capanna, la Mandara Hut a 2700 metri: è una quota ti cui, sulle Alpi, sorgono i grandi rifugi tipo il Sella al Monviso o il Vittorio Emanuele al Gran Paradiso, in ambiente spoglio e severo: qui, invece, c'è una radura erbosa tra la foresta. Fno a qualche tempo fa c'era una capanna e le spedizioni numerose, erano costrette ad attendarsi: ora, dopo un accordo con il governo norve- gese, sono stati costruiti una decina dì chalets in legno, ognuno ad otto posti, più una grande ctipanna che serve per la mensa. Appena arrivati a Mandara i portatori ci consegnano i bagagli e possiamo cambiarci e stendere i sacchi a pelo per la notte, mentre loro preparano la cena. Il menù in questi giorni sarà monotono ma non disprezzabile anche se l'alta quota è nemica dell'appetito: minestre di cipolle o di funghi in buste liofilizzate, spezzatino, uova sode, pane, burro e l'onnipresente tè, mentre a colazione avremo sempre la sorpresa della frutta fresca, arance, ananas o papaie. Alle 19 è già buio pesto e poco dopo andiamo a dormire: la tappa di domani sarà molto dura. Gigi Mattana Marangu. Portatori in marcia sulla Sella dei Venti: sullo sfondo il Kilimanjaro

Persone citate: Beppe Tenti, Hemingway, Mandara, Meyer

Luoghi citati: Africa, Nairobi, Tanzania