Vacanze jugoslave in case "bomboniere" di Clara Grifoni

Vacanze jugoslave in case "bomboniere"In che modo l'industria turistica mira ambiziosamente a un'elite Vacanze jugoslave in case "bomboniere" Sorgono in mezzo ai prati, tra rustiche mura - Chi non si alza presto non mangia - Dopo le 9 è difficile trovare pane (Nostro servizio particolare) Puree, settembre. Quest'estate, con alcuni amici, abbiamo voluto sperimentare la vacanza in case d'affitto jugoslave (negli ultimi anni, sui dépliants delle sei Repubbliche è comparsa la voce privat, l'appartamento privato, che costa dai 110 ai 130 dinari, 5500-6500 lire al giorno per persona, biancheria da letto, servizio saltuario ed elettricità compresi). Vn amico istriano provvede a sistemarci nei piccoli paesi del Parentino, accovacciati sui colli o sparpagliati come greggi tra le foreste e il mare. In questi paesetti le strade sono anonime e le case prive di numero; i padroni di casa hanno un cognome spesso impronunciabile, con tre, quattro consonanti iniziali, per cui l'unico dato topografico è « dietro la gostiona », o « vicino all'abitazione del medico » (oppure del maestro, del prete, le tre autorità del borgo). Giacché la ricerca delle rispettive residenze si prospetta come una caccia al tesoro. Partiamo convinti di dover dormire all'addiaccio. Ed è una bella sorpresa dopo un viaggio compiuto sotto i temporali, trovare un letto; non solo, ma trovarlo capitonné, in velluto color mattone. La dimora che ci attende in mezzo ai prati, fra rustiche mura, sembra ispirarsi al «sogno della protagonista» d'un romanzo di Liala: moquettes turchine, scendiletto in pelliccia bianca, armadi bianchi, alcove con luci diffuse; la cucina è all'americana; il corridoio e il bagno (acqua calda, stufetta radiante) sono lastrettati di marmo bianco e nero. A qualche chilometro di distanza, anche gli amici vengono insediati nel morbido. L'industria turistica della Jugoslavia, Paese povero, definito poco amabilmente «sottosviluppato» dagli economisti, mira ormai ambiziosamente a un'elite (per gli stranieri «a buon mercato» i campings, che si moltiplicano a gran velocità). Gli alberghi nuovi sono di prima categoria, con l'immancabile pisci¬ na, il tennis, il mini-golf, il portiere quadrilingue e incantevoli spazi verdi attorno. Le case d'affitto somigliano a bomboniere. Coinvolto nella grossa impresa del turismo, anche il privato ce la mette tutta. Sempre più apertamente si ricorre alla sua iniziativa usando il pungolo del profitto, diventato «lecito» in un Paese a regime collettivo. Chi ce la fa, può costruirai la casetta a un piano (seppure entro i ferrei limiti imposti dalla tutela del paesaggio). Lo Stato gli concede mutui a tasso ridotto, per metà del costo totale, non esigendo che il 20 per cento sul canone d'affitto. E più il privato abbonda in comodità e bellurie, per meritarsi l'affitto alto, più il suo sforzo appare lodevole. Oggi, la manicatura per il conforto il iugoslavo ce l'ha. Stando sulle rive del gran fiume di turisti che da quindici anni gli si allarga davanti, ha potuto mettersi al passo con le raffinatezze moderne. Un passo più lungo della scarpa, che l'ha condotto al super- fluo ai danni del necessario. La nostra cucina funzionale, ricavata da un sottoscala, ha frigorifero e forno elettrico incorporati; ma solo quattro piatti, quattro posate. Le pentole sono di smalto azzurro, ma prive di coperchi (impossibile trovare un coperchio nei negozi di casalinghi, tra Porec e Pula, diciamo Parenzo e Pola). E nessuna traccia di quegli accessori che sono indispensabili per cucinare e portare in tavola. Il nostro padrone di casa — un pensionato di Zagabria che durante la stagione turistica gestisce una rivendita di «souvenirs» sulla costa — redige una volenterosa lista degli oggetti mancanti; ed è una fatica spiegargli a gesti il significato della parola tagliere, grattugia, vassoio, eccetera. Un'altra fatica è l'approvvigionamento quotidiano. In Jugoslavia, chi non si alza presto non mangia. I negozi aprono alle sei: nell'unico market del paesino, dopo le nove è difficile trovar pane e per rifornirsi di verdure bisogna percorrere di buon'ora i cinque chilometri che ci separano dal mercatino di Porec. Oltre alla scomodità, la mortificazione: svanito per noi il piacere vivissimo, fino a sei-sette anni fa, di sentirci ricchi in Jugoslavia. Il rapporto fra dinaro e lira è sempre di uno a due, ma i prezzi sono da capogiro. Traduciamo in moneta italiana per semplificare: un litro di olio d'oliva tremila lire, 1100 all'etto il prosciutto istriano, 1000 una bottiglietta di vino mediocre, 680 al chilo lo zucchero; il prezioso burro venduto a grammi. Proibitive anche frutta e verdura, 900 al chilo le pesche, 1200 i piccoli peperoni verdi e così di seguito. Meno costosi che in Italia, invece, i generi di prima necessità, latte a 240 il litro, pane (ottimo) a 350 il chilo, e carne magnifica a 34000 il chilo. Tuttavia, gli amici che stanno in albergo c'invidiano. L'avvocato napoletano non tollera gli spaghetti stracott': serviti come contorno del gulash. Il professore lombardo informa che, tra l'arrivo del pane e quello del vino, ha avuto tempo d'imparare sul manuale di conversazione l'esatta pronuncia in croato della frase Molim vas posurite malo?, cioè: Vuole sbrigarsi per favore? Succede spesso che la vacanza in Jugoslavia cominci schizofrenica per gl'italiani, combattuti fra il biasimo e l'ammirazione. Poi, la bellezza ha il sopravvento. Da queste parti la natura è stata prodiga dei suoi doni e gli uomini li hanno religiosamente rispettati: intatte le foreste, d'una limpidezza di cristallo il mare. Lo spirito critico naufraga nella quiete lagunare dei piccoli golfi istriani, dove lo scoglio è lambito dalla menta silvestre e adombrato dal riflesso violetto dei pini. Di golfo in golfo, da un promontorio a un fiordo, camminando per chilometri nel sentore delle resine, si arriva a una smemoratezza da Paradiso terrestre. Clara Grifoni

Persone citate: Paradiso

Luoghi citati: Italia, Jugoslavia, Parenzo, Pola, Zagabria