L'Argentina del falchi di Francesco Rosso

L'Argentina del falchiCI SARÀ UN'ALTRA ESCALATION MILITARE? L'Argentina del falchi Il presidente della giunta, Vidcla, passa per moderato - Dietro di lui si profila l'ombra del generale Viola: vorrebbe allontanare dal governo i civili e soprattutto il ministro dell'Economia Martinez de Hoz (Dal nostro inviato speciale) Buenos Aires, settembre. / luoghi comuni sull'Argentina sono infiniti, taluni maliziosi, altri feroci. Quello più ricorrente, è che gli argentini divorano ciò che il Paese produce di notte. Si j riferisce evidentemente ai tempi in cui tutta l'economia era basata sull'agricoltura e sul bestiame: bastava arare, seminare, ed il grano cresceva da solo, senza bisogno di fertilizzanti. La sterminata pampa era un pascolo perenne, in cui le mucche facevano debitamente il loro dovere riproducendosi a ritmo vertiginoso, fornendo carne per mezzo mondo. Oggi le condizioni sono mutate perché l'Argentina ha un'attrezzatura industriale più che rispettabile, anche se le sta addosso come un abito troppo stretto, essendo un'industria fittizia, sostenuta dagli interventi del governo, con nessuna competitività coi Paesi prossimi e remoti. Eppure il luogo comune conserva tutta la sua validità, perché senza un'agricoltura florida l'Argentina non può aspirare ad essere un Paese sviluppato. Se non vende grano e carne, dove trova i capitali indispensabili a importare materie prime da trasformare? Conversavamo di tali argomenti con l'ing. Agostino Rocca, ottuagenario vivido, mente lucida, anche se afflitto da qualche malanno. « Nel 1929 — mi dice — l'Argentina era il quinto Paese del mondo dopo Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia come reddito e tenore di vita. Se avesse camminato con lo stesso passo, si prevedeva che entro il 1961 sarebbe salita al secondo posto. Invece è retrocessa al trentasettesimo nella graduatoria mondiale. Badi, però, che oggi non stiamo peggio di ieri. Non siamo andati indietro, ma mentre gli altri correvano, noi passeggiavamo. Le faccio un esempio. Nel triennio 19261929 Argentina e Canada hanno esportato entrambi per un miliardo di dollari. Nel 1974 il Canada ha esportato per ventisette miliardi di dollari e l'Argentina per soli tre miliardi ». Fame d'acciaio E da che dipende questa lentezza, se vogliamo chiamarla così, o pigrizia argentina? « Il mancato sviluppo industriale. Quello realizzato è una cancrena che divora il poco reddito prodotto dall'agricoltura. Nel 1950 l'Italia consumava cinquanta chili di acciaio l'anno a persona, l'Argentina arrivava a cento chili. Nel 1974 l'Italia ha consumato quattrocentoventicinque chili d'acciaio e l'Argentina centosettanta chili. La Spagna nel 1950 aveva un consumo di dieci chili d'acciaio a persona l'anno. Nel 1974 è arrivata a trecentotrenta chili, il doppio dell'Argentina ». / riferimenti continui al- l'Italia ed alla Spagna hanno una spiegazione, sono Paesi da cui è germinata la popolazione di questo immenso subcontinente tuttora semispopolato, dalla vastità incommensurabile, dal potenziale economico enorme. Su una superficie di quasi tre milioni di chilometri quadrati ospita meno di venticinque milioni di abitanti e circa cinquantasei milioni di bovini (più di due mucche per ogni argentino), ha quarantatre milioni di pecore dalla lana pregiatissima, e nel 1973 (sono gli ultimi dati) ha prodotto sessantacinque milioni di quintali di grano. Come si fa, non dico ad essere poveri, perché tali non sono gli argentini, di fame non moriranno mai, ma ad avere una economia così dissestata? La conversazione si sposta su un altro piano, e con un altro interlocutore che, come quasi tutti gli argentini, vuole l'anonimo assoluto. « Non si sa mai — è l'altra frase ricorrente — il nemico di oggi può essere l'amico di domani, e viceversa ». Si fa sentire eccome la presenza degli otto milioni di italiani, oriundi o ancora tali. « Come vuole che possa camminare svelto un Paese che in trent'anni ha avuto quarantotto ministri dell'Economia? Uno di essi ha battuto ogni record di velocità: è rimasto in carica due giorni ». Una delle piaghe di questo Paese è l'irrequietezza, la voglia di cambiare continuamente, ad ogni costo. Ora domina la giunta militare col gen. Videla, che è anche capo supremo dell'esercito, l'amm. Masera della marina, il gen. Agosti dell'aeronautica. Sono tre temperamenti diversi e diversa è la loro formazione. Lo amm. Masera, ad esempio, è considerato uno ■ dei talchi, niente pietà per gli estremisti, non importa il metodo per farli fuori. Il gen. Videla, presidente, è invece considerato un possibilista, una colomba, come il gen. Agosti dell'aviazione. Dietro questi tre personaggi già spunta il quarto uomo, il gen. Viola, che è il vice di Videla, e vorrebbe prendergli il posto di capo assoluto dell'esercito: per consentire a Videla di dedicare tutto il suo tempo a fare il presidente, dice, posizione che impegna molto. In realtà è per isolarlo: senza l'appoggio ed il comando dell'esercito, Videla diverrebbe una figura rappresentativa, privo di potere effettivo. Le sottili trame che si vanno intessendo hanno però uno scopo, buttare fuori dal governo gli attuali ministri civili, tecnocrati, soprattutto il ministro dell'Economia Martinez de Hoz e sostituirli con generali, o altri uomini più malleabili. Martinez de Hoz, dicono, è stato un bravo ministro, doveva contenere l'inflazione che in marzo era del mille per cento, è scesa al 470% in maggio e giugno, al venti per cento in luglio. Ha avuto successo, benissimo. Ora se ne vada e lasci il posto ad un altro che provveda allo sviluppo dell'economia. In realtà, gli argentini di una certa categoria sociale non perdonano a Martinez de Hoz un altro grosso successo, il prestito cospicuo ottenuto dal Fondo monetario internazionale, che essi considerano come un'offesa nazionale. Per folle nazionalismo, Perón disse: « Mi faccio tagliare la mano piuttosto che firmare la richiesta di un prestito internazionale ». Molti argentini, per malinteso nazionalismo, sono ancora su posizioni peroniste, contrari all'economia di mercato voluta da Martinez de Hoz, all'insediamento delle multinazionali. E' la mentalità peronista che continua, nonostante i disastri provocati dal defunto despota. Nel 1955, dopo la sua cacciata, sopravvisse in Argentina una profonda nostalgia per l'esule, e ciò poteva essere comprensibile. Benché avesse dilapidato interamente il tesoro dello Stato, rimanevano nel Paese ricchezze tali da giustificare un rimpianto per Pocho, come lo chiamavano ironicamente qui alludendo alle tenerezze che dimostrava per alcune collegiali giovanissime. Ma dal giugno 1973 al marzo 1976, lui prima, i suoi eredi dopo, hanno lacerato il Paese con la corruzione, la violenza,- l'arroganza, la mancanza di ogni programma, politico ed economico. Allora, perché ricordare ancora quei tempi con nostalgìa? « Perché Perón ha rivelato agli argentini la loro vera essenza — dice il mio interlocutore — ed il loro fondo reale è la violenza, dall'una e dall'altra parte ». Mi sorprende quella sorta di ilare crudeltà che scorgo nell'indifferenza di molti argentini per la violenza. In due anni, pare ci siano stati almeno millecinquecento morti senza processo, non so quanti feriti, né quanti scomparsi misteriosamente. Trenta sono stati massacrati in un solo giorno, diciassette l'indomani, eppoi dilaniati con la dinamite. « E' la regola del gioco — mi dicono alcuni — la violenza fa ormai parte del nostro sistema di vivere, e non c'è scelta, bisogna uccidere per non essere uccisi ». Non è questo il concetto che avevo degli argentini in passato, magari esuberanti, bravos come dicono qui, cioè forti, sicuri, gagliardi, anche con un po' di arroganza, il tono che bisogna avere ballando il tango, che non è affatto il ballo sdilinquito che ci ha rivelato Rodolfo Valentino. Terra violenta « Ti sbagli, caro, tutta l'America, dal Canada alla Terra del Fuoco, è un continente violento, ci sia o no la guerriglia urbana, o quella rurale. Anzi, la guerriglia è un prodotto tipico americano, soprattutto latino-americano, proprio per le radici di violenza che il continente porta in sé. Non dimenticare chi sono coloro che hanno popolato questi Paesi ». D'accordo, erano poveracci che accorrevano dai quattro angoli dell'Europa misera. Potevano essere diversi, ma non violenti. Cercano di farmi capire come sia difficile la fusione, l'amalgama di tante specie umane. Prendiamo gli italiani d'Argentina. Brava gente, laboriosa, onesta, analfabeta. Si sono formati dei circoli regionali piuttosto forti: friulani, calabresi, liguri, piemontesi, ma non si è formata una compatta comunità italiana. Arrivando qui parlavano i loro dialetti, perché analfabeti, e per comunicare tra di loro dovevano esprimersi in spagnolo. Si può immaginare quale spagnolo. E' nato il cocolice, che è il castigliano d'Argentina, un linguaggio che farebbe inorridire un abitante di Salamanca. Se non si sono fusi tra italiani, come potevano fondersi con tutti gli altri, ebrei, lituani, siriani, turchi e spagnoli. Eppure esiste un forte sentimento di argentinità. osservo. « Certo siamo nazionalisti almeno quanto i brasiliani ed i gringos del Nord, forse anche di più, ma ciò non toglie che ci mettiamo l'uno contro l'altro al momento opportuno, per una gara di calcio fra River Piate e Boca Junior, ad esempio, o fra Erpisti e Montoneros, o tra questi e le forze dell'ordine ». E' un discorso che seguo con una certa difficoltà. Mi sembra che certi valori in cui i guerriglieri credono siano indiscutibili: saranno marxisti ed antiperonisti quelli sostenuti dagli Erpisti, peronisti, cattolici, di estremissima sinistra quelli dei Montoneros, ma è innegabile che alla base c'è una carica di idealità sociale che li sostiene fino ad indurli ad impugnare le armi. « Vero, ma il germe del dissidio, l'inclinazione alla violenza, nasce dalla irrequietezza degli argentini, sempre portati al criticismo, con scarso spirito realizzatore. Perché il Brasile, che pure è partito molto dopo di noi, cammina più in fretta e ci sta superando? Sono divertenti le chiacchierate che si fanno in tono quasi accademico bevendo squisito vino argentino dei vigneti di Mendoza. Ma vi rendete conto, dico ai miei interlocutori, che in questo momento fuori di qui stanno arrestando giovanotti, intellettuali e no, professori d'università, com'è accaduto a Bahia Bianca, colpevoli solo di possedere libri considerati marxisti? Che giovani sconosciuti cadono per strada sotto le raffiche di non si sa quale forza dell'ordine? « A noi non fa più impressione, ci siamo dentro, forse ne usciremo. Dipende dalla stabilità di questa giunta. Se il gen. Viola diventerà capo assoluto dell'esercito ed il ministro Martinez de Hoz lascerà il ministero dell'Economia, vorrà dire che l'Argentina non ha più speranze di guarire dal suo male cronico di instabilità, e ripiomberemo nel vortice di un'inflazione inarrestabile ». Francesco Rosso