Tra provocazione e denuncia di Alberto Papuzzi
Tra provocazione e denuncia Personaggi nella "strategia della tensione,, Tra provocazione e denuncia Alberto Papuzzi: « Il provocatore », Ed. Einaudi, pagine 162, lire 2500. Guido Lorenzon: « Teste a carico », Ed. Mondadori, pag. 220, lire 2500. Rileggere in qualche modo « dal vivo », com'è nel caso della testimonianza di Lorenzon, le cronache oscure degli anni che seguirono la strage di Piazza Fontana dà un senso di frustrazione e di ripulsa. Lo stesso che prevale in questi giorni, alla scarcerazione di Freda e Ventura; non già per un provvedimento giudiziario di per sé ineccepibile, e neppure per avversione preconcetta verso i due sospetti che hanno pur diritto a non essere ritenuti colpevoli fino a quando la colpevolezza non sia stata stabilita dai giudici. Frustrazione e istintiva ripulsa si sente nei confronti d'una vicenda che rischia di non essere mai più chiarita, tanto è, o è diventata, complessa e vischiosa, tanto chiama in causa responsabilità palesi e occulte, « piccole » e « grandi » (quanto a protagonisti). E' francamente inutile lamentarsi, come fanno certi benpensanti, che su Piazza Fontana siano state imbastite le storie e le interpretazioni più «assurde» (come la «strage di Stato»): di fronte all'inerzia dei meccanismi della giustizia ogni supposizione finisce per acquisire una sua legittimità. ★ * Queste considerazioni vengono spontanee dalla lettura del dramma personale di Guido Lorenzon, amico eppure teste a carico (per dovere di coscienza) di Giovanni Ventura. E' una storia con risvolti spesso da incubo, un incubo dal quale l'autore sembra debba svegliarsi da un momento all'altro. Ma il lungo cauchemar pare destinato a durare, per Lorenzon, all'infinito. I meccanismi perversi che portarono agli anni della « strategia della tensione » d'altronde sembrano esseie una « tradizione » nel nostro Paese. Lo testimonia la « radiografia » di Luigi Cavallo Ul provocatore) fatta con il rigore professionale del cronista da Alberto Papuzzi. Dell'ex gappista, diventato protagonista delle più ambigue iniziative di provocazione antisindacale nel dopoguerra, avevamo già saputo molto dalle cronache, molto tempo fa, molto prima cioè del recente arresto di Cavallo sotto l'imputazione di aver partecipato ad un tentativo di golpe. ★ ★ Dal libro di Papuzzi ora emerge una lunga storia, con particolari spesso inediti, e sorprendenti (forse soltanto perché dimenticati negli anni): c'è tutta la Torino degli anni che seguirono i! 18 aprile del '48, la repressione, attraverso l'intimidazione, di una parte, quella più attiva e tradizionalmente forte, del movimento sindacale, con le massime manifestazioni all'interno della Fiat vallettiana. Se vogliamo, argomenti ormai ampiamente dibattuti e persino accettati, in certa misura, universalmente. Ma è il personaggio Cavallo, pazientemente ricostruito da Papuzzi, che dà giustificazione e sapore di novità al libro: non un meschino, sia pure abile, costruttore di arnesi propagandistici, ma complessa personalità, agitata da inquietudini e ambizioni culturali cui non sono inadeguate intelligenza, preparazione, esperienze (i suoi studi a Koenigsberg e Berlino prima della guerra, la partecipazione al movimento comunista e quella, incontestabile, alla Resistenza). Che cosa abbia spinto il Cavallo, in quasi quarant'anni d'esistenza « politica », a cercare sempre la via più tortuosa, l'attività occulta, il gusto dell'avventura sotto bandiere diverse è forse materia per lo psicanalista più che per il giudizio politico. Ma resta la considerazione fondamentale: che il « caso » Cavallo dimostra quanto nell'Italia postfascista, accanto ad un dibattito democratico spesso debole ed ambiguo, abbiano potuto prosperare ed agire iniziative fuori d'ogni controllo democratico; fino a quando, nel momento di massima crisi, politica ed economica, tutto s'è scatenato in una sequenza irrazionale, che nel crimine di piazza Fontana ha avuto un sanguinoso, orribile inizio. Gianfranco Romanello
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