Milano: 30 mila disoccupati ma l'Alfa di Arese assume di Marzio Fabbri
Milano: 30 mila disoccupati ma l'Alfa di Arese assume L'azienda ha fatto annunci sui giornali Milano: 30 mila disoccupati ma l'Alfa di Arese assume "Sono 700 i posti disponibili, tuttavia il numero delle domande è insufficiente" spiega il direttore al personale - La carenza di servizi pubblici per i pendolari (Nostro servizio particolare) Milano, 2 settembre. L'Alfa Romeo ha fatto pubblicare, su alcuni quotidiani, una vistosa inserzione per la ricerca di personale. Il testo offre l'assunzione, per lo stabilimento di Arese, a doperai, in età preferibilmente non superiore a 45 anni, da adibire a lavori di produzione». Soggiunge che «esiste ampia disponibilità di inserimento anche per manodopera senza esperienza professionale». In un momento, che se anche non tra i più drammatici, è certamente molto difficile, per centinaia di lavoratori, l'iniziativa suscita qualche stupore. La sorpresa cresce quando l'ing. Caravaggi, direttore generale della Casa automobilistica, addetto al personale, spiega che l'offerta dell'Alfa è per 700 posti di lavoro. Dice anche che l'azienda ha dovuto fare ricorso ad una inserzione perché, nel momento, non ha ricevuto un numero sufficiente di domande. Come è possibile un fatto del genere, quando i dati sulla disoccupazione, nella provincia di Milano, sono invece allarmanti? Gli iscritti alle liste di collocamento, infatti, sono oltre 20 mila nel «primo gruppo», cioè quello che riporta i lavoratori rimasti senza posto; oltre 10 mila nel «secondo gruppo», che è quello dei giovani in attesa della prima occupazione. Queste cifre, secondo i sindacati, sono comunque di molto inferiori alla realtà: «Soltanto una percentuale di poco superiore al 30 per cento si iscrive nelle liste di disoccupazione», affermano. Ai dati ufficiali sulla disoccupazione milanese, si devono aggiungere quelli degli operai della «Innocenti» che sotto la gestione «Leyland» erano oltre 4500; durante la lunga vertenza, che ha opposto la direzione britannica ai lavoratori, circa 1000 dipendenti sono riusciti a trovare altri impieghi. Poi è subentrata la soluzione De Tomaso con la creazione della «Nuova Innocenti» che però sino alla fine dell'anno lascerà in cassa integrazione ancora un migliaio di persone. E allora quali sono i motivi delle difficoltà incontrate dall'Alfa? Secondo l'ing. Caravaggi, l'ostacolo più grave è rappresentato dal fatto che gli impianti dell'azienda si trovano ad Arese, 15 chilome tri a nord di Milano, in una zona dove scarseggiano i servizi pubblici. «La nostra urgenza di personale — spiega il dirigente della casa del "Portello" — ci ha imposto ritmi di ricerca sostenuti. Entro la fine di luglio abbiamo immesso nella produzione 450 lavoratori, ma per trovarne altri stiamo segnando il passo». Il dirigente aggiunge: «C'è anche da precisare che il personale necessario deve essere adibito alla catena di montaggio. Ed è indubbio che la catena rappresenta, in parte anche a ragione, uno spauracchio». « E' comunque necessario — prosegue il dirigente — che anche questo "babau" dell'azienda automobilistica venga ridimensionato. Proprio ieri un settimanale ha pubblicato, ad illustrazione di un servizio sulla nocività in fabbrica, fotografie di operai che, se rispondessero alla realtà, darebbero ragione a chi rifiuta di lavorare da noi. Ma ormai la realtà è diversa e per esempio la verniciatura avviene in una cabina chiusa senza che vi entri nessuno». L'analisi del dirigente aziendale, anche se da altro punto di vista, è condivisa da Leonardo Banfi, segretario provinciale della Piom. «La situazione è molto diversa dagli Anni Sessanta — dichiara — ora, nel Nord, si è formata una classe operaia con una forte coscienza dei problemi del lavoro. Questa gente, anche disoccupata, sino a quando avrà speranza di impiegarsi diversamente cercherà di evitare la catena di montaggio. Non bisogna dimenticare — aggiunge — che troviamo alla catena di montaggio di¬ plomati e laureati, cui non è stata offerta alternativa». «Il processo in atto nella società italiana — afferma Banfi — sta dilatando le forze più elevate culturalmente». Il sindacalista fa un esempio: «Come si può chiedere ad un operaio che si è sacrificato per trentanni alla catena di montaggio, per far studiare un figlio, di far ripercorrere anche a quello il proprio calvario lavorativo? Preferisce fare altri sacrifici, aspettare occasioni migliori». Leonardo Banfi mette poi in evidenza l'inefficienza delle strutture che dovrebbero consentire al lavoratore di trovare un posto: gli uffici di collocamento. «Non c'è fiducia in questi istituti — conclude — per troppo tempo sono stati serbatoi cui si attìngeva solo per motivi clientelari. La sfiducia è rimasta». Marzio Fabbri
Persone citate: Banfi, Caravaggi, Leonardo Banfi
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