Giornata di estrema tensione alle Nuove detenuti sui tetti, mobilitati 1400 uomini di Vincenzo TessandoriGianni Bisio

Giornata di estrema tensione alle Nuove detenuti sui tetti, mobilitati 1400 uomini Non si trova una via d'uscita per normalizzare la situazione Giornata di estrema tensione alle Nuove detenuti sui tetti, mobilitati 1400 uomini La protesta, iniziata l'altra sera, continua ancora - Dall'alto del carcere, mascherati, i prigionieri urlano slogans e accuse alle guardie: "Pagando ci portano coltelli e droga; evadere costa un milione" - Tentativi di pacificazione del direttore e di Giuliana Cabrini - Tafferugli all'esterno - Malcontento tra gli agenti carcerari che minacciano di abbandonare il loro ingrato lavoro L'ombra del dramma è ancora sulle carceri Nuove. Uno scontro fra polizia e detenuti è stato evitato, all'ultimo momento, quando sembrava che la violenza avesse ormai vinto. Ma è soltanto una tregua, senza garanzie e con poca speranza. Una giornata carica di tensione è trascorsa lenta. Tutto era pronto, alle 19, per l'azione all'interno del penitenziario, le modalità dell'attacco erano ovviamente segrete, ma si parlava anche di mandare i cani all'interno dei bracci occupati dai detenuti. Si attendevano, ordini da Roma, e gli ordini devono essera stati di lare l'Impossibile per evitare uno scontro. E' giunta, attesa da una parte dei detenuti, Giuliana Cabrini. segretaria della <c Lega non violenta ». Occorreva Care qualcosa e farlo in fretta. Col direttore dott. Cangemi, e col sostituto del giudice di sorveglianza, Mafia, si è recata sul camminamento del muro di cinta, sul lato di via Pier Carlo Boggio, di fronte ai gruppi di coloro che apparivano più duri. Parla per cinque minuti, in un silenzio assoluto. Dice: « Ricordatevi che non state lottando soltanto per voi, mi per tutti i ietenuti del nostro paese. Questa è diventata la città di punta, per la discussione del problemi ». Chiede ai giovani coi volti coperti di rientrare nelle celle. In risposta si domandano garanzie, ma il colloquio sembra avviato, finalmente. Il direttore accetta di salire sul tetto, la situazione pare alleggerirsi. La commissione, di fatto esautorata l'altra sera, do po il colloquio con le autorità, si riforma. In piedi si alzano e scoprono i volti Raffaele Ancona, Alfonso Cammarata, Michele Sita, Antonino Violante, Renato Angeli, Fernando Corradino, Paolo Maiellero; pochi minuti dopo, a loro si unirà Giuseppina Fucci. Ma qualcosa non funziona, il malessere sembra veramente troppo profondo. Il colloquio non ottiene risultati concreti. Quando esce Giuliana Cabrini dice: <v Ai detenuti ho detto che la vittoria non sarebbe arrivata in un anno. Ma che questa era una vittoria e che loro l'avevano raggiunta con metodi democratici. Mi hanno detto che fino a ieri non hanno fatto devastazioni, soltanto oggi, per qualche scontro, alcune porte sono state distrutte ». Poco dopo il direttore sale sul tetto per trattare: inutile. L'intervento della segretaria della « Lega non violenta » è contestato, prima dalle guardie carcerarle, che hanno anche inscenato una manifestazione di protesta nel primo cortile. Poi da un gruppo cospicuo di gente in attesa in via Pier Carlo Boggio. C'è sparatoria di lacrimogeni per disperdere i dimostranti, anche all'interno del carcere l'aria è re sa irrespirabile dalle bombe la crimogene. Sembra (al termine di un'altra giornata difficile; anche tutti i processi della sezione feriale sono stati rinviati) che un nuovo episodio di guerriglia urbana sia iniziato. Si lanciano sassi contro agenti e carabinieri. Alcuni giovani, indicati dalla polizia come aderenti a Lotta continua, impegnerebbero le forze dell'ordine. Intanto un nuovo striscione è inalberato sul carcere: « Nuove, uguale Tali al Zaatar ». La tensione, opprimente, insopportabile, era rimasta sul carcere per tutta la notte. All'interno, nei sei bracci, i detenuti spadroneggiavano: spalancati i cancelli di sbarramento, aperti i vetri delle rotonde. Molti si erano arrampicati sul tetto, altri erano rimasti nei corridoi, a difesa della u cittadella » stretta d'assedio da polizia e carabinieri. Le guardie carcerarie si erano ritirate sui muri di cinta, alcune erano uscite ed erano rimaste per ore fuori dal penitenziario. Soltanto i due violenti temporali hanno consigliato gli uomini Incappucciati o col volto coperto da fazzoletti a scendere. Poi sono risaliti. Dal carcere filtrano notizie incontrollate: si parla di devastazioni, di atti di vandalismo, corrono voci su un detenuto che si sarebbe impiccato, un altro sarebbe ferito, raggiunto a una gamba da un colpo di rivoltella o di mitra. L'alba vede infittirsi 1 gruppi dei detenuti sui tetti. Alcuni, una trentina, sono sopra l'infermeria, hanno inalberato uno striscione: « Freda sì, Ventura sì, noi no ». Cercano di parlare con i passanti, urlano slogan, si dicono decisi alla lotta a oltranza. « Vogliamo la ri/orma, indietro non si torna », « Se vengono su ci buttiamo e li buttiamo ». Sui bracci che si affacciano su via Pier Carlo Boggio un altro gruppo compatto promette di « rispondere alla violenza con la violenza ». Un cartello esasperato dice: « Avete dimostrato di essere fascisti », un secondo invoca la « sanatoria » e l'abrogazione dell'art. 47. La mattinata trascorre lenta, i rivoltosi attendono le decisioni ufficiali, ma ormai è chiaro che una decisione, in qualsiasi senso, non verrà presa a Torino, ma a Roma. I! ministro di Grazia 0 Giustizia 6 all'estero, ogni decisione così ricade sulle spalle del sottosegretario Dell'Andro, rientrato nella capitale forse con troppa precipitazione. Si parla di un intervento di forza, ma mancano gli uomini. Sono passate da poco le 14 quando giungono 1 primi agenti di polizia. Si schierano davanti al cancello principale, poi, alla spicciolata, entrano nel primo cortile. Altri agenti bloccano 11 traffico nel controviale. In via Boggio, tutto sembra normale: alla gente è ancora permesso parlare con i detenuti all'interno: poche frasi, gridate dall'altro lato della strada, incoraggiamenti, raccomandazioni. Il volto segnato dalla fatica e dalla tensione, il direttore Can gemi esce dal cancello alle 15,35. Com'è la situazione? « Sono tuffi fuori, nei bracci e sui tetti ». C'è possibilità d'intervento? « Può darsi ». La febbre aumenta, continuano ad arrivare uomini, poliziotti, carabinieri della territoriale. Isolati, di tanto in tanto. i gli scoppi dei lacrimogeni. Anche in questa situazione la macchina burocratica continua a funzionare: alle 15,25 da un carcere periferico giunge accompagnato dalla scorta, un detenuto destinato alla casa circondariale torinese. Vengono rimandati indietro. Identica conclusione, meno di un'ora dopo, per il lungo viaggio di un altro recluso. E' l'incertezza che regna. Continuano a giungere rinforzi. Si temporeggia, l'afflusso di agenti e carabinieri è quasi ininterrotto: a fine pomeriggio il numero degli uomini dentro e fuori dal carcere sarà arrivato a 1400, trecento del battaglione celere giunti da Milano, nume¬ rosi agenti e carabinieri provenienti da altre città. Anche tre squadre dei vigili del fuoco sono state mandate davanti al cancello con autopompa, autoscala e furgone. Loro compito sarebbe di inondare 1 bracci, a uno a uno, per costringere alla resa i rivoltosi. Lo scontro appare sempre più probabile, dal carcere si urla: ;< Vogliamo la riforma, indietro non si torna ». Ma nessuno si muove dall'angolo di tetto occupato. « Non ab. blamo commesso atti di vandalismo. Sono loro, le guardie che dicono così, per potersi poi intascare i soldi delle riparazioni ». Ci sono malati gravi, dicono ancora, « che sono rimasti senza medicine perché le hanno portate via. Abbiamo un ferito, non ce l'hanno fatto mandare fuori ». I detenuti continuano a gridare accuse dall'alto del tetti: « Vogliamo cfte si sappia che i medici sono tutti scappati, i feriti sono chiusi in cella ». Ancora: « Si deve sapere che la droga non la portano i detenuti all'interno del carcere, ma loro, le guardie. Sono tutte corrotte, dalla prima all'ultima. Per la droga, come per l'evasione, si paga. Non si esce da questa galera salutando le guardie, per caso: un'evasione semplice costa un milione; per avere un'ora in più di colloquio dobbiamo pagare 50 mila o 100 mila lire. Anche t coltelli ce il danno le guardie, il prezzo è 10 mila lire; 15 mila una bottiglia di pessimo cognac e 25 mila una di whtsky. Noi i nostri soldi non Il vediamo più: quando et trasferiscono, ci tolgono tutto, spesso partiamo in pigiama ». Soltanto il direttore sembra godere la stima di tutti. « E' una bravissima persona. E' all'oscuro di tutto, è costretto a correre da un carcere all'altro». Un'altra voce: « Dicono che siamo soltanto delinquenti, ma noi, quando uno esce, facciamo sempre una colletta, perché et consideriamo tutti uguali ». Un giovane del quale si scorgono soltanto 1 lunghi capelli castani: « Mi è nato un figlio, non mi hanno dato un permesso per vederlo e riconoscerlo soltanto perché non avevo soldi ». II tempo passa lento, il numero degli agenti all'interno va aumentando. Ancora urla dai tetti: « Dicono che vogliono rein- I sertrcl nella società, invece ci spingono ancora più giù nel fango ». Un'accusa purtroppo più che vera al sistema: « Mettono tutti insieme, gli ergastolani e quelli che finiscono in carcere per la prima volta ». So. no storie di ricatti e di prevaricazioni, quasi ognuno ha la sua personale da raccontare. « Avevo cinque quadri da vendere, le guardie mi hanno detto che dovevo regalarne uno ». E arriva Vigllone, alle 17,25. Appare profondamente deluso, anche se non rassegnato. « Qualcuno, evidentemente, non vuol capire qual è la reale situazione ». I preparativi s'intensificano: per prevenire atti disperati, i vigili stendono teloni nel cortili, tutto lllli m munì : imi mmimi è pronto per l'attacco. Ma alle 19 c'è l'ultimo tentativo del direttore per evitare l'assalto, forse la tragedia. Sembra una tregua, incerta e fragile, sulla quale nessuno vorrebbe scommetere un soldo. Vincenzo Tessandori Gianni Bisio

Luoghi citati: Milano, Roma, Torino