Leggenda agreste dall'America documenti di vita dalla Cina

Leggenda agreste dall'America documenti di vita dalla Cina Film di Max Baer e Joris Ivens alla Biennale di Venezia Leggenda agreste dall'America documenti di vita dalla Cina (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 31 agosto. Poche cose si lascia scappare questa Biennale Cinema nel suo labirintico programma che abbiano attinenza coi più gravi problemi sociali e politici del tempo presente. Un grido di dolore e di denuncia contro la repressione, in Argentina, nel campo della scienza, della cultura e dei mezzi di comunicazione di massa, si è levato dalle immagini, e dal dibattito che ha fatto loro seguito, del film Bandidos corno fesùs, girato in 16 mm da un gruppo di cineasti italiani e argentini: un complesso di materiali informativi a struttura aperta che, movendo dal giudizio del «Che» Guevara sull'importanza del ruolo che il cristianesimo svolge in America Latina, illustra, attraverso le testimonianze del «Movimento dei sacerdoti per il Terzo Mondo» le loro lotte e il contesto politico in cui agiscono, al tempo stesso che chiarisce le ragioni della loro scelta del socialismo come unico e solo strumento che renda possibile la costruzione del «regno dei cieli», cioè di una società giusta. Esempio tipico di cinema militante, il cui materiale è stato raccolto in parte clandestinamente, Bandidos come Jesus difende con stile rozzo e commosso le componenti della Chiesa di Cristo che sono a fianco degli operai e dei contadini nel quadro della lotta antimperialista e anticapitalistica. Si è poi avuto, a poca distanza dal discusso film di Lumet, un altro saggio di cinema americano d'ambientazione agreste: Ode a Billy Joe, ispirato alla canzone di Bobbie Gentry, e diretto e prodotto dal regista Max Baer. Un'opera delicata che nella prima parte forse indugia e si gingilla un po' troppo nella rappresentazione di un idillio fra adolescenti; ma che nella seconda si rialza in grazie d'una forte e inaspettata flessione drammatica. Nell'estate del '52, in una cittadina presso il delta del Mississippi, dove manca ancora la luce elettrica, l'appena sedicenne Bobbie Hartley, considerata dal severo padre ancora una bambina, si sente invece già sbocciata a donna, pronta a ricambiare l'amore che le porta il suo compagno d'infanzia Billy Joe, di due anni maggiore di lei, un ragazzo sensibile, acceso e un po' stravagante. Per il momento essi si mantengono nei limiti d'infantili effusioni; ma una sera, dopo una gara musicale che si tiene nella locale segheria e dove la birra non si risparmia, Billy, fortemente ubriaco, scompare per due giorni, inutilmente cercato da suo padre. Lo ritrova Bobbie in un sentiero: stravolto, con gli occhi rossi e come più vecchio di dieci anni. Ormai l'impulso naturale vuole il suo sfogo, e i due giovani si danno un appuntamento risolutivo sotto un ponte. Vorrebbero fare l'amore, ma per colpa di Billy non ci riescono. Allora l'angosciato ragazzo confessa di essere stato dopo la festa con un uomo, commettendo, come lui dice, peccato contro natura. Passa poco, e il cadavere di Billy viene trovato nel fiume. Essendo noti i loro amoreggiamomi, in città non si parla d'altro che dello scandalo di Bobbie: tutti infatti pensano ch'ella aspetti un bambino di Billy, e il fratello le consiglia di lasciare la città portandosi dietro il suo disonore. La magnanima ragazza (questa è la bella svolta psicologica), invece di protestare la propria innocenza lascia correre la favola della gravidanza: non vuole che il ricordo di Billy sia infamato. E nell'andarsene in figura di ragazza madre scacciata dai suoi, incontrando il padrone della segheria, cioè l'uomo con cui Billy era stato, il quale ora Fanfani alla Biennale tra fischi e applausi Venezia, 31 agosto. Fischi e applausi per Amintore Fanfani che su invito del regista Ivens è intervenuto l'altra sera all'anteprima del documentario sulla vita in Cina che si proietta al palazzo del cinema. Fanfani, accompagnato dalla moglie Maria Pia, ha raggiunto il palazzo del cinema assieme al presidente Ripa di Meana e al direttore della mostra Gambetti. Oleum giovani cineasti, appartenenti a un gruppo della sinistra extraparlamentare, lo hanno contestato con grida. Il regista Ivens si è alzato, allora, e ha dato l'avvio a una «controcontestazione» di simpatia nei confronti di Fanfani alla quale si sono j associati gruppi di spettato- ' ri e alcuni registi. (Ag. Italia) vorrebbe scagionarla con una pubblica confessione dell'accaduto, ella fermamente lo dissuade dal farlo. Così si è formata la leggenda di Billy e del ponte Tallahatchie, cantata da Bobbie Gentry. Il regista, lavorando sulla sceneggiatura di Herman Rauche, ha tenuto per il finale l'asso nella manica (la confessione di Billy, l'incontro di Bobbie coll'omaccione omosessuale) e l'ha giocato con sapienza, infondendo al j film, per un certo tempo prevalentemente aneddotico e pittore| sco la nota d'acciaio di una suI blime psicologia femminile che gli dà unità drammatica. Brava questa Bobbie che almeno lei non si lascia incantare dall'eteronomia sessuale, e la censura, sacrificando la propria reputazione, con gravità materna. li programma dell'intensa giornata si è notevolmente arricchito coi primi assaggi dello sterminato ciclo del grande documentarista olandese Joris Ivens e Merceline Loridan sulla Cina di Mao. Da quel che si è potuto vedere in Una donna, una famiglia, e Prova all'Opera di Pechino, raramente il cinema documentario, adoperando un ritmo che s'assomiglia al fluire della vita, ha condotto un'opera di così capillare svisceramento intorno a una realtà etnica sociale e politica. Grazie alla magia d'un maestro dello stile obiettivo, ci troviamo calati, anzi parte integrante, d'un mondo diverso dal nostro, a intenderci il quale, con la stessa icastica immediatezza, non basterebbe una biblioteca. Leo Pestelli