Cina, terremoto che unisce di Alain Jacob

Cina, terremoto che unisce QUASI UNA SPECIE DI TREGUA TRA LE FAZIONI A PECHINO Cina, terremoto che unisce Pechino, agosto. Una sorda inquietudine per il futuro si manifesta in Cina, all'approssimarsi di scadenze che ciascuno sa quanto siano ineluttabili e alle quali il Paese si prepara con una certa difficoltà. Bandiera Rossa di questo mese invita i « rivoluzionari proletari » all'« ottimismo » e afferma che « i veri materialisti non hanno paura ». I redattori del mensile del pc cinese suffragano le loro tesi ricordando il terremoto di Tang-Chan e proclamando ancora una volta che « l'uomo trionferà sulla natura ». I timori ai quali IV ottimismo » deve rispondere sono tuttavia di carattere politico. La crisi che ha portato all'eliminazione di Teng Hsiao-ping ha indubbiamente turbato molti spiriti. Scrive Bandiera Rossa: « Alcuni dei nostri compagni, animati da buoni sentimenti, pensano che nelle file rivoluzionarie ci siano soltanto dei puri e che la strada della rivoluzione sia perfettamente diritta. Appena incappano in un rovescio diventano inquieti e non riescono più a vedere il luminoso avvenire ». Questo stato d'animo è facilmente immaginabile in uomini presi contropiede dalla condanna dell'ex primo ministro; per loro la denuncia della « borghesia all'interno del partito » apre più problemi di quanti ne risolva. Il malessere è illustrato da due esempi presi dalla stampa cinese. Qua e là, anzitutto, si provano difficoltà a conciliare il movimento di critica a Teng e il « vento deviazionista di destra » con la campagna per la generalizzazione dell'esperienza agricola del distretto di Tashai. Tale campagna — che deve trasformare in cinque anni l'agricoltura cinese con la conquista di nuove terre e, contemporaneamente, con la modernizzazione dei metodi di coltivazione — non è stata forse lanciata lo scorso autunno quando Teng Hsiao-ping era il personaggio principale del governo e in occasione d'una conferenza nazionale di cui fu il primo oratore? Si pone anche, da parte di altri, la questione di sapere fino a qual punto debba spingersi l'attuale movimento di critica. Ci si domanda se non si abbia già criticato abbastanza e se gli argomenti nei confronti di Teng non siano ormai esauriti. Si tratta di semplice stanchezza, comprensibile in un esercizio ripetitivo non più rinnovato ormai da settimane con elementi inediti, o dell'incapacità di cogliere l'interesse d'un movimento troppo « personalizzato » e insieme troppo teorico? Si tratta in ogni caso di « compagni » che non soltanto « sono in ritardo sulle masse » ma che inoltre « stanno indietreggiando ». Altri segni di confusione arrivano dalia provincia. Responsabili locali continuano ad essere attaccati duramente con i lazibao nelle loro capitali provinciali. E' il caso, a Nanchino, a Chengchow, a Changsha, a Wuhan ed anche a Sian, dove le polemiche per una « questione di violenza carnale » sono diventate un fatto politico. Ora, non soltanto nessuno dei responsabili colpiti dalle critiche ne sembrano scossi, ma si vedono anche ricomparire dei personaggi — come il primo segretario del partito del Ktangsi, Chiang Wei-ching — apparentemente in perfetta salute politica, dopo inspiegabili assenze, spesso prolungate, all'indomani degli incidenti del 5 aprile sulla piazza Tien An Men a Pechino. Quale senso deve dunque avere la critica delle masse contro i « grandi dignitari » e g'i altri « elementi borghesi in seno al partito » se non arriva ad altri risultati? Senza dubbio la catastrofe del terremoto di Tang-Chan ha suggerito a molti l'idea d'una specie di « tregua », durante la qua¬ le la lotta interna organizzata { sarebbe stata più o meno accantonata per permettere alle energie del Paese di concentrarsi sugli obiettivi della ricostruzione. Di qui l'appello ripetuto a diffidare delle forze reazionarie che approfittano delle calamità naturali per giocare la carta della « restaurazione capitalista »; di qui, soprattutto, la parola d'ordine che mira ad associare Teng con le idee revisioniste nella lòtta contro le conseguenze del terremoto. Ma questo appello all'attivismo è controbilanciato da robusti richiami all'unità. Caratteristico a questo proposito è l'editoriale pubblicato il 23 agosto dal Quotidiano del popolo che, dopo aver invitato i suoi lettori a « concentrare il fuoco della loro critica » contro l'ex vice-premier e ad approfondire lo studio delle direttive del presidente Mao, chiede che « non ci si fossilizzi su vecchie storie », che si badi « a fare la rivoluzione e a promuovere la produzione », che ciascuno « si sforzi a raggiungere in tutti i settori gli obiettivi fissati dal partito » e infine che « l'unità sia rafforzata tra le masse rivoluzionarie ». Per mettere i puntini sulle « i » il Quotidiano del popolo ricorda che « è politica costante del partito correggere gli errori per evitare che si ripetano e curare la malattia per salvare l'uomo ». Ciò significa che la campagna non mira più agli uomini ma soltanto alle personalità politiche? Bandiera Rossa, senza dubbio, ricorda ancora nel suo ultimo numero che « la caduta di uno o due dirigenti revisionisti non significa l'estinzione completa della borghesia in seno al partito ». E la rivista di Shangai Studi e critiche parla di « persone che, come Teng Hsiao-ping, insistono nei loro errori ». Trattando dei « cambiamenti nelle relazioni tra le classi durante il periodo socialista », la rivista lascia intendere che una buona conoscenza di tali fenomeni è indispensabile per sapere « nella fase attuale su chi ci dobbiamo appoggiare, con chi ci dobbiamo unire, e contro chi dobbiamo dirigere i nostri attacchi ». Tutti problemi che dovrebbero con-1 durre all'esame di almeno alcuni casi personali. Tuttavia, a Pechino si pone sempre più l'accento su un lavoro di « rettifica », piuttosto che sulla necessità d'una epurazione. Nell'esercito, ad esempio, si denunciano le tesi attribuite a Teng Hsiao-ping — come ai suoi predecessori Liu Shao-ci e Lin Piao — secondo le quali la qualità tecnica dell'armamento è più importante dell'educazione politica dei soldati. Sempre di recente, un lungo articolo nel Quotidiano del popolo ha spiegato in quale modo le innovazioni della rivoluzione culturale abbiano contribuito all'emancipazione delle donne cinesi. Una serie di testi, infine, trattano dei misfatti del « burocratismo », denunciato come « la dittatura dall'alto al basso», cioè dei ministeri centrali verso le autorità locali. Se ognuno di questi temi dà una direzione di lavoro politico, nessuno sembra fatto per attizzare la lotta tra le fazioni. Al contrario, si definiscono gli obiettivi che certamente devono assicurare la continuazione della rivoluzione, ma secondo i quali tutti sono invitati a unirsi « sotto la direzione del comitato centrale del partito, che ha alla sua testa il presidente Mao ». Le ragioni di queste preoccupazioni per l'unità del Paese sono facilmente comprensibili. Quattro dei capi più vecchi della rivoluzione cinese — Tung Pi-wu, Kang Cheng, Ciu En-lai, Ciu Teh — sono scomparsi da un anno, e questa già lunga serie non può non alimentare i timori che ognuno prova naturalmente per la salute d'un presidente costretto egli stesso dall'età a ridurre talmente le attività da avere annullato le comparse in pubblico. Soprattutto per rispondere a questi timori si diffondono gli appelli all'« ottimismo rivoluzionario » e alla « fiducia nel futuro del partito ». Ancora una volta dunque si ribadisce che le tendenze all'unità — benché si tratti di una unità rivoluzionaria — devono avere il sopravvento sulla lotta tra le fazioni. Alain Jacob Copyright di « Le Monde » e per l'Italia de « La Stampa » Cittadini nelle strade, a Pechino, dopo il terremoto (Ap) l'attuale movimento di criticapolemiche per una « questione

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