Non ci sono ancora le case Strade bloccate in Friuli

Non ci sono ancora le case Strade bloccate in Friuli Un duro inverno per i terremotati Non ci sono ancora le case Strade bloccate in Friuli (Dal nostro inviato speciale) Gemona, 29 agosto. Quindici chilometri di coda, da Tolmezzo al bivio di Gemona. Quasi altrettanti in senso opposto; poi gente sulla strada, cartelli, altoparlanti. «La popolazione del Friuli ha deciso d'iniziare da oggi la propria lotta rallentando il traffico in più punti sulla Pontebbana e su altre strade della zona. Gemona, Venzone, Buia sono ancora come le ha lasciate il terremoto di maggio. Regione, Provincia e Governo hanno rallentato fino all'inverosimile la ricostruzione». Questo gridano i microfoni sparsi un po' dovunque sulle strade friulane ed i cartelli sostenuti dalla gente parlano altrettanto chiaro. «La terra trema, la casa manca, che cosa aspetta la giunta bianca?» fa da contraltare ad un «scudo crociato baraccati di Stato». «Non vogliamo fare i terremotati di professione» dice un'altra scritta che due ragazzi tengono alta sopra la testa. E poi, lunghissimo, l'elenco dei nomi, l'elenco dei bisogni: «ria Stalis senza casa e senza acqua» a «Forgaria dove manca tutto», attraverso quarantadue centri gravemente colpiti e 119 più o meno sinistrati. Si spezza il tragico, tradi¬ zionale silenzio dignitoso dei friulani. E non è protesta di pochi, di fanatici sinistrati che mal ripagano la «generosità del paese». La firma, in fondo al volantino, che un contadino di 40 anni mi lascia in mano, è della federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil. I lavoratori del Friuli hanno deciso di parlare e, come al solito, parlano chiaro: «A 115 giorni dal sisma che ha provocato migliaia di morti, 400 dispersi, la distruzione di ventimila case, la lesione di altre trentamila, sessantamila senzatetto, danni per cinquemila miliardi, la situazione rimane di enorme gravità dato l'ormai rapido avvicinarsi della stagione invernale, particolarmente pesante in queste zone. Le famiglie che hanno avuto le case distrutte e che hanno trascorso l'estate sotto le tende affrontano l'avvicinarsi dell'inverno senza vedere nessun progetto concreto di sistemazione provvisoria decente». Dopo aver tracciato questo quadro drammatico della situazione, i sindacati friulani passano direttamente all'attacco: «La prima responsabilità è della giunta regionale, che ha ritardato l'emanazione delle leggi, ne ha fatte di farraginose, ha accentrato tutto il potere lasciando ai Comuni solo le decisioni controverse, e non ha dotato i Comuni stessi di strumenti tecnici e finanziari adeguati. A questo sì aggiunge l'inefficienza dello Stato e del governo che nella gestione di un problema che per la sua gravità supera le dimensioni regionali, sono brillati per la loro assenza». Tutte accuse che saranno dette a voce ad Andreotti nella sua visita che farà a fine settimana. In effetti gli stanziamenti a favore del Friuli sono stati di 400 miliardi sui tremila promessi e sui cinquemila di danni effettivi. Ma tutte queste cose derivano, ed è abbastanza doloroso rilevarlo a circa quattro mesi dalla tragedia, dalla «informazione deformata» che si è trovata fin dall'inizio e all'iolamento di cui si sono resi responsabili molti di quelli che dovrebbero essere organi d'informazione a livello locale. La popolazione oggi scende in lotta perseguendo gli obiettivi del rifacimento delle case riparabili prima dell'inverno e della sistemazione in baracche per i senzatetto, richieste che sono appena sufficienti per affrontare il rigido inverno del Friul senza disagi che potrebbero diventare drammatici, specialmente per gli anziani e per i bambini. Su uno dei cartelli a caratteri rossi e cubitali c'è scritto: «Visitate Gemona, la Pompei del Friuli». Dopo il terremoto tutti hanno parlato di questo angolo di terra, adesso, a quattro mesi di distanza, tutto sembra finito ma qui le case non ci sono ancora e la gente vive nelle tende aspettando la neve. Mauro Benedetti

Persone citate: Andreotti, Mauro Benedetti