Lassù qualcuno ha paura di Elvio Ronza

Lassù qualcuno ha paura 600 MILIONI DI PERSONE VIAGGIANO IN AEREO: TEMERARIE? Lassù qualcuno ha paura Anche se manifestano disinvoltura e una sfacciata sicurezza, quasi tutti i passeggeri degli aerei sono aggrediti, prima di partire e quando sono in volo, da una vera e propria angoscia - La tragicomica esperienza d'un uomo che non ama salire sul jet Nel 1975 sono salite su aerei di linea, in tutto il mondo, Cina e Urss escluse, quasi 600 milioni di persone. In Italia l'anno scorso hanno preso l'aereo 8 milioni 760 mila passeggeri: duecentomila in meno rispetto al 1974. Domanda: questo mezzo miliardo di icari planetari e 9 milioni di icari nazionali sanno quello che fanno? Dormono tranquilli prima di salire su un aereo? Sono dei matti? Dei coraggiosi? Dei rassegnati fatalisti? Rispondono i tecnici: « Fatalisti? Pazzi? Vuole scherzare? Ma lo sa lei che gli incidenti aerei sono rarissimi? Muoiono più viaggiatori in un giorno per disgrazie stradali che in un anno per sciagure aeree. Non l'ha letto che Fred Astaire a 76 anni è caduto dal monopattino e si è slogato un polso? In terra non c'è sicurezza. La persona che vola ha un temperamento razionale, concreto. Non ha bisogno di coraggio. Conosce il suo privilegio: partire e arrivare». Alla faccenda della razionalità non ci credo. Oh, anch'io ho ammirato tante volte chi prende l'aereo con disinvoltura. «Che nervi d'acciaio» mi dicevo. Poi l'ultima volta che sono salito su un apparecchio li ho tenuti sotto controllo i miei compagni delle nuvole, quelle belle facce bianche, tese, quegli occhi fissi... Nervi d'acciaio? Gli ho rivolto domande trabocchetto durante decolli e attcrraggi, naturalmente per rincuorare soprattutto me stesso. «Scommetto che lei in questo momento pensa che l'aereo non ce la fa, che sta per cadere». Qualcuno per poco non mi sveniva lì, sulla poltrona. Che ebbrezza scoprire che il mondo è terrorizzato, in barba alle statistiche. Tutti spaventati, esattamente come me. Il dovere Ma perché questa paura dell'aria è cupa, rabbiosa? Immagino perché è evitabile. Nessuno è obbligato a prendere un aereo. Ci sono treni, automobili, navi, biciclette, monopattini se il passeggero è temerario. Ahimè, e quelle rare volte che non si può scegliere? Quando si è costretti a dire sì, altrimenti ne va del proprio onore, della professione, del piacere di svolgere un certo lavoro? Questa è la storia del mio ultimo disperato vano tentativo dì evitare l'aereo, di restare orgogliosamente fuori della comunità dei 600 milioni di incauti volatori. Un giorno dunque il direttore mi chiama. Mi annuncia che devo partire per gli Stati Uniti, soggiorno 12 giorni. Felice? Non sorrido, alzo le spalle, nicchio. Gli faccio una pessima impressione. Come, mi manda in America e non sono contento? Naturalmente accetto, con l'angoscia nel cuore. La paura ha piantato le radici nel mìo petto. Sono un bicchiere nelle mani di un bimbo. Mancano tre settimane alla partenza. Comincia l'agonia. L'annuncio ai colleghi è accolto con elegante invidia. Nessuno può evitare di ritenermi fortunato. Mia moglie invece mi fa tante feste. Un marito che va negli Stati Uniti... e per lavoro: ecco un motivo di grande soddisfazione. Fa correre la voce. In me nasce, asprigno, il sospetto che non mi ami più. Vuole sbarazzarsi di me, questa è la verità. E' mostruoso! Dovrebbe saperlo che non precipiterò da solo. Con me si sfracelleranno altre 300 persone. Altri 300 papà e mamme. Il caso mi stende una mano. Non trovo più il passaporto. Mai uomo di senno fu più ilare per lo smarrimento di un documento importante. Sì può averne in fretta uno nuovo? « Piano piano, c'è un mucchio di denunce e segnalazioni da fare... Cerchi piuttosto di ritrovarlo». Sono a cavallo, l'America si allontana, avrò la scusa credibile per tirarmi indietro. Entra in scena, con rinnovato cinismo, mia moglie. Un giorno rincaso tranquillo, sto mettendo a punto i dettagli della rinuncia. Ed ecco lei sorridente, euforica. «Indovina che cosa ho trovato?». Dai, non farmi perdere tempo. «Il pas-sa-por-to». Mi sento annegare. Ha rovesciato l'alloggio. L'ha scovato sotto un cassetto. Solo una donna con disposizione all'uxoricidio può raggiungere con mani rapaci un passaporto scivolato sotto il cassetto. Sono perduto. Il sonno se ne va, il cibo mi ripugna. Vivo tra incubi. Se entro in una stanza e cade un oggetto per la corrente d'aria: questo è un avvertimento del destino. «Stai all'erta, anche il tuo aereo farà così, un tonfo improvviso...». Il destino Di nuovo il caso, il benevolo caso mi soccorre. Il passaporto è scaduto, non vale niente; e siamo a dieci giorni dall'inizio del viaggio. Sedotti da quella che ritengono una intollerabile persecuzione, i colleghi hanno uno slancio di corporativa generosità: si fanno in quattro per aiutarmi. Mi presentano al funzionario di questura. «In due giorni avrai il passaporto nuovo». Non hanno capito niente. Ma... ma vorrei rompermi un braccio... scivolare su una buccia di banana... frat- \ turarmi qualcosa... qualcosa da poco. Farei pena, diventerei il martire della malasorte. Sarei perfino coccolato. E non partirei. Mi venisse un'idèa. Ho bisogno di un'idea. Mi tormento per notti. E una, finalmente, mi illumina. Vado dal medico amico. Gli racconto di certi dolorini qui, là. Invento malattie inesistenti; appesantisco vaghi sintomi. Mi guarda, mi ascolta con smorfie beffarde. Mi regala un sacchetto di medicine. « Sono per i tuoi sintomi». Allora, confessalo, confessalo non ho paura: sono grave. «Se tutti i malanni che dici fossero autentici, non ti resterebbe che spararti. Parti, divertiti». Sprofondo sempre più giù, nel gorgo. Sarei perduto se non ci fosse lui, l'inesauribile caso. Il funzionario mi informa che il passaporto scaduto era stato rilasciato da un'altra questura. E' quell'ufficio che deve fornire informazioni sul mio conto. Le hanno già richieste. Però ci sono le elezioni, tutti gli agenti vanno nei seggi, anche quelli addetti ai passaporti. Prima dì sei giorni non potrò avere il documento. Se voglio sollecitare di persona. Ah ah, sollecitare. Non faccio niente. Così potrò arrivare indenne a 48 ore dalla partenza. E poi ci vorrà il visto del consolato. Quel DC 10 alla Malpensa non lo prenderò mai. Ne sono sicuro. La fiducia Infatti tornano gli agenti dai seggi, le informazioni non sono arrivate. Riposo sereno, mangio con appetito. L'America non vedrà questa ostinata faccia di antitrasvolatore. Il direttore è sinceramente rammaricato. «Tenta, tenta ancora. Intanto di a X di tenersi pronto». Avviso il collega con passaporto in ordine dì stare in allarme. Se entro 24 ore non avrò il documento, dovrà partire lui. Guardo la gente con ottimismo: come è bella la vita. Eccola, in agguato, ancora lei, mia moglie. «E cosi non andrai in America». Sembra proprio. «Tutti sanno che avresti dovuto partire». Non gliel'ho detto io. «Che figura!». Non me ne importa, forza maggiore. «Però se tv avessi voluto..». Non ti capisco. Forse c'è qualcuno che non va volentieri in America? «Se tu avessi insistito per il passaporto... le conoscenze che hai...». Lo sai che sono fatalista. Ho lasciato fare al destino. «E il destino cosa vuole?». Non vuole che parta. Prima il passaporto smarrito... e ritrovato con l'aiuto del diavolo; poi il passaporto scaduto; poi le elezioni... dovrei forzare la m!ano al destino? «Hai pensato... ecco, se cadesse l'aereo?». Quale aereo? «Quello su cui avresti dovuto viaggiare». E già. Io non ci sarei. E ti spiace. «Ma ci sarebbe il tuo collega. E tu lo sapevi». Cosa sapevo, io? «Che l'aereo sarebbe caduto. Non te l'ha detto il destino? E hai mandato un altro al tuo posto». La vendetta E' terribile, è riuscita a farmi sentire un vigliacco. Se succedesse il disastro... è vero, come potrei guardare la moglie del collega, ì suoi figli... i miei figli... l'umanità, puntare i miei occhi in quelli accusatori dell'umanità! Posso forse dire all'amico: non andare, bada che l'aereo cadrà. E dovrei avvisare anche gli altri 300 passeggeri. Certo che dovrei avvisarli. Così in un giorno divento la persona più derisa d'Italia. E più querelata dalle compagnie aeree. No no, sfiderò il destino. Sarò uomo. Morirò con dignità. Chiedo soccorso ai colleghi. E' un incrociarsi di frettolose telefonate. In due ore arrivano in questura per telex le informazioni. A mezzogiorno mi consegnano il passaporto. Nel pomeriggio vado al consolato americano. Subdolo il destino mi dà l'ultimo avvertimento. «Attento, è venerdì. E il consolato è in via Alfieri». Ebbene? «Guarda il numero: diciassette». E' la fine. Prima di partire, la domenica, distribuisco negli angoli della casa messaggi biblici per i sopravvissuti. Le mie estreme deliranti volontà. Mia moglie sorride. E' quasi vedova e sorride. Reagisco con furore. Tormento in volo i compagni di sventura. Divento il Frankenstein dei jet. «Scusi, glielo hanno detto che tra 10 secondi questo aereo cade?». Sono la vigile lucida coscienza dei 600 milioni di pazzi viaggiatori. Elvio Ronza Alassio. lanine Rowley, eletta Lady Universo, ha paura di volare

Persone citate: Fred Astaire, Rowley

Luoghi citati: America, Cina, Italia, Stati Uniti, Urss