Repubblicani e socialisti nella bufera del compromesso storico di Antonio Ghirelli

Repubblicani e socialisti nella bufera del compromesso storico STAMPA SERA del luneOi Repubblicani e socialisti nella bufera del compromesso storico Roma, 22 agosto. La sortita dell'oli. La Malfa sull'ineluttabità del compromesso storico e le dure polemiche della sinistra socialista (Codignola prima, poi Giolitti) contro la segreteria Craxi possono essere considerate due allarmanti preannunci di un terremoto politico che ha il suo epicentro — tanto per usare una terminologia venuta malauguratamente di moda — nei ri¬ sultati del 20 giugno. Pur senza possedere le celebrate nozioni dei sismologi cinesi, si può agevolmente prevedere che il terremoto in questione si abbatterà presto o tardi sul governo Andreotti, ma non è dato naturalmente conoscere la data esatta dell'evento, né si può escludere che, caduto un governo Andreotti, non se ne possa formare subito dopo un altro, articolato magari con una formula diversa. Ma è certo che ci stanno dinanzi settimane e mesi di dure battaglie o, come ha detto in tono più sfumato Giorgio Amendola nell'intervista al collega Coisson, che «la fase aperta dal monocolore Andreotti sarà segnata da un grosso sviluppo del dibattito politico ». In termini immediati, sembra abbastanza evidente, sulla base delle polemiche esplose nella settimana appena conclusa, che la pausa estiva non ha affatto risolto i problemi creati ai partiti laici dalla mancata « abrogazione » della de e dalla travolgente avanzata dei comunisti. Mentre il partito liberale è ridotto alle proporzioni di un club e quello socialdemocratico si sta sciogliendo come la neve del Sestriere all'incerto sole di Ferragosto, tempi difficili si annunciano anche per repubblicani e socialisti. La destra repubblicana non ha affatto gradito l'ultima profezia di La Malfa, anche perché, secondo la finissima osservazione che Enzo Forcella ha affidato al post scriptum di un articolo su la Repubblica, « i giudizi di latto sono anche giudizi di valore » o, in altre parole, « anche facendo o non facendo una "constatazione", si può contribuire a produrre, rilardare o impedire un fatto politico », nel caso specifico, il compromesso storico. Questa dev'essere anche l'opinione di Spadolini, di Bucalossi, di Compagna, di Reale, insomma dell'ala moderata del partito, se è vero che, dopo le prime reazioni furibonde del leader repubblicano («/a nostra è una classe politica di imbecilli ») è venuta in pochi giorni una grandinata di dichiarazioni, interviste, editoriali, intesi a rettificare il tiro. Fino al «corsivo» dell'altro ieri in cui gli encomi al pei si sono trasformati addirittura in aspre rampogne per la sua politica fiscale, la quale rivelerebbe una cinica rinuncia alla difesa dei disoccupati e dei giovani, delle zone sottoccupate e del reale sviluppo del Paese, per la preoccupazione di catturare i voti «dei ceti medio-elevati». I comunisti, che nelle stesse ore andavano elogiando sulle colonne di Paese Sera il «buon» leader, difendendo il suo « diritto al coraggio mentale », si sono visti costretti a prendere atto del precipitoso ripensamento. Che non rispecchia, tanto ovviamente, il temperamento vulcanico di La Malfa, quanto la situazione precaria in cui il suo partito viene oggettivamente a trovarsi nell'attuale congiuntura. Per il psi, il discorso è ancor più drammatico. La «congiura dei colonnelli» quarantenni che, con l'appoggio di Mancini, hanno liquidato la gestione De Martino e portato Craxi alla segreteria, non risolve alcuna delle contraddizioni in cui i socialisti sono tornati ad avvolgersi negli ultimi trent'anni, esattaniente come avevano fatto tra il 1919 e il 1922. Codignola ha parlato di una «grave malattia, per cui il dibattito delle posizioni diventa scontro di gruppi, ciascuno dei quali considera la propria autodifesa come il maggiore dei propri compili», emarginando chiunque «non sia disposto a gettare incenso sul capitano di giornata». Giolitti ha insistito sul concetto che aveva illustrato polemicamente al recente convegno di Mondo operaio, cioè sulla legittimità della mediazione sua e della sinistra tra il partito e il «movimento», la famosa «area socialista», non solo in chiave culturale ma anche e soprattutto nell'intento politico di modificare radicalmente le strutture portanti del partito stesso. In poche parole, gruppi di pressione interni ed internazionali, oltre che la sua organica natura, impediscono al pri di inserirsi nel compromesso storico come ipotetico garante di una linea illuminista e liberista, mentre il psi rischia di essere stritolato dall'intesa tra i due giganti, paralizzato com'è dalla storica contraddizione tra le due «anime». La vocazione riformista è frenata dal trauma della disastrosa esperienza del centro-sinistra, dal timore di una scissione e dalla concorrenza sostanziale del pei sul terreno socialdemocratico. La tendenza massimalista, che oggi si propone piuttosto come un'alternativa radicale e libertaria al sistema, respinge l'accordo col pei per un inconciliabile dissenso sul centralismo democratico. In tal modo, il partito socialista rimane non solo fermo ed incerto, ma pericolosamente isolato dai due unici alleati possibili, la de a destra, il pei a sinistra. D'altra parte, l'immobilismo di un grande partito non può essere eterno, a meno di non coincidere con il suo suicidio. L'avvento definitivo del compromesso storico non dipende, con tutto il rispetto, dalle profezie di La Malfa, ma dal coraggio con cui i socialisti si collocheranno di fronte alle loro gravissime responsabilità storiche. Antonio Ghirelli

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