Ritrovata l' auto verde usata dagli evasi di lecce di Silvana Mazzocchi

Ritrovata l' auto verde usata dagli evasi di lecce Mesina e compagni si sono imbarcati? Ritrovata l' auto verde usata dagli evasi di lecce Sulla vettura, una "128", scoperti tre proiettili di pistola - I fuggiaschi sono stati aiutati da elementi della malavita locale (Dal nostro inviato speciale) Lecce, 22 agosto. Sono andati verso il mare Ionio probabilmente per imbarcarsi. Graziano Mesina, Maffeo Bellicini, i due nappisti Giuseppe Sofia e Martino Zìchitella insieme con il quinto complice? Li avrebbero visti un gruppo di contadini nel primo pomeriggio di oggi mentre si allontanavano dalla « 128 » verde rubata, sulla quale fuggirono venerdì scorso pochi minuti dopo essere evasi dalla casa penale di «Villa Bo-Bo». L'auto (con tre proiettili di pistola su un sedile) è stata trovata nelle campagne di Alezio, nel Salento, a 40 chilometri da Lecce, a 10 da Gallipoli, sulla costa ionica pugliese. L'allarme è scattato immediatamente e centinaia di uomini tra carabinieri e polizia sono stati mobilitati per stringere la zona, ma dei fuggiaschi si sono perse le tracce. Ora sono state messe in allarme le motovedette, mentre gli elicotteri dei carabinieri continuano a perlustrare questa fascia di terra. S'ipotizza che gli evasi — i cinque, ritenuti cervelli della fuga di venerdì — siano andati verso il mare (forse per poi andare in Sardegna?) dove forse qualcuno li aspettava da giorni. « Certamente c'è stata una organizzazione che ha favorito e appoggiato la fuga dei detenuti dall'interno del carcere — aveva ammesso proprio questa mattina il vicequestore Giuseppe dulia — e questa ha fatto entrare prima le armi nel carcere, poi ha garantito agli evasi, cioè ai loro capi, protezione e rifugio, ma la cosa strana è che l'organizzazione è venuta a mancare proprio al momento della fuga, infatti nessuno li ha aspettati fuori dal carcere ». Il perché di questa lacuna trapela attraverso la fitta rete di riservatezza che avvolge gli interrogatori, eseguiti dal magistrato, dei quattro detenuti catturati poche ore dopo la loro evasione, i quali avrebbero confessato che la «fuga degli undici» era stata preparata in un primo tempo per un'altra data, ma poi sarebbe stata anticipata improvvisamente a venerdì dato l'esiguo numero di agenti (quattro appena) in servizio quel giorno nei corridoi del carcere. L'indagine amministrativa tenta ora di ricostruire il momento della progettazione del piano: i coltelli e la pistola usati dai banditi per coprirsi la fuga erano già entrati nei giorni precedenti. Ma come? «I detenuti passano al metaldetector ogni volta che vanno all'aria — dice Vito Siciliano, direttore del carcere — i visitatori vengono controllati, così come i pacchi di viveri. I coltelli però possono passare nascosti nel pane, nei salami...». E' tutto come nei racconti antichi che vogliono le lime nascoste nelle salsicce e le pistole penetrare nelle prigioni a pezzi staccati, «fatti piovere» cioè lanciati dai palazzi vicini da complici esterni e poi ricostruite pazientemente nelle celle. Infatti giovedì, vigilia dell'evasione, Giuseppe Calati — unico tra gli undici evasi — ha ricevuto una visita di parenti e un pacco di viveri. Il particolare dovrebbe essere importante: Caiati, che è di Terlizzi, in provincia di Bari, è forse il quinto uomo che forma il gruppo dei « cervelli » in fuga, l'aggancio locale scelto da Mesina. Il magistrato Raffaele Vincenti, funzionario inviato dal ministero di Grazia e Giustizia che conduce nel carcere l'inchiesta amministrativa, dovrà appurare queste circostanze. Oggi Vincenti ha interrogato i quattro agenti di custodia aggrediti, poi dovrà esperire altri canali d'indagine. Alcuni detenuti tra i 173 ospitati nella casa penale, per esempio, hanno fatto nei giorni scorsi telefonate all'esterno. I loro nomi sono scritti nei moduli delle richieste presentate alla direzione del carcere così come vuole la regola e, probabilmente, essi saranno ascoltati al più presto. Potrebbe essere infatti uno di loro la « voce » che ha agito da collegamento tra i banditi pronti ad evadere e l'ipotizzato nucleo organizzativo esterno. Ma a che tipo di organizzazione può far riferimento questo gruppo? Chi protegge la fuga di Mesina, di Bellicini e dei nappisti? E' la malavita locale per ossequio e obbedienza dovuta a un capo mitico come « Grazianeddu » oppure sono i contatti esistenti da tempo tra l'anonima sequestri e i nappisti che si sono potenziati in questa occasione? All'alba di questa mattina, una « soffiata » era giunta alla polizia secondo la quale Mesina in persona era stato nascosto per alcune ore in un appartamento del rione «Chiesa greca», il quartiere malfamato di Lecce, ma una perquisizione fatta all'istante ha portato a ben poco. Tracce di sapone e di barba appena fatta hanno alimentato qualche speranza, ma il padrone di casa, interrogato, non ha fornito nessun particolare. L'episodio è però servito a rafforzare negli investigatori la convinzione che « Grazianeddu » e complici si trovassero ancora se non a Lecce, nei pressi della città. Così è stato sgombrato il campo dalle tante segnalazioni pervenute nelle ultime ore che volevano i fuggiaschi nelle campagne di Calimera e nel Foggiano, sulla via di Napoli, e gli uomini e gli elicotteri si sono concentrati nelle zone intorno alla città. Poi, finalmente, nel primo pomeriggio è stata ritrovata la « 128 » verde: la prima pista sicura di questa difficilissima indagine. Silvana Mazzocchi PAG. 2 — «Orgosolo attende Grazianeddu e teme per la sua vendetta» di Filiberto Dani. Lecce. Indagini nel carcere dell'evasione (Telefoto)

Luoghi citati: Alezio, Bari, Calimera, Gallipoli, Lecce, Orgosolo, Sardegna