Cambiano le guardie rosse? di Fabio Galvano

Cambiano le guardie rosse? Pechino a IO anni dalla rivoluzione culturale Cambiano le guardie rosse? Il 18 agosto 1966 un milione di giovani con i bracciali rossi sfilò nella piazza della Porta della Pace Celeste, e fu Pinizio della nuova Cina - I possibili capovolgimenti politici in occasione dell'anniversario Anno zero o anno dieci per Pechino? I fermenti al vertice delle gerarchie cinesi statenatisi dopo la morte di Ciu En-lai e sfociati nella destituzione del suo delfino Teng Hsiao-ping, rappresentano l'inizio di una seconda «rivoluzione culturale», che dopo l'ascesa dell'attuale primo ministro moderato Hua Kuo-feng sembra avviata verso più ampi contrasti, oppure sono semplicemente il sussulto di assestamento della prima rivoluzione, che i più credevano conclusa dalla misteriosa morte in un incidente aereo di Lin Piao, nel 1971? In ogni caso qualcosa sta muovendosi in Cina, e non è avventato prevedere qualche grossa novità per i prossimi giorni. Il 18 agosto, infatti, segmi il decimo anniversario della rivoluzione culturale, e si sa quanto peso i cinesi attribuiscano alle scadenze della loro storia recente. Oggi, come allora, si notano in Cina strani fermenti, che rispondono solo in parte a un'analisi realistica. La «cortina di bambù» è caduta, ma la Cina rimane un pianeta misterioso. Anche allora, nel 1966, pochi si aspettavano quanto sarebbe poi accaduto. Eppure i segni, con il senno di poi, non erano mancati. Il 13 giugno un decreto governativo aveva sospeso per sei mesi ogni attività nelle scuole medie e superiori e concesso a ogni studente la libera circolazione della rete ferroviaria, per permettere loro «di scambiare esperienze rivoluzionarie». Il 16 luglio, poi, Mao si era tuffato nello Yangtse e, nelle parole della propaganda cinese, aveva nuotato «per ben quindici chilometri nel senso ddla corrente, senza dare segno di stanchezza». I più pensarono a un exploit fine a se stesso; pochi ricordarono l'immagine, cara alla mitologia, del drago che sorge dal fiume a significare nuovo benessere e nuova forza per il popolo. Altri due episodi significativi: la violenta polemica dei giornali a proposito di un dramma teatrale, La deposizione di Hai Jui, il cui autore, che era poi il sindaco di Pechino Wu Han, fu attaccato come «ideologo borghese»; alcuni disordini all'università di Pechino, tappezzata di tazebao contro il rettore Lu Peng, accusato di «revisionismo e tendenze borghesi». Ed ecco, il 18 agosto, un milione di studenti provenienti da ogni parte della Cina sfilare nella piazza della Porta della Pace Celeste, la Tien An Men, che nei mesi scorsi ha visto le manifestazioni promosse da Teng nel vano tentativo di reagire alla sua defenestrazione. Avevano tutti il bracciale rosso, in quella prima adunata (avrebbero fatto seguito quelle del 31 agosto e del 15 settembre): nascevano le «guardie rosse», nucleo di partenza della rivoluzione culturale già velatamente preannunciata da Ciu En-lai il 30 aprile. A dieci anni di distanza non è ancora possibile comporre un quadro completo degli eventi che dilaniarono la Cina fra il '66 e il '69, la fase più « calda » della lotta per il rinnovamento sociale. L'unica certezza è che la rivoluzione culturale ha rappresentato una svolta decisiva nella Cina moderna, la formulazione di un « comunismo cinese » che fino ad allora, nonostante i continui screzi, aveva ricalcato gli schemi sovietici. Dal 1° ottobre 1949, quando .nella stessa piazza Tien An Men Mao aveva proclamato la Repubblica Popolare Cinese, molte cose erano accadute. La Cina feudale e confuciana, già piegata ideologicamente, era stata di fatto accantonata dalla « resurrezione » indicata da Mao. La lunga storia passata della repressione occidentale, dell'invasione giapponese, della guerra civile, della « lunga marcia », era relegata ai racconti dei superstiti, e nuovi problemi si erano posti di fronte a Pechino: l'ostilità con Mosca, acuitasi con Kruscev che, accusato da Mao di avere tradito la rivoluzione (per la sua apertura a Washington), fu tacciato di « guerrafondaio ». E poi c'era stato, nel 1958, il « grande balzo in avanti », una campagna che mirava all'industrializzazione globale e capillare dell'intero Paese. La fame, la miseria, l'analfabetismo, erano stati piegati. Era anche esplosa, nel '64, la prima bomba atomica cinese. E, all'inizio degli Anni Sessanta, sull'onda di un benessere molto limitato per i livelli occidentali, ma quale la Cina non aveva mai conosciuto, era risorta una specie di lotta di classe. « Anche in una società socialista — scriveva Mao — riemergono le contraddizioni». Il « revisionismo » cinese fu, in quella torrida giornata dell'agosto 1966, l'obiettivo con- tro cui si scagliò quel milione di studenti. Quello che accadde negli anni seguenti fu un vero gioco cinese, un tessuto di colpi e contraccolpi, sinistre contro destre, ma anche false sinistre che si muovevano per colpire da destra. Un'ingarbugliata matassa di fili sfuggenti, una serie di esplosioni non tutte a tempo. Il primo scontro fu tra Mao, presidente del partito, e Liu Sciao-ci, presidente della Repubblica: vecchi compagni della resistenza e della « lunga marcia », soprannominati rispettivamente « il contadino » e « l'operaio », per due anni rappresentarono i termini del contrasto: Mao per il progresso « a due gambe» (tutti insieme, una marcia costante, senza scompensi), Liu per un progresso burocratico in cieca obbedienza al partito. Mao si scatenò: accusò il rivale di avere favorito il formarsi di una classe privilegiata di funzionari e letterati, di avere isolato il partito dalle masse. Tutto si scaricò su Liu, anche l'accusa allora più infamante, quella di essere « // Kruscev cinese ». Per Mao la politica andava messa « al primo posto », Liu cercava di dirottare le masse sui miglioramenti materiali, da « revisionista » appunto, sulle linee dei sovietici e del capitalismo. La spuntò Mao, nel '68: Liu fu esonerato dall'incarico di presidente della Repubblica, e da allora fa il pensionato. Ma Liu aveva acceso una miccia pericolosa, quella del mondo operaio di Sciangai, con 12 milioni di abitanti la più grande città della Cina. L'impatto degli estremismi fu cruento, e portò la produzione industriale sull'orlo del collasso Il «vento dell'economismo» aveva fatto strada, i richiami di Mao all'ordine non erano serviti. Mao, che fino ad allora aveva tenuto l'esercito in disparte, decise di servirsene, non come forza d'urto ma come mediatore. Nelle mani del «fedele» Lin Piao, l'armata si trova al centro della tempesta, fra la ventata di destra e quella dell'ultrasinistra. Sciangai, nel gennaio del '67, vede la nascita di una Comune oltranzista. «Tutto il potere a! popolo», si grida nelle vie. In altre parole neppure il partito, neppure Mao servono più. E' il momento più difficile per Mao, perché lo spirito della Comune di Sciangai si diffonde nel resto della Cina. Si arriva, nell'estate del '67, all'occupazione di alcuni ministeri a Pechino. II presidente è costretto al compromesso: la formazione dei «comitati rivoluzionari», e le Comuni vengono affossate. L'ultrasinistra accusa Mao, che ha ormai 73 anni, di avere tradito la rivoluzione culturale. Ma ormai il Paese sembra assestato dopo la scossa. Nella primavera del '69, a Pechino, il IX congresso del pcc saluta la vittoria della rivoluzione culturale, proclama Lin Piao «delfino» e successore di Mao. Sembra tutto finito. Ma non lo è: la misteriosa morte di Lin Piao, due anni dopo, propone nuovi interrogativi. Il suo aereo cade sulla Mongolia. Pechino afferma che stava fuggendo a Mosca dopo un fallito colpo di Sta¬ to contro Mao. Il X congresso, nel '73, condanna ufficialmente il «tradimento». Intanto la Cina è stata ammessa all'Onu, ha aperto la sua «cortina di bambù» agli Stati Uniti ricevendo Nixon. Si apriva una nuova era. A tenere il bandolo della matassa restava Ciu En-lai, un moderato che durante la «rivoluzione culturale» aveva passato i suoi guai. Ora, dopo la sua morte, i guai sono tornati sul suo erede Teng Hsiao-ping, Mao sembra impegnato, con le ali più radicali delle gerarchie cinesi, in una nuova lotta contro i «revisionisti», neppure il moderato Hua Kuo-feng sembra al sicuro sotto le spinte di Wang Hung-wen e di Ciang Cing, la radicalissima moglie di Muo Dieci anni fa la Cina affrontava l'urto che le avrebbe cambiato ii volto. Tutto lascia indicare che, in questo decimo anniversario, la lotta continua. O comunque è ripresa. A quando le massicce sfilate delle nuove guardie rosse? Fabio Galvano 16 luglio 1966: Mao nuota nello Yangtze, simboleggia il nuovo benessere. Il mese dopo esplode la « rivoluzione »