I Pierini senza freno che fanno paura alla Rai

I Pierini senza freno che fanno paura alla Rai È una dolente verità: spesso si confonde la libertà di parola con le "parole in libertà,, I Pierini senza freno che fanno paura alla Rai Pierino ha un anno e non spiccica ancora sillaba. Rincresce ma niente di grave. Capita. Pierino compie due anni e non balbetta neppure una parolina. Comincia la preoccupazione. 11 medico di casa scuote la testa perplesso e consiglia uno specialista. Pierino compie tre anni e tace. Lo specialista si trasforma in un consulto di specialisti. Che diventano, addirittura, luminari di fama internazionale, con parcelle da infarto, allorché Pierino, giunto al suo quinto compleanno è muto come un barbo. Pierino ha già sei anni, quando la mamma, una maltina, lo guarda con gli occhi pieni di lacrime e singulta: « Ma perché non parli, piccolo mio! ». « Ma insomma! — fa Pierino con voce precocemente baritonale — Non l'avete ancora capito che non parlo perché non ho niente da dire? ». E' solo una storiella. Abbastanza stagionata. Ma esprime, in modo paradossale, una dolente verità. Il nostro mondo è pieno di Pierini all'incontrario. Che parlano, cioè, a ruota libera non avendo niente da dire. E che confondono la libertà di parola con le famose « Parole in libertà », inventate, nella preistoria del '900, da Filippo Tommaso Marinetti. Quanta gente va in giro sospirando: « Ah! Se potessi dire quello che penso! ». Poi, quando possono dirlo, ci vuol poco a capire che non pensano affatto. O che pensano, al massimo, ai loro all'ari. E' il caso delle radio libere 1 (ina è più esatto definirle « private ») che, signo dato, sono saltate fuori, a centinaia, lungo tutta la penisola e continuano tuttora a moltiplicarsi. In modo allucinante. Basti pensare che solo a Roma (dove qualsiasi iniziativa è ritardata da una secolare, beata pigrizia) ve ne sono 50. Radio Roma, Radio Capitale, Radio Luna, Radio Città Futura, Radio Elle, New City Sound, Alba Radio, Radio Blue, Radio Trastevere... Quando impianti del genere erano ancora fuori legge e la Rai-Tv si considerava l'unica autorizzata a cinguettare nell'etere nazionale, si faceva un gran parlare di « libertà conculcata », di « vergognoso bavaglio » e di « masmedia monopolizzata dal potere ». Milioni d'italiani auspicavano l'avvento delle radio « alternative » all'azienda di Stato, convinti di sentirne, finalmente, delle belle. Rivelazioni sensazionali, denunce clamorose, uomini politici messi a nudo, polemiche travolgenti e via dicendo. Ma si trattava di un'aspettativa perlomeno ingenua. Le 300 radio private, più o meno potenti, che attualmente, in Italia, balbettano un po' dappertutto, lasciano assolutamente il tempo che trovano. Annunciatori inesperti dall'accento pesantemente dialettale. Notiziari di seconda mano. Interviste inutili. Freddure che risalgono all'uomo di Neanderthal. Qualche timida illazione, fatta in tono goliardico. Il solito Lucio Battisti, i consueti vaniloqui sentimentali di Claudio Baglioni e, soprat¬ di 40 minuti che va in onda tre volte la settimana (lunedi, martedì e mercoledì) appena finisce il giornale radio delle 13. L'hanno ideata e la presentano due genovesi: lo scrittore « beat » Lino Matti e la bella attrice Enrica Bonaccorti. Assistiti, come organizzatori, da Vittorio Bonolis e Roberto Brigada, regista Giorgio Baudini. La trasmissione (classificata, ufficialmente, « musicale ») ha lo scopo di mettere in luce, facendo pollice verso, tutte le forme di censura, proibizione, repressione e limitazione dei diritti civili, esercitate in Italia dal « potere ». Nelle sue varie configurazioni. Fra una discussione e l'altra, a ino' di punteggiatura, canzoni. Scelte, esclusivamente, fra quelle che la Rai, finora, aveva messo rigorosamente al bando. Per motivi di sesso o di denuncia sociale. Com'è facile capire, si tratta di una vera bomba. Un autentico terremoto. Ne è rimasto impressionato perfino Sergio Saviane. « Sembrerà paradossale — ha scritto su "L'Espresso" lo spietato inventore dei "mezzi busti" — che proprio l'industria censoria della Rai abbia inaugurato una rubrica di queste tipo ». Quanto all'indice d'ascolto, finora è stato piuttosto basso. Strano. Si direbbe che gli italiani, sempre così assetati di verità, quando arriva la verità la trovino amara e preferiscano dissetarsi con le bibite inzuccherate dai gestori del bugiardificio nazionale. Giancarlo Fusco tutto, una ricerca disperata di pubblicità. Quanto alle emittenti romane, va anche peggio. Perché in molte di esse si avverte, per di più, la speranza di assicurarsi un « box » alla mangiatoia di questo o quel partito. I microfoni liberi sono una bella cosa. Ma purtroppo non sono commestibili. Per fortuna, anche questa deludente medaglia, come tutte le medaglie, ha il suo rovescio. Ossia, perlomeno un aspetto positivo. In quanto crea una certa preoccupazione concorrenziale nei dirigenti della Rai. Per ora, il « boom » delle radio private, data la qualità, è un fenomeno trascurabile. Perché neppure 300 mosche possono infastidire seriamente un rinoceronte. Ma non si sa mai. Qualcuna di quelle emittenti pellegrine, oggi o domani, potrebbe smettere di fare « coccodè » e cacciar fuori uno squillante « chicchirichì ». Evidenziando, per contrasto, il « trend » conformistico della Rai. La quale, nonostante le vigorose spallate del presidente Beniamino Finocchiaro (un pugliese che si autodefinisce « cafone » e ha due polsi che ricordano quelli di Rocky Marciano) è imbrigliata, per forza di cose, dalla così detta « lottizzazione politica ». Una fetta per uno non fa male a nessuno. Comunque, se si tratta di prevenire spiacevoli dirottamenti d'ascolto, tutti i « lottizzatori » sono d'accordo. Meglio mettere le mani avanti. Ecco perché, lo scorso luglio, la Rai ha programmalo « Per chi suona la campana », rubrica

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