Lira pesante Perché no? di Mario Salvatorelli

Lira pesante Perché no? Questa nostra moneta Lira pesante Perché no? Forse è giunta l'ora di togliere qualche zero, e di decidere l'operazione «lira pesante»: 1 lira nuova per ogni 100 vecchie. Non si è mai avuto il coraggio di farla, né quando Einaudi, e poi Pella, l'avrebbero vista di buon occhio, né in successivi momenti favorevoli. Così si è arrivati al punto che le cifre in lire hanno perso ogni significato, tanto da leggere che in un mese 20 milioni d'italiani dovrebbero spendere per la villeggiatura 10 miliardi, senza far caso al fatto che probabilmente mancano due zeri, altrimenti la cifra corrisponderebbe a 500 li-, re a testa: un po' poche in lire «leggere», una cifra più ragionevole in lire «pesanti». Non so se quello attuale sarebbe un momento favorevole, con i cambi fluttuanti all'esterno e i prezzi non meno fluttuanti all'interno. Ma penso che quegli effetti positivi che De Gaulle si riprometteva all'inizio del 1960, con l'introduzione del franco pesante (1 nuovo ogni 100 vecchi) — e non solo per quella mania di «grandeur» tanto cara al generale — si potrebbero avere anche in Italia. E innanzi tutto maggior rispetto per una valuta che quotasse 8 contro un dollaro, anziché 800. Operazione «lira pesante» a parte, è certo che la nostra moneta sta riprendendo fiato. Dopo tre bimestri consecutivi di drammatica «escalation» del costo della vita all'interno e di discesa altrettanto allarmante delle quotazioni all'esterno, nei cambi con le altre valute, nel bimestre giugno-luglio la lira ha effettuato un'inversione di tendenza tanto poco attesa quanto netta, anche se è presto per definirla decisiva. Le cifre parlano. Nel bimestre invernale dicembre - gennaio, l'indice dei prezzi per le famiglie d'impiegati e di operai — il cosiddetto costo della vita, perché interessa tutti quelli per i quali le parole «costo della vita» assumono veramente un significato — rompeva gli indugi. Dopo le alterne oscillazioni che l'avevano caratterizzato nei mesi precedenti, l'indice partiva decisamente in alto, accumulando in quel bimestre un rialzo annuo del 12 per cento (senza tener conto degli «interessi composti»). Era soltanto l'inizio: nel bimestre successivo, febbraio - marzo, il rialzo era del 3,8 per cento, pari a un'inflazione annua del 23 per cento, e nel bimestre aprile - maggio l'aumento toccava il 4,7 per cento, un tasso annuo di oltre il 28 per cento. Sul fronte esterno le cose andavano ancora peggio, e in quattro mesi, dal primo gennaio al 30 aprile, la lira passava da quota 690 a quota 902 nei confronti del dollaro, cioè la sua svalutazione precipitava dal 13 per cento del 2 gennaio (rispetto alle quotazioni del febbraio 1973, inizio della «fluttuazione») ad oltre il 35 per cento. A questo punto si giustificavano le nere previsioni che sull'inflazione in Italia andavano preparando in quei giorni organismi e uffici studi internazionali. Si è saputo, infatti, recentemente che sia l'Ocse (l'organizzazione di cooperazione e sviluppo economici dei maggiori Paesi non comunisti), sia la Morgan Quaranty Trust Company di New York, in base all'andamento dei primi cinque mesi dell'anno, hanno attribuito all'Italia il poco ambito «nastro azzurro» dell'inflazione in Occidente. Secondo l'Ocse, nel secondo semestre di quest'anno, i prezzi al consumo in Italia dovrebbero salire a un tasso annuo del 29 per cento, contro aumenti negli altri Paesi che vanno da minimi del 4,5 per cento in Germania e del 5,75 negli Stati Uniti, a massimi dell'I 1 per cento in Giappone e del 14 in Gran Bretagna. Secondo le previsioni della Morgan, l'Italia si doveva preparare a un tasso d'inflazione del 27,7 per cento, quasi doppio, anche per essa, dei più alti rincari previsti in altri Paesi del mondo non comunista. E' finito il primo semestre, siamo entrati nel secondo, e per fortuna le cose in Italia vanno assai diversamente del previsto. Nel bimestre giugno-luglio il costo della vita in Italia è salito appena dell'I per cento, pari a un tasso annuo d'inflazione del 6 per cento, quasi la quarta parte del tasso d'inflazione del precedente bimestre. Il dato non è ufficiale, è un calcolo che faccio basandomi, per luglio, sui dati di Torino, resi noti sabato scorso da La Stampa. In giugno il costo della vita era salito a Torino dello 0,15 per cento e in tutta l'Italia dello 0,5 per cento. Dato che in luglio Torino ha registrato lo stesso aumento di giugno, cioè lo 0,15 per cento, non dovrebbe essere azzardato prevedere che su scala nazionale l'indice potrebbe ripetere lo stesso aumento di giugno, cioè lo 0,5 per cento, frazione più o meno. Questa non è una previsione da economista, come quelle che puntualmente vengono smentite dai fatti, è un semplice calcolo aritmetico: se gli aumenti del primo semestre del costo della vita in Italia assommano al 10 per cento e nel comune di Torino al 9,7 per cento, si può ritenere che, con qualche oscillazione, anche nei restanti mesi i due indici dovrebbero procedere d'accordo. Quanto possa durare questa nuova fase non lo so, ma intanto incominciamo a prenderne atto, e a tirare un po' il fiato anche noi. Tanto più che sul fronte esterno le cose sono andate egualmente bene. Non solo la lira non ha più perso, dopo il crollo dei primi cinque mesi dell'anno, ma dall'inizio di maggio (dimissioni del governo Moro e decisione di sciogliere le Camere) alla vigilia delle elezioni la lira ha recuperato posizioni, passando da 902 a 853 nel cambio con il dollaro, e da allora al 31 luglio si è ancora leggermente rafforzata, intorno a quota 835, riducendo al 30 per cento circa quella svalutazione che a fine aprile aveva superato il 35 per cento, rispetto alla quotazione col dollaro ante-fluttuazione. Troppe cifre, forse, per i gusti e la pazienza del lettore. Ma sono utili, per raccontare quel che succede, più delle parole, con le quali spesso si vuol deviare l'acqua verso il proprio mulino. Da queste cifre, per esempio, si può anche ridimensionare la previsione di certi esperti, secondo i quali a ogni 10 per cento di svalutazione esterna della lira, avrebbe dovuto corrispondere almeno un 8 per cento di aumento dei prezzi all'interno. Per male che sia andata, nel primo semestre, invece, il rapporto è stato all'incirca di 3 a 1 (e in parte non piccola dovuto ad aumenti fiscali). E negli ultimi mesi, proprio quando avrebbe dovuto scaricarsi all'interno l'onda di piena di quella svalutazione esterna, il rincaro della vita si è attenuato. Se ciò è dovuto alla «diga fiducia», speriamo che questa regga, il più a lungo possibile. Mario Salvatorelli

Persone citate: De Gaulle, Einaudi, Pella