Il caos di Montreal di Giovanni Arpino

Il caos di Montreal Sette giorni di Olimpiade a ritmo frenetico Il caos di Montreal (Dal nostro inviato speciale) Montreal, 25 luglio. Montreal vive II suo weekend olimpico con un'intensità e un fragore che smentiscono la tradizionale flemma canadese. Ingorghi paurosi durante la notte nel centro della metropoli per via di un ricevimento all'hotel «Queen Elisabeth» in onore del primo ministro Trudeau e della regina: pareva di essere a Napoli durante la più classica Piedigrotta. I quotidiani, la radio, i commentatori televisivi invitano i cittadini, senza mezzi termini, a spostarsi da uno stadio troppo gremito ad una palestra invece deserta: come pretendere che un amante dell'opera lirica, visto che il teatro è pieno, si arrangi e si diverta in una balera. Lo stadio olimpico è al centro di una zona trionfalmente chiassosa e superaffollata: anche se i costi sono altìssimi (ì biglietti vanno da ventimila fin oltre le 64 mila lire). Con classico sciovinismo quebecchiano, 1 giornali locali riportano ampi servizi su cosa hanno fatto i canadesi. Un esempio tipico: Il *Montrealmatin» è uscito sabato scorso con tutta la prima pagina dedicata al ventitreesimo marciatore della "20 chilometri»: si chiama Marcel Jobin, è un poveretto con baffoni, ma ha avuto più foto e più spazio che non il vincitore, quel messicano Bautista allenato tra i duemila e i cinquemila metri di altura, portando pesi secondo metodi che nessun "kapo» nazista avrebbe certo invidiato. Il week-end, in attesa delle grandi gare, è anche momento dì riflessione, bilanci, minimi pettegolezzi: suonano ancora negli orecchi gli strilli delusi della fiorettista torinese Maria Consolata Collino, furibonda per aver ceduto la medaglia d'oro all'ungherese Schwarzenberger grazie a una sola stoccata. L'argento non la consolava, e nello sfogo ne diceva di tutti i colorì a proposito della sua avversarla, per la verità scorfanetta come una Rita Pavone al peggio della sua forma. Del resto, attraversiamo un momento di isterismo tipicamente femminile, se le tante suffragette ci lasciano passare questa noterella: l'americana Babashoff ce l'ha con le nuotatrici sovietiche perché 'non si divertono» in acqua. E lei, invece, che vi passa otto ore ai giorno? Forse vi cucina anche la tradizionale torta dì mele? Ma tra i nuotatori l'invìdia e difetti anche peggiori non sono certo nati oggi: In un celebre testo storico ameri- cano vien fuori un grazioso aneddoto riguardante il grande Spitz. Accadde prima delle Olimpiadi messicane, quando già Spitz, ragazzino, pareva sicuro pretendente alle medaglie. Ebbene: ci dicono le storie che i suoi compagni letteralmente riuscirono a "smontarlo» durante gli allenamenti, rifiutandosi di nuotare "nella stessa acqua dove si immerge quello sporco ebreo». Spitz dovette attendere quattro anni, e cioè l'Olimpiade di Monaco, per vendicarsi in modo adeguato. Migliaia di briciole dovremmo raccattare sul tavolo olimpico per offrire un quadro in profondità, e non soltanto di patina televisiva. Ecco Natalino Rea, allenatore dei nostri pugili, antica gloria dei guantoni dilettanteschi. Romano, si commuove se qualcuno si occupa di lui. Appena vede I giorna¬ listi compatrioti, gli corre incontro con una borsa piena di bistecche, banane, biscotti, salsicce. «Magnate, magnate ragazzi», fa con il tono di una madre tenerissima e apprensiva. C'è un sole glorioso, in questa domenica, e la metropoli canadese si scalda l'intera ossatura sbilenca delle sue casette a un piano alternantesi ai grattacieli. La regione è tormentata da una serie di scioperi (se martedì prossimo si fermeranno i tassisti, per noi sarà un giorno da supermaratoneti: qualcuno verrà raccolto sul ciglio dei "boulevards»). Il costo della vita, aumentato proprio per i giochi, fa litigare la gente: sigarette, birra, trasporti hanno avuto uno scatto del sedici per cento, e la popolarità del sindaco Drapeau si incrina a vista d'occhio. Non basta la "grandeur» olimpica a consolare i contribuenti. Si calcola che un miliardo al giorno entri nelle casse di Montreal, grazie ai biglietti venduti negli stadi, ma sono una goccia nel mare dei debiti creati per questa ventunesima edizione del «sacro fuoco», costata oltre duemila miliardi di lire. E i canadesi del Quebec dicono: «Attenti a non seguire l'esempio italiano». E' scrìtto a grandi lettere sui giornali d'opinione. La festa e l'interesse, in ogni caso, non diminuiscono: nella rude bomboniera dello stadio Regina è l'atletica, dove gli europei stanno reggendo con grande autorità la sfida degli americani, distruttisi in gran parte nelle loro micidiali prove di selezione preolimpica ad Eugene. Circondati di simpatia sono i cubani, che ormai giocano un ruolo tutto particolare presso l'opinione pubblica, siano "sprinters» o pugili. E molta attenzione stanno attirando I nostri azdurri, perché il riscatto degli atleti (pochi ma buoni, di carattere, con un fegato robusto) e le prove dei nuotatori hanno versato spezie improvvise nelle gare sul tartan e in piscina. Un'olimpiade, quando raggiunge il punto centrale del suo vivere, è come una bella donna nell'attimo del sorriso più radioso. E quest'attimo lo si nota, lo si gode (e losi fatica, per chi deve assumerlo quale lavoro). Sta tutto in questo fin di settimana, tra gli aceri in perenne stormire, i colorì vìvidi, le strade gremite, la gente che si sdraia sui prati, le campane che suonano, le bandiere del villaggio tese come al sommo dì un immenso galeone. Passano clown su enormi trampoli, in mille cantoni vengono improvvisate recite, azioni mimate, concerti spontanei. Nei ristoranti tonnellate di bistecche abbrustoliscono, un cuoco tatuato del "Dankoff's steak house» ne scaraventa sulla griglia, lui solo, oltfe cinquemila al giorno. Si mangia a tutte le ore, dollari permettendo, e le reti televisive bombardano con una montagna di notiziari, "replay», dirette incrociate. Un giornalista italiano, arrivato in ritardo, risucchiato nel vortice del centro-stampa, ha scritto un servizio sui sedici televisori che gremiscono una delle tante sezioni dove lavoriamo a ogni ora del giorno e della notte: alla fine aveva gli occhi come quelli del gatto Silvestro, a ragnatele rossastre (se ha cercato un collirio, peggio per lui: la mia diretta esperienza testimonia che costa tremiladuecento lire alla bottiglietta, che in Italia si aggira intorno alle trecento). Torme inebetite dalla stanchezza emigrano da un punto all'altro della città: padri che reggono figlioletti addormentati sulle spalle, donnone mostruose, d'oltre cento chili, ma in inevitabili "Short», ragazzi che gremiscono le linee della metropolitana dove ogni trenino ti offre due centimetri di spazio e ottanta gradi di calura. Un localino d'angolo, di discutibile reputazione (Il cartello avverte, infatti: "Vietato alle donne», traetene voi le conseguenze) ha incollato sui vetri una immagine dell'ignaro campionissimo sovietico Andrlanov, sette medaglie nella ginnastica. Chissà come rimarrebbe male, se lo sapesse, il • maestro dello sport » russo. La gran macchina olimpica, quando gira a pieno ritmo, è un leviatano che tutto inghiotte, tutto tritura, e che alla gente ignara offre una sorta di metalsica sbronza collettiva: c'è chi perde ogni ritegno lavandosi i piedi con una Coca Cola, c'è chi, distrutto, si addormenta sull'autobus e compie continui giri della circonvallazione, qualcosa come tre ore di viaggio. Anche i protagonisti pagano un pedaggio allucinante: è appena finita la loro prova e già, sudati e sfiatati, sono preda dei truccatori televisivi, che II incipriano, li pettinano, li rassettano, li sbattono davanti all'occhio della "camera», mentre dovrebbero immergersi In un bagno tiepido e magari subire una vìsita medica. Olimpia, quante follie in tuo nome. Giovanni Arpino Montreal. Le dita di John Naber, immerso in piscina, indicano vittoria nei 200 dorso e quattro medaglie d'oro

Luoghi citati: Italia, Montreal, Napoli