Maiara del Vallo: 12 pescatori condannati in libia a otto mesi

Maiara del Vallo: 12 pescatori condannati in libia a otto mesi La "guerra del pesce,, nel Mediterraneo Maiara del Vallo: 12 pescatori condannati in libia a otto mesi (Nostro servizio particolare) Mazara del Vallo, 18 lugl. I dodici membri dell'equipaggio della motopesca d'altura «Provvidenza Gangitano», catturato due mesi fa da una motovedetta libica, sono stati processati e condannati ad otto mesi di reclusione ognuno, dal tribunale di Tripoli. La notizia è stata data a Mazara del Vallo dai parenti dei marittimi incarcerati e dal segretario della Film-Cgil locale, Paolo Giacalone, in una conferenza-stampa che ha avuto toni molto accesi. «I nostri uomini erano andati a lavorare in mare e li hanno sbattuti in carcere», hanno lamentato mogli, genitori e figli del comandante Giuseppe Ingargiola e degli undici marinai. Francesca Falcetta, moglie del primo motorista del peschereccio della base di Mazara del Vallo (la più importante del Mediterraneo, con 350 motopesca di altura e oltre cinquemila addetti) ha detto: «Per noi è come se fossero morti, io di mio marito non so più niente da quando, un giorno, all'alba, mi salutò con i bambini e se ne andò a bordo». II caso della «Provvidenza Gangitano» sta scuotendo gli animi e oggi la marineria di Mazara del Vallo è pervasa da un diffuso sentimento di inquietudine che rischia di sconfinare nella rabbia. Finora, dopo la cattura di unità siciliane, i governi arabi delle opposte sponde del Cana'.e di Sicilia — Tunisia, Libia e Algeria — avevano tenuto una linea di condotta pressoché univoca: le motovedette avevano scortato i natanti sequestrati e i loro equipaggi, nei più vicini porti dei loro Paesi e quasi subito i pescatori erano stati rilasciati. Erano stati trattenuti soltanto i comandanti e i pescherecci fino al pagamento di sostanziose cauzioni. Stavolta, invece, forse per mettere un freno ai frequentissimi sconfinamenti nelle loro acque territoriali, da parte della flottiglia di Mazara del Vallo, le autorità libiche hanno deciso di condannare l'equipaggio. Il processo, secondo i sindacalisti e i parenti dei marittimi incarcerati a Tripoli, quasi certamente avrebbe potuto essere evitato da un tempestivo intervento del ministero degli Esteri italiano. Al termine della conferenza-stampa, è stato deciso di fare una raccolta di somme in città, per permettere ai familiari dei marittimi condannati di andare a Roma, al ministero degli Esteri, per cercare di convincere le autorità competenti a intervenire direttamente sul colonnello Gheddafi. La scorsa estate, nel Canale di Sicilia, sono accaduti numerosi «incidenti» marittimi per gli equipaggi di Mazara del Vallo. Una ventina di motopesca, alcuni dei quali moderni e dotati di strumentazioni elettroniche, vennero se¬ questrati da motovedette tunisine e algerine nelle loro rispettive acque territoriali. La tensione crebbe al massimo quando, in ottobre, un guardacoste tunisino cannoneggiò il motopesca «Gima», uccidendo il mozzo Salvatore Furano, un ragazzo di diciotto anni. Poi, dopo lunghi patteggiamenti, un mese fa, il 19 giugno, il sottosegretario agli Esteri Francesco Cattanei firmò a Tunisi il nuovo accordo bilaterale. Il trattato, però, è stato impugnato dalla Cee, per una querela dovuta all'ingente contropartita richiesta dal governo di Tunisi, intenzionato a fornire all'Italia olio d'oliva. A Mazara del Vallo, comunque, armatori e sindacalisti respingono le accuse di «pirateria» loro rivolte dai Paesi arabi sul Canale di Sicilia. «Se qualche volta avvengono sconfinamenti — si sostiene a Mazara — la colpa è dei governi arabi che hanno esteso smisuratamente le acque territoriali. Ad esempio, quelle tunisine arrivano a 5 miglia dall'isola di Pantelleria». In questa situazione, qualche armatore crede di avere trovato un rimedio iscrivendo le sue unità ai compartimenti marittimi arabi (si tratta quindi di vere e proprie «bandiere ombra»), col doppio vantaggio di non farle più prendere di mira dalle cannoniere nordafricane e di pagare molto meno i marittimi. Antonio Ravida

Persone citate: Antonio Ravida, Francesca Falcetta, Francesco Cattanei, Gangitano, Gheddafi, Giuseppe Ingargiola, Paolo Giacalone, Salvatore Furano