Una Pan Electric per 150 lire di Riccardo Chiaberge

Una Pan Electric per 150 lire Ieri a Torino la vendita all'asta del "pacchetto Garlaschi,, Una Pan Electric per 150 lire Delle 730 mila azioni, 275 mila sono state acquistate per conto dell'agente di cambio milanese Franco Serù che già ne possedeva 400 mila - Il resto è stato suddiviso in quote minori - Polemiche sull'asta La tanto attesa asta delle 730 mila azioni Pan-Electric provenienti dal crack Garlaschi, svoltasi ieri alla Borsa Valori di Torino, ha lasciato la bocca amara a molti, ma più di tutti a Franco Bonaccorso, agente di cambio torinese, che puntava ad un pacchetto consistente (si era già fatto notare all'assemblea della società venerdì a Novara). Alla fine si è dovuto accontentare però di soli 120 mila titoli. La fetta più grossa, 275 mila azioni, è stata aggiudicata al suo collega Ceresole, che agiva per conto del milanese Franco Serù (presente all'asta), già titolare — com'è noto — di 400 mila PanElectric. Il resto è stato suddiviso, in quote minori, fra gli altri operatori intervenuti (13 partite, varianti da un minimo di 3000 a un massimo di 57X00 azioni). Il prezzo di aggiudicazione, dopo una serie di oscillazioni (dalle 530 di partenza si è arrivati a un certo punto, a 100), è stato fissato a 150 lire. La « regia » dell'asta, condotta personalmente dal presidente del comitato Agenti di Cambio di Torino, Mario Falletti, ha suscitato molte polemiche. « II comitato — ci ha detto Bonaccorso — aveva espressamente stabilito che si sarebbero seguite le modalità della contrattazione al listino. E così infatti si è fatto per tutta la prima fase della seduta. Poi, di punto in bianco, Falletti ha girato le carte in tavola e ha imposto il sistema dell'asta a prezzi discendenti ». « In questo modo — hanno commentato altri — non si fanno certamente gli interessi dei creditori e della società ». Il risultato, in effetti, lascia alquanto perplessi; 150 lire, anche per un'azienda in crisi come la Pan-Electric, sembrano davvero troppo poche. Il capitale sociale è costituito da 3 milioni di azioni: basterebbero quindi 450 milioni di lire per acquistare l'intera società. Si tratta, naturalmente, di una ipotesi astratta. E' sperabile che, quando la Consob deciderà di riammettere II titolo sul mercato, le quotazioni risalgono a livelli meno fallimentari. E' proprio questo calcolo, del resto, che ha fatto accorrere tanti compratori all'asta del pacchetto Garlaschi. Ma vediamo come sono andate le cose, ieri alla Borsa di Torino. Alle 10,30, ora d'inizio della « prima chiamata », il « recinto delle grida » era già gremito all'Inverosimile. Falletti ha incominciato a scandire le offerte. Da 530 lire (ultima quotazione prima della sospensione del titolo dal listino decisa dalla Consob) si è rapidamente discesi a 400. Il deprezzamento aveva superato il 20%, e si è quindi « rinviato » alla seconda chiamata, in cui — come previsto dall'avviso d'asta — era valido qualsiasi prezzo. Dopo un breve intervallo, si riprendeva a trattare, e — di offerta in offerta — le quotazioni scivolavano sempre più giù, fino a toccare il minimo di 100 lire. « Compro tutto » ha gridato a questo punto Ceresole, dietro suggerimento di Serù, che stava alle sue spalle. Ma questa prima stoccata non gli è andata a segno. La sua voce è stata subito coperta da quelle dei compratori precedenti (fra cui, probabilmente, i rappresentanti delle banche preoccupati di difendere i riporti), che «stornavano» partite di titoli a prezzi via via crescenti (150, 200, perfino 250 lire). La « bagarre » rischiava di andare per le lunghe, ritardando la conclusione dell'asta: perciò Falletti, dopo aver verificato che gli storni fossero tutti sistemati, decretava che da quel momento in poi le offerte non avrebbero po'uto superare le 200 lire. Risultavano collocati, a questo punto, circa 360 mila titoli. A quota 150, comincia il duello Bonaccorso-Ceresole. Il primo chiede 100 mila azioni; l'altro, per lo stesso prezzo, dichiara di prendersi la rimanenza. Bonaccorso tenta di rilanciare, per assicurarsi tutto il pacchetto, ma viene bloccato da Falletti, che riunisce d'urgenza il Comitato. Pochi minuti di « camera di consiglio », poi 11 verdetto: 120 mila azioni a Bonaccorso, 275 mila a Ceresole e Serù. L'asta è chiusa. « II tetto era a 200 lire, dunque avevo 50 lire di margine per tratture », protesta Bonaccorso. « Se il collega Bonaccorso voleva tutta la rimanenza, doveva farsi avanti subito » replica Falletti. Il vincitore, Franco Serù si è rifiutato di rilasciare qualsiasi dichiarazione. « Si sono scritti dei romanzi sul mio conto. Ora basta. Lasciatemi lavorare ». Ma può ritenersi soddisfatto. Con il « colpo » di ieri l'agente di cambio milanese è diventato il secondo azionista della Pan-Electric, dopo Gian Maria Capuani. Riccardo Chiaberge

Luoghi citati: Novara, Torino