La grande sfida dei vini d'Oltrepò di Piero Cerati

La grande sfida dei vini d'Oltrepò Aperta la sesta rassegna a Casteggio, nel Pavese La grande sfida dei vini d'Oltrepò (Dal nostro Inviato speciale) Casteggio, 30 agosto. L'Oltrepò pavese ha deciso di lanciare una «grande sfida» ai viti-vinicoltori del Piemonte. Sino a ieri le colline tra le province di Alessandria e Piacenza erano trascurate dalla «mappa» dei grandi vini, oggi sono in evidenza con pieno diritto: producono dieci denominazioni d'origine controllata (dal Barbera, al Rlesling, al Sangue di Giuda ecc.) e una ventina di altri vini rari, da «piccola botte», ma altrettanto pregiati (dal Frecciarossa, al Clastidium, al Montelio, al Frater eccetera). Le colline dell'Oltrepò hanno secoli di storia, i loro vini erano conosciuti già mille e più anni or sono, sul mercato internazionale hanno ottimo spazio, tuttavia mancava loro un riconoscimento ufficiale ['Mancava la propaganda, la possibilità di farli conoscere fuori da schemi ormai stantii, da canali superati', dice l'assessore all'Agricoltura del Comune di Casteggio Giancarlo Busi): la Rassegna di vini tipici di Casteggio, organizzata dal Comune e dalla Camera di Commercio, riempie questo vuoto; è giunta alla 6* edizione, quindi è ormai molto di più d'una fiera merceologica, anche se i 35 espositori negli stands vendono ai visitatori i loro prodotti. Nata per volontà di Angelo Ballabio, produttore di gran fama, scomparso due anni or sono, la rassegna è uscita dal guscio dell'alta selezione per aprirsi ai vini da enoteca, più o meno noti. Raccoglie vini di qualità e genuini: con diverse tonalità, come vogliono le produzioni industriale 0 artigianale. Si può dire che ogni paese (eccoli, i « vins du pays») è rappresentato con i suoi frutti della vite caratteristici: Il San Rocco di Mornico Losana, il Monte Acutello di Canneto Pavese, il Campo Grande di Borgoratto Mormoralo, il Rosso Gala del filare della sposa di Borgo Priolo, il Cravello di Mairano, il Frecciarossa (La vigne bianche, Gran cru, Saint George), il Clastidium gran riserva, il Clastidio, il Doria rosso Montalto di Montalto Pavese e altri ancora. Nessuno si illude che ad ogni vino corrisponda un diverso vitigno, ma è la lavorazione, l'esposizione al sole, il terreno, il filare particolare per ciascuno a renderli differenti. Né vanno dimenticati i «brut», gli spumanti secchi lavorati con 1 metodi* charmat o champenois. L'Oltrepò pavese è terra di grandi Pinot (soprattutto il grigio): la produzione potenziale è di 58.657 quintali di uva da vigneti denunciati all'albo (su un totale di 649.815 quintali di uve), anche se ogni anno le denunce per la denominazione d'origine controlla¬ ta sono molto inferiori perché non si riscontra sul mercato una differenza di prezzo tra uve o vi-ni d.o.c. e senza d.o.c. e perché la richiesta per la d.o.c. è molto corretta: riguarda soitanto le produzioni meritevoli (nel 1975, citiamo sempre dati della Camera di Commercio, fu per il Pinot di 21.865 quintali). E' su queste colline che i grandi spumantieri vengono a comperare le uve che fanno gemere il mercato, non soltanto in Italia, degli champagnes francesi, ed è per l'intensificarsi di questo mercato che i viticoltori guardano sempre più all'associazionismo come meta indispensabile per un reddito rimunerativo. Nell'Oltrepò, dove la coltura specializzata della vite copre 14.908 ettari, operano sette cantine sociali, migliaia di aziende agricole, con una produzione media complessiva di uva di 1.300.000 quintali (con punte che sfiorano i 2 milioni), mentre le varietà di uve che nel 1884 erano 59 sono state selezionate e sono oggi una ventina (80% rosse), i comuni del i comprensorio vitivinicolo sono | 38. Queste indagini sono state 1 fatte di recente: anche sul piano | quantitativo (sul piano della qua lità era affrancato da tempo) l'Oltrepò si pone ormai come antagonista al Piemonte, pur mantenendolo come prezioso esempio per l'azione svolta nel campo associativo. I produttori di uva Pinot infatti puntano ad un'associazione simile a quella dei viticoltori del moscato di Alessandria, Cuneo, Asti; l'agricoltore che non vinifica per proprio conto vuole avere forza contrattuale per trattare con l'industria cui vende l'uva. Si chiedono quindi alla Regione strutture più moderne di quelle a disposizione delle cantine sociali: nel 1975 esse hanno ricevuto dai soci 34.783 quintali di uve d.o.c, ma l'unica che può garantire l'assorbimento di 16 mila quintali di uva Pinot è quella di Santa Maria della Versa, le altre sono molto più piccole; inoltre, il «órut» richiede lunga lavorazione e speciali attrezzature: il viticoltore oggi non ha al¬ tra possibilità che vendere agli industriali dello spumante. Per questo si propone anche un Consorzio per coordinare la produzione e gli scambi, centralizzare i servizi, soprattutto quelli commerciali, mentre si pensa di dare battaglia alla sofisticazione strisciante che sembra voler penetrare anche In questa plaga ('Vogliamo stroncarla subito, prima che dilaghi e diventi difficile fermarla', dice l'assessore Busi). Sfida al Piemonte, con vini di qualità; ma i problemi sono analoghi al grande vicino vitivinicolo. Ora si vuole risolverli, la volontà c'è. Fino al 5 settembre la rassegna diventata anche punto d'incontro agricolo, è aperta per chi vuole rendersi conto di questo nuovo spirito, di questa nuova realtà. Sarà conclusa da un convegno con Paolo Desana, presidente del Comitato per la tutela vini d.o.c; Pietro Caviglia, dell'Unione Italiana Vini; e Antonio Denari, presidente della Cantina sociale di S. Maria della Versa. Piero Cerati