Le lodi della Creazione nella musica di Haydn di Lino Vetere

Le lodi della Creazione nella musica di Haydn Aperte con il grande oratorio le "Settimane,, di Stresa Le lodi della Creazione nella musica di Haydn (Dal nostro inviato speciale) Stresa, 30 agosto. Anche quest'anno le « Settimane musicali di Stresa » hanno avuto un degnissimo battesimo. L'esecuzione di La Creazione, il grande oratorio di Haydn, ha richiamato sabato sera al Palazzo del Congressi un pubblico competente ed attento, anche se meno numeroso del previsto per l'inclemenza del termo e in una cornice più austera del consueto. D'altra parte, i notivi d'interesse c'erano, e co- me, per la «prima» del Festival; perché non capita sovente in Italia di ascoltare dal vivo un grande affresco sinfonico corale come questo che, con Le Stagioni, è l'esempio più convincente della maturità interiore che a quell'epoca (1799) l'ormai settantenne compositore austriaco aveva raggiunto, dopo la fruttuosa e laboriosa esperienza londinese. Perché l'Idillica cantabilità barocca piuttosto che settecentesca, l'atmosfera arcadica dei primi quartetti e delle prime sinfonie, non era ormai che un ricordo. Le opere della maturità avanzata, come La Cieazione, rivelano profondi significati musicali, una nuova linfa contrappuntistica e un vero travaglio. « Nessuno vuole credere — confessò lo stesso Haydn in una lettera scritta alla casa editrice Breitkopf per la pubblicazione del suo oratorio — con quanta fatica e sforzo io debba cavare fuori tutto questo •. Qui non si tratta di un Eden settecentesco; la sua musica è meditata, suggestiva, ricca di gustosi colori vocali e strumentali, realistica e precisa nella descrizione sonora delle prime sei giornate della Genesi e dei fenomeni della natura che lo accompagnano, con un'assenza di retorica che è Indicativa della spiritualità haydnlana. Ed ogni tanto, qua e là, uno squarcio di serenità, un canto in lode e gloria del Creatore, elevato e commosso, affidato soprattutto al coro. Malgrado questo senso del drammatico e questo carattere meditativo che di quando In quando emergono, Haydn conclude II suo oratorio con un lieto fine, più congeniale alla sua mentalità ed al suo estro. Niente cacciata dall'Eden, dunque, niente «angeli caduti». I problemi mlltoniani del Paradiso perduto non facevano per lui, che forse non vide mai il superbo affresco di Masaccio nella fiorentina Cappella Brancacci, che non lo avrebbe certo ispirato. E non crediamo neppure com'è invece l'opinione prevalente, che Il barone Van Swleten, direttore della biblioteca imperiale di Vienna e autore del libretto, si sia giovato del poemetto di Lindley ricavato a sua volta dal grande poema ui Milton, che Haydn avrebbe portato con sé da Londra, dono dell'Impresario Salomon. Il vecchio musicista voleva dare gioia ai suol contemporanei, soltanto gioia e la terza parte di La Creazione è soltanto un lungo, sereno inno di Adamo ed Eva, di ringraziamento e di amore. La complessa partitura di questo oratorio richiede un notevole sfordi coordinamento, cantanti di sicura intelligenza e assoluta padronanza vocale e complessi corali agili ed affiatati. A concretare l'Impegno Iniziale con II pubblico del Festival è stato chiamato, per l'ottava volta a Stresa, il maestro Theodor Egei, tedesco, con I cori congiunti « Santa Cecilia » di Francoforte e • Bach » di Friburgo di cui è direttore stabile e con l'orchestra dei Filarmonici di Stoccarda, nuova par Stresa. I ruoli solistici del tre arcangeli e di Adamo ed Eva erano affidati al soprano giapponese Kumlko Oshita, una giovane ma già affermata cantante di scuola berlinese, al tenore Karl Markus e al basso Hans Georg <\hrens, entrambi tedeschi. L'affiatamento del direttore con i « suoi » cori e con gli strumentisti di Stoccarda ha reso splendente e compatto, già all'Inizio, il fortissimo accordo In do maggiore che è un po' Il biglietto da visita del capolavoro haydnlano: quando, dopo la lenta Introduzione orchestrale stranamente Instabile nella tonalità, composta per dare il senso del caos, e dopo il primo Intervento dell'arcangelo Raffaele [la Terra è ancora Immersa nelle tenebre), Il coro esplode, sublime e grandioso: « £ Dio disse: la luce sia: e la luce fu ». E via via, per tutte le pagine dell'oratorio. Del tre cantanti una citazione particolare per Hans Georg Ahrens, un giovane basso profondo che prestava la sua voce all'arcangelo Raffaele e ad Adamo. Dotato di buona nobiltà di canto e di notevole volume di flato che sa amministrare con sobrietà di espressione e senza forzature, Ahrens sarebbe un pregevole Sarastro nel mozartiano Flauto magico con cui Raffaele — che è un po' Il mattatore in questo oratorio — ha qualche tratto in comune. L'affascinante recitativo accompagnato dall'austera sonorità di viole, violoncelli e contrabbassi In cui l'arcangelo esorta gli esseri viventi a moltipllcarsi secondo II volere di Dio e la difficile aria che prelude alla creazione dell'uomo -Un solo essere vi manca ancora » sono state eseguite con molta proprietà. Accomunate nel doveroso elogio la fresca, morbida voce sopranlle della Oshita (Gabriel ed Eva) per la musicalità, la purezza di attacchi e l'intensità espressiva e quella di Karl Markus (Urlel) un tenore che spicca per chiarezza e ampiezza di fraseggio e per la delicatezza della mezza voce. Per I tre giovani artisti, per il maestro Egei, per I cori, validissimi, e per l'orchestra di Stoccarda vivissimi I consensi e gli applausi del pubblico al termine del concerto. Lino Vetere