Manager dell'auto di Mario Deaglio

Manager dell'auto Quando cambiano i "vertici,, Manager dell'auto Cosa è successo alla Volkswagen, Bmw, Alfa Romeo e Innocenti e in altre società - Dirigenti " puri " e uomini più propensi a tener conto di fattori macroeconomici, sociali e politici I recenti mutamenti al vertice della Fiat non rappresentano, nel panorama mondiale, e soprattutto europeo, dell'industria dell'auto, un avvenimento particolarmente eccezionale. Dappertutto, terminato il « regno », spesso lunghissimo, di forti personalità carismatiche, si osserva un periodo di mutamenti rapidi, e spesso improvvisi. L'industria dell'auto, che ha subito negli ultimi anni un profondo mutamento d'immagine e che, dopo la crisi petrolifera, opera in condizioni obiettivamente molto più difficili, sia cercando di assestarsi nel suo nuovo ruolo. L'esempio più eloquente è quello della Volkswagen, che, dopo più di vent'anni di « gestione Nordhoff », ha già fatto registrare, negli Anni Settanta, quattro burrascosi cambi di amministratore delegato. Heinz Nordhoff fu il Valletta della Volkswagen e, con lui, uno dei protagonisti della motorizzazione di massa dell'Europa Occidentale dalla fine della guerra in poi. La sua grandezza ed il suo limite, come « manager », furono di aver puntato tutto su di un soio modello, il celebre « maggiolino ». Quando la popolarità del « maggiolino » cominciò a diminuire, la Volkswagen si trovò con ben poco da offrire ad un mercato desideroso di novità. Nordhoff resistette a lungo ma, infine, attaccato pubblicamente dal ministro Strauss e dai giornali di Springer, fu bruscamente costretto a dimettersi. A sostituirlo il consiglio d'amministrazione (in cui è importante l'influenza pubblica, essendo lo Stato il principale azionista della casa tedesca), chiamò un dirigente esterno all'impresa, Kurt Lotz. Lotz proveniva dalla multinazionale svizzera Brown Boveri e, laddove Nordhoff era stato un accentratore, volle instaurare il decentramento. Ex maggiore dell'esercito, amava dire di volersi riservare la strategia, lasciando ad altri la tattica. Il risultato, però, fu un colossale fallimento: i nuovi modelli (tra cui la K-70) non si vendevano, gli introiti precipitavano. Lotz fu rapidamente sostituito. Ormai si trattava per la Volkswagen di una questione vitale. Si fece appello ad un dirigente che aveva al suo attivo gli unici risultati brillanti di tutto il gruppo, e precisamente il capo della consociata brasiliana della Volkswagen, Kurt Leiding. Questi mise subito in mostra una « grinta » tutta particolare. Duro e competente, per nulla diplomatico, ebbe il coraggio di gettare a mare i piani di una nuova vettura, in cui la società aveva già investito qualche decina di miliardi, perché, secondo lui, non avrebbe avuto successo. Ebbe la mano pesante anche con i sindacati e gli stabilimenti di Wolfsburg, anche a seguito della crisi petrolifera, conobbero per la prima volta i licenziamenti ed i prepensionamenti. Nel frattempo, però, si impostavano i nuovi modelli sui quali si basa oggi l'impetuoso ritorno al successo della casa tedesca. Il buon « management», dunque, non impedì a Leiding di l'arsi moltissimi nemici. La goccia che fece traboccare il vaso fu la sua intenzione di costruire una fabbrica negli Stati Uniti, che sostituisse, con produzione « in loco », le massicce esportazioni dalla Germania. Si formò una vasta coalizione contro di lui che andava dai sindacati, che temevano per i posti di lavoro, a numerosi ministri che temevano per la salute del marco. A quanto pare, fu lo stesso cancelliere Schmidt a decidere la sostituzione di Leiding. avvenuta improvvisamente dopo appena un anno e mezzo. Schmidt, a quel che si dice, scelse anche il successore, Karl Schmuecker, l'uomo che si trova attualmente al timone della Volkswagen. Passa per essere tutto l'opposto di Leiding: viene visto essenzialmente come un mediatore tra i vari gruppi e le varie forze con cui si trova ad operare la società. Nel frattempo, la gamma d'auto impostata da Leiding (la « Passat », la « Golf » e la « Polo », una piccola cilindrata di 900 cmc introdotta di recente) sta riscuotendo un successo di vendite, favorite anche dalla buona ripresa congiunturale. Ma il problema della fabbrica americana, probabilmente cruciale per il futuro della Volkswagen, non è ancora stato risolto, solo prudentemente accantonato. Anche altre case hanno vissuto periodi travagliati. Si prenda, ad esempio, un'altra società tedesca, la prestigiosa BMW. L'artefice del successo commerciale dei suoi modelli, Paul Hunhemann, lasciò il suo incarico, qualche anno fa, quasi dalla sera alla mattina, a seguito di quello che venne definito eufemisticamente uno « scontro di personalità » con l'amministratore delegato Von Kuenheim. Lo sostituì Bob Lutz, un « executive » svizzero-americano, che lasciò improvvisamente la società due anni dopo, nel 1974: un altro « scontro di personalità ». In Italia vi è il caso di Giuseppe Luraghi, cui si deve buona parte del successo passato dell'Alfa Romeo: fu costretto a dare le dimissioni a seguito di un contrasto con i politici ed anche con i sindacati sull'opportunità di ampliare lo stabilimento di Arese presso Milano, mentre gli si chiedeva di costruire nuovi impianti nel Sud. Otto mesi dopo venne improvvisamente sostituito tutto lo «staff» dirigente dell'Alfa. Né bisogna dimenticare, anche se è storia passata, le dimissioni dall'Innocenti Leyland dell'amministratore delegalo Piergiovanni Bella, quando la casa madre inglese decise di togliere alla consociata italiana alcuni mercati esteri. Dimissioni e sostituzioni a catena si sono verificate in questi anni in quasi tutte le grandi industrie, a seguito anche delle brusche crisi dell'auto; dalla Ford americana, dove l'intera direzione subì improvvisamente un vasto e profondo rimaneggiamento, alla Rolls Roycc ed alla Leyland, pressoché travolte da gravi crisi. I contrasti sulla strategia esplodono nel mondo dell'auto in maniera spettacolare e traumatica perché, dopo esser rimasti latenti per lungo tempo, si catalizzano attorno ad una decisione importante che non si può rimandare. In genere si tratta di un nuovo stabilimento o di un nuovo modello con cui si conferma o si modifica profondamente una linea di condotta prima seguita; spesso queste decisioni hanno immediati ed evidenti riflessi sull'occupazione, sulla congiuntura, su tutta l'economia nazionale e chiamano in gioco molto spesso, nell'attuale difficile situazione dell'auto, l'esistenza stessa delle imprese. Per questo finiscono per scontrarsi da un lato i « managers » puri, inclini a dare la preminenza al lato « aziendale », dall'altro quelli che invece tengono in grande conto i fattori macroeconomici, sociali, sindacali c politici. Questo scontro, dall'esito incerto, rappresenta uno degli aspetti che caratterizzano l'evoluzione attuale delle grandi imprese capitalistiche. Mario Deaglio

Luoghi citati: Arese, Europa Occidentale, Germania, Italia, Milano, Stati Uniti