I preti e i guerriglieri di Francesco Rosso

I preti e i guerriglieri L'ARGENTINA PAGA L'EREDITÀ PERONISTA I preti e i guerriglieri L'ottanta per cento del clero appoggia il governo militare e approva la pena di mone contro i terroristi Ma gli altri sacerdoti sono vicini alla resistenza armata - Anche allieve delle suore possono mettere bombe (Dal nostro inviato speciale) Buenos Aires, agosto. Colazione in un elegantissimo appartamento a San Isidro, uno dei quartieri più esclusivi di questa capitale, nel cuore verde di Palermo, 10 sterminato parco che dà respiro alla giungla di cemento cittadina. L'arredo dice che sono in casa di un estanciero, cioè un latifondista. Molti oggetti, ninnoli e altro hanno derivazioni taurine, un accendisigari, ad esempio, è innestato sulla zampa di un toro più volte campione. Ma non per ammirare questi cimeli sono stato invitato: fra gli ospiti c'è il personaggio che più mi interessa ed è, ovviamente, 11 centro della conversazione dei padroni di casa. E' un soave, mite prete come usavano una volta, con la lunga tonaca un po' lisa e qualche traccia di tabacco da fiuto sul davanti. Era l'indomani dell'incidente in cui era morto monsignor Angélelli, vescovo di La Rioja, un prete scomodo perché assumeva atteggiamenti di aperta provocazione alle autorità militari. La provincia di La Rioja è tra le più povere e sterili dell'Argentina, e mons. Angélelli s'era messo dalla parte dei peones affermando che Vangelo e Capitale di Marx potevano benissimo integrarsi. Detestava Perón, ma detestava con pari intensità la giunta militare che il 24 marzo ha assunto il potere. Se c'era una manifestazione militare egli si rifiutava di celebrare la messa al campo; se un 'officiale o un sottufficiale, di non importa quale arma, doveva sposarsi o battezzare il proprio bambino, esigeva che si presentassero alla funzione in abiti civili, altrimenti, niente rito. Non era il :>3lo prete ad assumere questi atteggiamenti ed a dimostrare una aperta simpatia per l'estrema sinistra e per i guerriglieri in particolare, ma si parlava di lui con insistenza perché era morto in un incidente d'auto: per lo scoppio di un pneumatico, si disse. Un incidente singolare, cui pochi credettero. E lei che ne pensa, padre? domandai al sacerdote. « Non ne penso nulla, è stata la volontà di Dio. Non ho gioito della sua morte, ho pregato per lui ». Il mite prete così simile ad un antico parroco di campagna non era poi di sentimenti teneri come poteva apparire; anzi, in un certo senso poteva essere considerato un duro. E' un cappellano militare, che in Argentina sono un po' più impegnati militarmente, e nelle faccende politiche, di quanto lo siano, poniamo, in Italia. Quel massacro Parliamo della Chiesa argentina, del clero argentino. Ma è proprio vero che tanti preti sono mescolati alla guerriglia? Si accarezza la guancia grassoccia e dice: « Proprio tanti non mi pare, diciamo un venti per cento ». E non le sembra molto? « No, perché le defezioni sono compensate dallo zelo del restante ottanta per cento, che è ancora un clero sano ». La conversazione oscilla tra il fatuo ed il tragico, uno strano balletto di parole che in certi momenti mette i brividi. « Vede — dice il sacerdote che, a sua volta, desidera l'anonimo — stiamo vivendo in un mondo in cui pare che la violenza sia legge, al terrorismo rosso si oppone Tanti- terrorismo delle forze dello ardine, e poiché noi dobbiamo salvare ad ogni costo la nostra patria, dobbiamo stare dalla parte dell'antiterrorismo ». (Non era ancora avvenuto, quel giorno, il feroce massacro di tre dozzine di prigionieri di sinistra, opera delle tre "A", delle tre "M", d'estrema destra). In questo caso lei approva la pena di morte? «Certo che l'approvo, come l'approva tutto il clero argentino. Ci troviamo in una situazione che la giustifica, diventa legittima difesa. Se 10 avessi un cancro all'occhio, il chirurgo me lo leverebbe per tentar di salvare tutto il corpo, e noi dobbiamo estirpare il terrorismo per salvare il nostro Paese. Se cadessi in mano ad un terrorista, il meno che mi possa accadere è di essere sgozzato. Loro non hanno preoccupazioni di ordine morale quando buttano bombe ed uccidono anche bambini ignari». Da questa conversazione emerge a poco a poco non solo il temperamento del mio interlocutore, ma la posizione della Chiesa argentina di fronte alla guerriglia. Il 25 maggio scorso, giorno di festa solenne per la fondazione della repubblica, nella cattedrale di Buenos Aires, presenti i tre generali della giunta militare, Videla dell'esercito, Masera della marina. Agosti dell'aviazione, il vescovo castrense mons. Victor Manuel Bonamin pronunciò un'omelia che ebbe notevole risonanza per l'accentuato appoggio del clero alla giunta militare. Fra tante altre affermazioni scelgo queste due: «Gli strumenti con cui la patria si formò e che dovranno sostenerla sempre sono il Vangelo che è amore, la legge che è giustizia, la spada che è ordine ». Poco più avanti continuò dicendo che i fondatori della patria avevano giurato con la mano sul Vangelo e concluse: « La mano che regge, la mano che scrive, la mano che lavora, la mano che comanda, la mano che accarezza, la mano che punisce, posata sul Vangelo ». Il mio interlocutore è perfettamente d'accordo col suo vescovo perché, secondo loro, in Argentina clero e forze armate si identificano. « C'è stato un momento in cui pareva che tali vincoli si allentassero, — dice il mio soave cappellano — ma oggi assistiamo ad un recupero della fede impressionante nelle forze armate. E' un insieme militare quasi fanatizzato dalla religione, un esercito che definirei musulmano nella sua convinzione fideistica. C'è un pericolo, che questa religiosità si radicalizzi e porti al bigottismo cieco ». Pensa che possa essere un correttivo a ciò l'opposizione, sia pure violenta, del clero dissidente? « No, anzi, potrebbe accentuare il fanatismo religioso dei militari ed aggravare la tensione ». Discutiamo un poco di questa Chiesa argentina del dissenso, un fatto piuttosto ricorrente in tutta l'America Latina, e dello schieramento di una parte del clero su posizioni che definire marxiste è poco. In Cile, ad esempio, 11 centro Bellarmino, tenuto dai gesuiti, pubblicava la rivista Mensaje che pareva una copia della consorella comunista italiana Rinascita. «Accade lo stesso in Argentina — dice il reverendo —, il loro centro di studi sociali in Luis Maria Campo può essere considerato una centrale di studi marxisti ad alto livello, e centro di indottrinamento dei giovani seminaristi, ed è comprensibile che siano tenuti d'occhio dalle autorità». Ma come avete le prove che si tratti davvero di una centrale parasovversiva? «Le porto un solo esempio. Un paio d'anni addietro, il mio amico Sacchero scrisse un libro, "La Iglesia clandestina", in cui faceva nomi e cognomi di preti e vescovi che andavano a braccetto coi comunisti. Era così documentato che creò qualche difficoltà ai preti dissidenti. Bene, poco dopo fu abbattuto a rivoltellate dinanzi ai suoi sette figli e lei può immaginare da chi». Non penso che possa esser stato un prete: dopo il colombiano Camilo Torres, El Cura guerrigliero che impugnava indifferentemente mitra e croce, non risulta che altri preti sudamericani abbiano partecipato alla guerriglia. «Può darsi — risponde sempre più soave il cappellano — ma le posso dire, ad esempio, che padre Borda, un redentorista che si trova a Goya, circolava notoriamente armato, e che forniva armi ai guerriglieri. Goya, ancor più di La Rioja, è il centro del clero sovversivo capitanato da don Ramondetti e don Camozzi ». Capisco che giovani preti si lascino sedurre da idee rivoluzionarie fino a giustificare, se non appoggiare, la guerriglia, ma ci sono vesco¬ vi non più giovanissimi che sono dalla parte dei preti del dissenso a tal punto da essere sospesi a divinis per la loro attività extra religiosa. «Secondo me — risponde il cappellano — ciò è dovuto ad un senso di frustrazione e di colpa che può avere una spiegazione. Questi vescovi vengono tutti dalle professioni liberali: Podestà era ingegnere, Devoto era avvocato, Iriarte era anche lui avvocato, Caffarata era medico, e sono entrati nel sacerdozio in età già matura. Si direbbe, perciò, che si sentano in colpa di essere entrati così tardi nel corpo ecclesiastico, abbiano perduto tanto tempo senza soccorrere i miseri, e ora strafanno ». Con reticenza Il cappellano racconta dettagli su questi vescovi e sacerdoti che a me, italiano, non fanno molta impressione. Mi racconta, per esempio, che don Ramondetti vive con una maestra comunista come se fosse sua moglie. Che molti ragazzi dei seminari sono in realtà degli infiltrati comunisti che cercano così di estendere la loro influenza in settori sempre più vasti del clero. Erano comunisti infiltrati anche i due giovani seminaristi uccisi con tre anziani monaci irlandesi dell'ordine dei Pallottini nella parrocchia di San Patrizio pochi giorni addietro? « Non glielo saprei dire, non li conoscevo». Ed i due preti uccisi quindici giorni fa a La Rioja? «Be', quelli erano marxisti, non c'è dubbio». Ma ci sono preti che partecipano direttamente alla guerriglia? « Direttamente non mi pare, non si può considerare prete un guerrigliero ucciso a La Rioja, aveva buttato la tonaca già da tempo, e si era sposato». Ma, in questo momento, ci sono preti di sinistra in carcere? «Non mi pare» è la risposta. Invece, so con certezza che ve ne sono sette. La conversazione si dipana ormai su altri temi, la guerriglia in generale, ad esempio, il sistema educativo. Qui nei dintorni, tra San Isidro, Olivos, Belgrano, cioè nei quartieri «bene» di Buenos Aires, ci sono collegi femminili religiosi frequentati dalle ragazze della ricca borghesia argentina, dice la padrona di casa. «Fino ad un paio d'anni addietro c'erano suore un po' anziane, tradizionaliste, e tutto andava nel migliore dei modi. Le ragazze studiavano, si vestivano decentemente, erano rispettose. Di colpo le vecchie suore sono state sostituite con altre giovani, ed è cambiato tutto. Le ragazze hanno incominciato a indossare i jeans, a non pettinarsi né lavarsi, a rimpTovevare i genitori. Mamma, che te ne fai di tre pellicce, dieci paia di scarpe, venti abiti? Tieniti un solo capo e distribuisci il resto ai poveri. C'è da meravigliarsi se poi la studentessa Anna Maria Gonzales è andata a mettere la bomba sotto il letto del capo della polizia? ». «Las chicas son muy peligrosas», le ragazzine sono molto pericolose, dice il prete muovendo il capo in segno di pensosa disapprovazione. Col bicchiere di cognac in mano, il sacerdote aggiunge ancora alcuni dettagli al quadro che ha fatto del clero argentino: «C'è tutta una zona — dice — popolata da gente povera, soprattutto in San Nicolas, e lì quasi tutti i preti, convinti di fare il loro dovere umano ignorando quello religioso, sono apertamente sostenitori dei guerriglieri. Vedrà che in tempi non lontani la guerriglia si scatenerà con maggior violenza proprio a San Nicolas ». Deve avere informazioni di prima mano per essere tanto perentorio nella sua dichiarazione, e ciò significa che anche le autorità sanno dove i guerriglieri scateneranno i prossimi attacchi. Ma la guerriglia non è stata sgominata dopo la morte di Roberto Santucho? «Sono rimasti in pochi, ma proprio per dimostrare che esistono ancora vedrà che tenteranno qualche grosso colpo», dice il soave cappellano militare concludendo la conversazione. Francesco Rosso

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