Forse una donna ha aiutato gli evasi di Lecce nella fuga

Forse una donna ha aiutato gli evasi di Lecce nella fuga Forse una donna ha aiutato gli evasi di Lecce nella fuga Sarebbe la moglie dì un detenuto - Trovato in una cabina telefonica di Bari il borsello di Zichitella, ma forse è una manovra per sviare le indagini (Dal nostro corrispondente) Lecce, 25 agosto. Il borsello con una pistola 6,35 trovato ieri a tarda sera da un facchino in una cabina telefonica della stazione Centrale di Bari, e i sospetti che ci sia stata una donna di Alezio ad aiutare Mesina e gli altri evasi dal carcere di Lecce sono le due piste maggiori che hanno impegnato in queste ultime ore gli investigatori. Polizia e carabinieri stanno infatti cercando di appurare se il borsello, che conteneva anche una foto di una ragazza dedicata al nappista Martino Zichitella e cerotti per fissare parrucche, sia stato veramente dimenticato dall'evaso di passaggio a Bari oppure faccia parte di un piano per disorientare ulteriormente gli investigatori. Può darsi, si pensa, che sia stato lasciato apposta in evidenza proprio per confondere le idee alle forze dell'ordine, così come quel delirante messaggio firmato dai nappisti inviato qualche giorno fa ad un quotidiano barese. Gli investigatori, infatti, sono sempre più dell'avviso che i nap, in questa storia, c'entrino molto poco o niente. L'arma trovata a Bari può dar adito a qualche sospetto, non fosse altro perché è del calibro 6,35, cioè di quello stesso di cui sono stati trovati due bossoli nella «128» Fiat con cui cinque degli undici evasi venerdì pomeriggio si trasferirono da Lecce per rifugiarsi nelle zone di Alezio, a qualche chilometro dal mare. Risulta, quindi, sempre più difficile l'opera della polizia e dei carabinieri — nonostante i quotidiani setacciamenti — per trovare qualcuno dei sette evasi tuttora in libertà che sono, come è noto, oltre al bandito sardo Mesina: Martino Zichitella, Maffeo Bellicini, Giuseppe Sofia, Gerardo Navazio, Tommaso Caiati e Salvatore Cucinotta. Anche l'ipotesi che una donna abbia aiutato gli evasi viene presa in esame dagli inquirenti con molta cautela. Si tratterebbe della moglie di un detenuto leccese, Fernando Romano, che era in cella con Zichitella. La donna vive ad Alezio (proprio il paese in cui è stata trovata l'auto usata per la fuga) e avrebbe fatto visita l'ultima volta al congiunto il 16 agosto scorso. Mentre continua il lavoro dell'ispettore Vincenzi, mandato da Roma e che dovrà riferire al sottosegretario di Stato al ministero di Grazia e Giustizia onorevole Renato Dell'Andro, che sta seguendo da vicino la riforma carceraria e le recenti vicissitudini nelle carceri italiane. C'è anche il procuratore militare generale Castoro, impegnato insieme con il colonnello Cataro per rilevare eventuali inadempienze degli agenti di custodia. Continua intanto l'inchiesta dei sostituti procuratori della Repubblica Petrucci e Spataro unitamente al giudice di sorveglianza Esposito. Dagli interrogatori stanno emergendo altri particolari della clamorosa evasione. Si è saputo che un testimone oculare, un operaio che stava eseguendo dei lavori di scavo proprio di fronte al carcere, ha visto uscire gli undici detenuti verso le 14,30. «Ho notato — avrebbe detto l'operaio, Cosimo Spagna — il gruppetto; avevano delle buste di plastica. Appena fuori dal carcere si so.io divisi in questa maniera: cinque sono andati in viale Taranto (dove poco dopo bloccheranno la «128» n.d.r.), quattro sono entrati attraverso Porta Rudiae nel centro storico di Lecce e due altri, ciascuno per proprio conto, hanno preso strade diverse», s. g.